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    MA DI MAIO, UN ANNO FA, NON AVEVA ANNUNCIATO IL RIENTRO IN ITALIA DI CHICO FORTI? - E INFATTI E' ANCORA DETENUTO NEGLI STATES E IL MINISTRO CARTABIA HA DOVUTO RINNOVARE LA RICHIESTA DI TRASFERIMENTO AL SUO OMOLOGO AMERICANO, GARLAND - LA VICENDA DI FORTI È INTRECCIATA A QUELLA DELL’OMICIDIO VERSACE (15 LUGLIO 1997): CHICO FORTI REALIZZO' UN DOCUMENTARIO SUL PRESUNTO SUICIDIO DEL KILLER DI VERSACE, ANDREW CUNANAN, MOLTO CRITICO NEI CONFRONTI DELLA POLIZIA DI MIAMI - GLI AGENTI GLIELA GIURARONO E…


     
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    Ferruccio Pinotti per www.corriere.it

     

    gianni e chico forti 1 gianni e chico forti 1

    Chico Forti: Cartabia chiede al suo omologo Usa Garland di farlo tornare in Italia. Il caso di Chico Forti è stato uno dei punti al centro dell’incontro che la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha avuto con l’Attorney General Merrick Garland: Cartabia, si legge in una nota diffusa dal ministero di via Arenula, ha rinnovato la richiesta di trasferimento in Italia di Forti, perché possa continuare a scontare nel suo Paese la pena dell’ergastolo cui è stato condannato per omicidio e per cui è recluso in un carcere della Florida.

     

    La Guardasigilli ha fornito all’Attorney General, autorità cui spetta la decisione finale sul caso previo assenso della Florida, i chiarimenti richiesti sul rispetto da parte italiana della convenzione di Strasburgo del 1983 inerente il trasferimento delle persone condannate.

     

    chico forti chico forti

    I tentativi di Di Maio

    Quasi un anno fa, il 23 dicembre 2020, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio annunciò con enfasi (in rete ci sono il video e il post) la liberazione di Chico Forti, l’imprenditore italiano rinchiuso da troppi anni in carcere in America. L’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte commentò con pari enfasi «l’importante risultato». Chico Forti, 62 anni, quasi un anno dopo è però ancora rinchiuso in un carcere in Florida e - stando a quanto dice la famiglia - «è allo stremo».

     

    Il Pirellone illuminato per la sua liberazione

    chico forti negli usa chico forti negli usa

    Lo scorso luglio dopo 21 anni di buio, rabbia e paura, la vicenda di Chico Forti si era illuminata di uno spiraglio di luce: quello offerto dal Pirellone di Milano, illuminato quella notte con la scritta «Chico in Italia» per ricordare a tutti dell’ingiustizia vissuta dall’ex imprenditore - che sta scontando l’ergastolo negli Usa dal 15 giugno 2000 per il presunto omicidio (mai davvero dimostrato) di Dale Pike avvenuto il 15 febbraio 1998 a Miami - e per chiedere che gli Usa si decidano finalmente a fare quanto stabilito lo scorso dicembre (cioè trasferirlo in Italia), quando il governatore della Florida aveva accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo.

     

    chico forti in carcere in america chico forti in carcere in america

    Una vicenda che sembrava avviarsi verso la soluzione, ma che, ancora una volta, si è improvvisamente arenata perché il dipartimento della giustizia degli Stati Uniti d’America non ha fatto quello che era stato stabilito: mandare un documento al nostro ministero della Giustizia per accordarsi sulla commutazione della pena (l’ergastolo senza condizionale - cioè il detenuto esce solo da morto - cui è stato condannato Chico non esiste nel nostro ordinamento), permettendo così alla pratica di essere trasferita da noi (arrivati nel Paese di espiazione della pena, il destino giudiziario viene deciso dalla magistratura locale sulla base delle leggi del posto). Alle varie manifestazioni a favore di Chico si era così unita anche quella del Pirellone.

