Erica Dellapasqua per “Il Tempo”
FEDERICO LEONELLI
«Si era fissato con la religione, voleva andare in Israele, arruolarsi nell’esercito e combattere contro i palestinesi, gli avevano negato il visto due volte e per questa ragione era anche andato a parlare col consolato israeliano». È un dettaglio che potrebbe rispondere a molti perché quello rivelato dal proprietario della villetta all’Eur, al civico 86 di via Birmania, dove domenica mattina Federico Leonelli dopo aver indossato la mimetica del killer ha decapitato Oksana Martseniuk, la colf che viveva da circa sette mesi all’interno dell’abitazione.
federico leonelli uccide e decapita la colf nella villa dell eur (foto lapresse) 9
Giovanni Ciallella, manager in una società di telecomunicazione che opera tra Italia e America, ci racconta tutto dall’inizio: la conoscenza, quell’sms inviato dalla domestica di cui però si è accorto troppo tardi fino all’epilogo, il più inimmaginabile soprattutto per lui, che quel ragazzo se l’era messo in casa. Casa che ricorre, nella storia di Federico: «La sorella si era intestata l’appartamento della madre, il padre l’aveva cacciato, a fine agosto doveva andarsene anche da qui». La sua stanza sarebbe stata occupata proprio da Oksana.
Signor Ciallella, come ha conosciuto Federico?
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«Lo conoscevo da circa dieci anni, aveva lavorato con me a un progetto internet tra il 2004 e il 2005, poi l’ho perso di vista quando è andato a vivere a Madeira con la sua compagna, che a suo dire è morta per embolia. Circa due anni fa, lui è tornato a Roma sconvolto, mi ha chiamato raccontandomi cos’era accaduto, da quello che so ha vissuto per un po’ dalla madre, che aveva avuto un ictus quindi è rimasto anche solo durante il ricovero nell’abitazione di via Pigafetta, poi dal padre, un ex generale della Guardia di Finanza, che però l’aveva cacciato, sempre secondo la sua versione perché non lavorava, da lì aveva preso in affitto una camera a piazza Bologna con altri studenti ma non riusciva a pagarsela».
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Così ha contattato lei?
«Sì, tra maggio e giugno, nel racconto non entrava mai molto nel personale, come se lanciasse l’amo per farsi fare domande. Così mi ha detto che era rimasto tremendamente scosso dal fatto che la sorella si fosse appropriata dell’appartamento della madre in via Pigafetta, se l’era intestato, e che il padre l’aveva lasciato senza soldi, gli ho detto che poteva restare da me per un mese, io a luglio sarei partito.
A fine giugno ha occupato la stanza vicino alla lavanderia e al locale caldaie, al piano terra della villetta, una stanza di 30 metri quadri con bagno distaccata con un muro interno che non utilizziamo per via dell’umidità. Non mi dava nulla, solo il giorno di Ferragosto ha tagliato l’erba fuori ma non aveva alcun ruolo in casa, era solo una persona che credevo di aiutare. La sua stanza e casa hanno due chiavi distinte, lui sarà entrato in casa mia tre o quattro volte quando c’erano anche i miei figli».
E invece com’erano i rapporti con la domestica?
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«Oksana abitava al primo piano, aveva la sua stanza in casa, la mia opinione è che non si possa parlare in nessun modo di pista passionale. Lei stava da noi da circa 7 mesi, si saranno incrociati due volte, e poi lui aveva altri pensieri assillanti per la testa».
Quali?
«I problemi con la sorella e il padre, ma soprattutto si era fissato da qualche tempo con la religione, una cosa totalizzante. Quando l’ho conosciuto era totalmente ateo, abbiamo parlato più volte di Dio ma diceva di non credere in niente, poi diceva di aver scoperto di essere di origini ebree, ha cominciato a studiare la storia, durante la notte sparava a tutto volume filmati sulla religione, parlavano alcuni rabbini, diceva di conoscerne uno anche a Roma, e si era convinto a voler andare in Israele per arruolarsi nell’esercito e combattere contro i palestinesi che lanciavano razzi contro Israele, aveva anche contattato il consolato».
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A quel punto lei si è insospettito?
«Ho scambiato, sbagliando, il suo isolamento per riservatezza. Trascorreva ogni minuto del giorno in stanza davanti a internet, a scaricare questi filmati. Solo una volta, con la doppia chiave che possedevo, mi sono affacciato nella sua stanza quando lui non c’era perché sentivo un terribile puzzo: era così, ma non ho notato nulla di strano, solo molte bevande per rinforzare il fisico».
Oksana, al contrario, aveva intuito qualcosa?
«Mi ha mandato un sms, intorno alle 9.30 di sabato, in cui mi scriveva solamente che Federico le faceva paura ma senza spiegare il perché, l’avrà incrociato forse vestito con la tuta mimetica. Purtroppo ho letto quel messaggio solo la mattina dopo».
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Rispetto all’arma usata per scagliarsi contro Oksana, le risulta una passione per armi o coltelli?
«No, credo che anche l’arma fosse un coltello da cucina. Solo una volta l’ho intravisto fare delle mosse strane, tipo allenamenti, danze orientali e cose simili, ma le credevo collegate a un motivo».
Come è venuto a sapere della tragedia?
«Continuavano a chiamarmi, pensavo a uno scherzo, non si sapeva neanche il civico esatto. Quando mi hanno confermato che era il mio ho pensato alla sorella di Federico, per via della casa».
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Quando avrebbe dovuto andarsene Federico?
«A fine agosto, dovevano arrivare altri miei parenti e la sua stanza mi sarebbe servita proprio per ospitare Oksana».
Il tema della casa perduta potrebbe essere un movente?
«Sì, ci ho pensato, il ragionamento l’ho fatto anche io».