1. ESPERTI: IL VIDEO È UNA MESSA IN SCENA L’INGLESE JOHN NON SAREBBE IL BOIA
Da “La Repubblica”
FOLEY
Potrebbe essere stata una messa in scena la decapitazione di James Foley: non c’è sangue e i suoni non sono compatibili con il supplizio da lui subito. Secondo una società internazionale di ricerca forense citata dal Times britannico, il filmato sarebbe frutto di una serie di trucchi e di una elaborata post-produzione. Gli esperti tuttavia non mettono in dubbio la morte del giornalista americano, ma sostengono che sia avvenuta lontana dalle telecamere e che ad averla portata a termine non sia stato il presunto boia inglese “John, il jihadista”.
FOLEY
2. DAL CALIFFO AI TRE MUFTI ECCO CHI COMANDA L’IS
Da “La Repubblica”
Se non fosse per quel ghigno da predoni medioevali dediti a razziare, stuprare, massacrare gli “infedeli”, l’organizzazione dello Stato islamico (Is) è tale da scusare la congettura che dietro alle orde di Al Baghdadi vi siano menti dotate di fine acume strategico. Le Intelligence, prese alla sprovvista dall’avanzata dell’Is, s’affannano a indagare la struttura operativa del «gruppo terroristico meglio armato e finanziato della storia». Da quel po’ che emerge, tuttavia, si tratta di una struttura articolata, concepita per la «lunga durata».
JAMES FOLEY DECAPITATO
L’«opacità» dell’Is, conclamata dai servizi segreti, non aiuta a individuarne i centri nevralgici, primo bersaglio per la sua sconfitta. Si sapeva quasi nulla persino di Abu Bakr al-Baghdadi, l’autoproclamatosi califfo «di tutti i musulmani» prima che l’ex predicatore «dall’aspetto mite e dalla voce gentile» cresciuto in un misero sobborgo di Samarra in Iraq uscisse dall’ombra in luglio con una rara apparizione nella moschea di Mosul.
James Wright Foley
Non viene in soccorso nemmeno l’uso di pseudonimi dal richiamo leggendario (Abu Bakr, come il primo Califfo dopo Maometto) fra i luogotenenti, pescati per la ferrea sudditanza: in primis dai Paesi del Golfo — sauditi e emirati — , dal Caucaso e dai ranghi degli iracheni ba’athisti, ex agenti dei servizi o dell’esercito di Saddam. Lo stesso Al Baghdadi all’anagrafe è in realtà Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri.
James Wright Foley
“Califfo” da appena due mesi (dal 29 giugno), Al Baghdadi ha ereditato una struttura rigorosamente gerarchica dal suo predecessore, Abu Omar al-Baghdadi. Questi era stato, fino alla morte nel 2010, il leader dello Stato islamico d’Iraq creato nel 2006, l’antesignano dell’Is. Gli embrioni del “califfato” erano già abbozzati. Al vertice siede il “califfo”, con poteri assoluti sui consigli del governo, e di vita e di morte sui sottoposti. Il braccio “operativo” è il Consiglio della Sharia, composto da sei membri come quello del califfo Omar ai tempi di Maometto. Retto da tre “Mufti”, due sauditi e un salafita del Bahrain, controlla l’osservanza delle norme da parte degli organi governativi.
Abu Bakr al Baghdadi
Una Shura riunisce i ministri incaricati di dirigere la “pubblica amministrazione”, dalla guerra alle finanze con la pubblicazione, nientemeno, di un bilancio annuale. Il Consiglio militare conta fra gli otto e i tredici membri; per capo ha un ceceno, Omar al-Shishani, noto per l’algida crudeltà. Il Consiglio di sicurezza raccoglie gli aguzzini inviati ad abbattere rivali e dissidenti, e a formare gli “inghimassi”, guerriglieri kamikaze. I Comitati della Sharia applicano la sanguinosa “giustizia” — decapitazioni, flagellazioni, amputazioni — nonché la “promozione della virtù e la prevenzione dei vizi”, sul modello dell’Arabia Saudita.
Abu Bakr al Baghdadi (2)
Quel che più distingue Al Baghdadi dai suoi empi pari, ad ascoltare gli esperti, è la sinistra abilità nel trasformare un ramo cadetto di Al Qaeda fino al 2010 sull’orlo del disfacimento, in un’organizzazione globale dalla notevole capacità militare, dal forziere miliardario, e con schiere di mujaheddin.
IRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS
Insediati i propri governatori nelle regioni conquistate, i propri imam nelle moschee, una cassa unica dove accumulare i bottini di guerra, tra furti dei tesori delle banche, tasse e taglieggi, saccheggi e sequestri, il “califfo” ha imposto il proprio regno del terrore in una regione transnazionale che conta già otto province a cavallo della Siria e dell’Iraq mentre procede verso Aleppo e i confini con la Turchia, già assestato sulle frontiere di Libano e Giordania.
IRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS
Si racconta che al Baghdadi, prigioniero al Bucca Camp, il carcere Usa in Iraq, il giorno del rilascio abbia salutato il colonnello Kenneth King con queste parole: «Ci vediamo a New York». King ha confessato al Daily Beast di «non aver colto la minaccia, quel giorno». Una distrazione davvero costosa.
IRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS