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    IL CRAXISMO SVELATO - IL LIBRO SUL FOTOGRAFO UMBERTO CICCONI, L’OMBRA DI BETTINO, CHEN HA SEPOLTO LE CARTE SEGRETE - RAGAZZO DI BORGATA, AMICO DEI BOSS DELLA BANDA DELLA MAGLIANA E JOHN GOTTI VOLEVA PORTARLO IN AMERICA


     
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    Giampiero Cazzato per “il Venerdì - la Repubblica

     

    libro Bolero libro Bolero

    Craxi sospira: «Dài, raccontami ancora di quel giorno alla Casa Bianca con Reagan». Gli occhi di Umberto si illuminano: «A’ Reagan, spostate un po’, che me viè male a’ foto»».

    Capita di provare simpatia per le canaglie. Umberto Cicconi, che negli anni della Milano da bere fu fotografo personale di Bettino Craxi, è uno di questi. Nelle notti tristi di Hammamet è tra i pochi che riescono a strappare all’ex leader del Garofano, ormai latitante, qualche sorriso, ricordandogli i giorni di gloria.

     

    In Bolero (edizioni Piemme, pp. 416, euro 17,50) Cicconi si racconta al giornalista Carmelo Abbate. Ne esce il ritratto di un guascone di borgata che in una manciata di anni passa da Nuova Ostia, periferia romana, ai palazzi del potere. Grazie a una corposa dose di sfrontatezza e alla qualità delle foto che escono dalla sua Leica.

    DEMITA CRAXI DEMITA CRAXI

     

    Frequenta i capi di Stato e i boss della Banda della Magliana (anche suo zio, er Bolero, è un capoccia della mala), Cicconi. E per poco non passa al servizio di John Gotti, che in un ristorante di Little Italy, a New York, gli dice: «Resta con me». La risposta: «Ho già un boss».

     

    Al congresso di Rimini del 1987, all’ombra della sala che Filippo Panseca ha trasformato in un tempio per celebrare il leader, l’opposizione interna scalpita. Craxi ordina a Cicconi di usare la reflex per stanare gli avversari. «Ma stai attento, che nessuno se ne accorga». «Tu pensa a pararti il culo, che al mio ci penso io». E quando Bettino sale sul palco immortala chiunque non batta le mani.

    CRAXI BERLUSCONI CRAXI BERLUSCONI

     

    Cicconi si muove per i corridoi di Palazzo Chigi con la stessa naturalezza con cui entra nelle bische del quartiere del Pigneto tirandosi dietro Bobo, il rampollo del presidente del Consiglio. Che al suo fotografo aveva raccomandato: «Fallo stare un po’ in giro con te».

     

    Interpellato dal Venerdì, Bobo Craxi dice: «Ne abbiamo combinate... Umberto, con tutte le pinze del caso, è stato un compagno di avventure». Qualcosa a metà strada tra i ragazzi della via Pal e i ragazzi di vita di Pasolini. D’altronde col poeta e regista Cicconi ci ha giocato a calcio «e ci ho fatto anche la doccia negli spogliatoi».

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    Ha voglia Abbate a dire che «questa non vuole essere la storia d’Italia negli anni dell’orgia socialista». Attraverso gli occhi di Cicconi si legge tanta parte del craxismo. Via del Corso, le discoteche, il precetto non scritto del comandare e fottere, le mazzette. E l’Italia sempiterna dei cortigiani. Velocissimi ad eclissarsi la notte del Raphael, notte di indignazione e monetine (il giorno prima, il 29 aprile 1993, la Camera aveva votato no all’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi). Cicconi no, lui è di un’altra razza.

     

    Umberto Cicconi Umberto Cicconi

    Qualche giorno dopo le contestazioni nasconde le carte segrete nella cella frigorifera dell’albergo. Poi rimedia un furgone, carica tutto e via, direzione Portuense, dove c’è un camion che aspetta. Il giorno dopo Cicconi è a Parigi, dove arriva il Tir partito da Roma. Prende il furgone e guida fino a un casale in Normandia. Scava una buca e nasconde tutto. Sorseggiando del vino. Scena perfetta per un film. Solo che non è un film. È una imperfetta storia italiana. E le carte? Recuperate tempo dopo, finiranno quasi tutte ad Hammamet.

     

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