    chico forti e dale pike chico forti e dale pike

     

    L’impegno dello zio e della famiglia

    Lo zio di Chico, Gianni Forti, non ha mai perso la speranza e non si arrende mai. «Ringrazio la città di Milano, il governatore e la giunta regionale per l’iniziativa ha detto - e ringrazio Libero e Marika Porta per averla promossa. Per Chico questa è una grande iniezione di fiducia, perché vede che una città intera, anzi una regione, condivide il suo sogno e che tutto il mondo riceverà questo segnale forte. Lui è orgoglioso di essere italiano e di dimostrare quanto gli italiani hanno coraggio e dignità», aveva dichiarato.

    CHICO FORTI CHICO FORTI

     

    I collegamenti con il caso Versace

    La vicenda di Forti è intrecciata a quella dell’omicidio Versace (15 luglio 1997). Chico Forti, velista e produttore televisivo, allora ricco imprenditore a Miami, non credeva al suicidio di del killer di Versace Andrew Cunanan e aveva commissionato le indagini sul caso Versace ad un investigatore privato in pensione, chiamato Gary Schiaffo.

     

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    Aveva persino comprato la house boat sui cui fu trovato morto Cunanan e realizzato un documentario - Il sorriso della Medusa, realizzato nel 1997 da Forti in collaborazione con RaiTre - su Cunanan, l’assassino di Gianni Versace. Secondo Chico Forti, quella produzione, in cui criticava l’operato della polizia di Miami, è alla base del presunto accanimento contro di lui.

     

    L’appello della Chiesa trentina

    Per Chico Forti si è alzata nei mesi scorsi anche la voce della Chiesa trentina per sbloccare l’annosa vicenda giudiziaria del trentino Chico Forti. Aveva auspicato «buon senso e umanità» l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi. «Una vicenda - aveva scritto monsignor Tisi - per la quale si sperava in una svolta repentina, avendo raggiunto una sostanziale intesa istituzionale in tal senso.

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    Auspico venga fatto tutto il possibile per sciogliere definitivamente e con tempi certi i nodi che impediscono a quest’uomo di poter tornare nella terra in cui è nato ed abbracciare i propri cari, in particolare l’anziana madre Maria, ultranovantenne, che non vede il figlio da tredici anni e alla quale va il mio pensiero affettuoso».

     

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    «Lo reclama - concludeva don Lauro - il buon senso, prima ancora dell’applicazione della legge. E lo chiede quel sentimento minimo di umanità, da cui anche il doveroso percorso della giustizia non può mai allontanarsi». «Se anche il vescovo Tisi ci dà una mano, è la cosa più bella che possiamo avere!» aveva commentayo al settimanale diocesano “Vita Trentina” Gianni Forti, lo “zio Gianni” che nel giugno scorso aveva incontrato anche la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ottenendo un impegno diretto (il ministero della Giustizia deve istituire una commissione per stabilire la prosecuzione della pena in Italia) anche per sbloccare la burocrazia americana.

     

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    Fin dal giorno dell’arresto nel 1998, Gianni Forti attende di poter abbracciare a Trento il nipote filmaker e presentatore, che si è sempre dichiarato innocente rispetto alla condanna per omicidio di primo grado a Miami di un cittadino australiano con cui era in affari. Chico era stato condannato all’ergastolo da un tribunale della Florida con sentenza divenuta definitiva nel 2010, a seguito del rigetto di tutti i ricorsi in appello.

     

    Con i suoi legali egli ha presentato in questi vent’anni numerosi appelli per la revisione del processo, sempre rifiutata benché siano emersi nel tempo fatti e circostanze in favore di Forti, che confermerebbero gravi violazioni al suo diritto alla difesa durante la vicenda giudiziaria. Nel 2014 anche il Parlamento italiano si era impegnato a un’azione decisa per Chico.

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