1 - PRADA CHIUDE I NEGOZI IN RUSSIA
Giada Cardo per www.mffashion.com
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Prada sospende le attività retail in Russia. Il gruppo, guidato da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, che controlla, oltre al brand ammiraglio, anche Miu miu, Church's e Car shoe, si aggiunge alle tante insegne e conglomerati del lusso che in queste ore stanno decidendo di chiudere temporaneamente i punti vendita presenti sul territorio russo, mentre continua a evolvere la situazione del conflitto. La società aderisce inoltre alla campagna per Unhcr promossa da Cnmi.
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Nella mattinata di oggi Lvmh, Richemont e Kering, ma anche Chanel, hanno diramato la decisione di abbassare le serrande dei loro store nel Paese guidato da Vladimir Putin, facendo seguito a Hermès.
Per Prada la disposizione avrà effetto immediato. «Da oggi il gruppo sospende le attività retail in Russia. La nostra preoccupazione principale è per tutti i colleghi e le loro famiglie colpiti dalla tragedia in Ucraina ai quali continueremo a garantire supporto», ha fatto sapere l'azienda, che continuerà a monitorare gli sviluppi della situazione in Ucraina.
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2 - DA RICHEMONT A LVMH E KERING, I BIG DEL LUSSO CHIUDONO GLI STORE IN RUSSIA
Riccardo Belardinelli per www.mffashion.com
Il lusso abbandona la Russia. In queste ore, in seguito alla guerra in corso in Ucraina, diversi gruppi luxury hanno chiuso i propri punti vendita sul territorio russo. Lvmh, gruppo di lusso da 61,4 miliardi di dollari di fatturato, infatti, ha chiuso le 124 boutique presenti nel Paese.
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La scelta di Lvmh ha effetto immediato e sarà, per il momento, temporaneamente. Inoltre, secondo quanto detto da un portavoce dell'azienda a MFF, che conferma la chiusura, non ci sono indicazioni su quando gli store in Russia del gruppo verranno riaperti.
Il gruppo ha più di 3.500 dipendenti operativi in Russia e, ieri, il suo marchio di punta, Louis Vuitton, ha annunciato la donazione di un milione di euro a Unicef per i bambini della popolazione ucraina (vedere MFF del 5 marzo 2022), mentre lo stesso gruppo francese aveva già donato cinque milioni alla Croce rossa internazionale.
Vladimir Putin
Una scelta, quella del gruppo di Bernard Arnault, che segue quella di altre realtà de lusso. Il primo a chiudere i propri negozi in Russia è stato Hermès, che ha abbassato a tempo indeterminato le saracinesche delle proprie boutique, pubblicando un post su Linkedin in cui rende noto di essere «molto preoccupato per l'attuale situazione in Europa».
Richemont, gruppo svizzero del lusso che conta nel proprio portafogli marchi quali Cartier e Montblanc, chiude i propri negozi e quelli dei suoi marchi sul territorio russo, così come il gruppo Kering, che come pubblicato sui social da alcune sue maison, fra cui Gucci, ha serrato temporaneamente le boutique a Mosca e nelle altre città.
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Chanel, tramite Linkedin, fa sapere che non solo chiude tutti i suoi cinque punti vendita in Russia, ma blocca anche le spedizioni da e verso il Paese di Putin. Anche l'e-commerce è stato sospeso, specificando che «la sicurezza dei nostri dipendenti è prioritaria e rimaniamo vicini ai nostri team locali che continueremo a sostenere».
«Pur considerando che gli eventi evolvono rapidamente e che la situazione rimane significativamente incerta, fattori che rendono le previsioni complesse e necessario un monitoraggio costate, a oggi stimiamo innanzitutto un impatto più probabile, immediato e rilevante sulla spesa personale russa di lusso a livello locale, spinta dalla svalutazione della valuta locale e dalle restrizioni in atto», ha spiegato a MFF Claudia D’Arpizio, senior partner and global head of fashion & luxury di Bain&company.
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Decisioni come quelle di Lvmh o Kering sono state anticipate in questi giorni dalle comunicazioni di altre aziende di moda di chiudere i propri servizi, come, per esempio, Nike, H&M, Asos, marchi che hanno sospeso l'export verso la Russia e fermato le vendite nel Paese. Operazioni come queste e in generale l'intero conflitto in corso tra Russia e Ucraina, secondo gli analisti di Bain&company sentiti da MFF, impatterà il mercato luxury per almeno 7 miliardi di euro.
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La decisione delle aziende del lusso di lasciare la Russia segue una generale operazione di boicottaggio delle corporation ai danni del Paese. Infatti, la guerra in Ucraina ha portato molte aziende non solo della moda, come Apple o Netflix o Ikea, a chiudere i propri servizi nel territorio russo, il cui governo è ritenuto unico responsabile della guerra in corso in Ucraina.