Sandro Iacometti per "Libero quotidiano"
roberto cingolani john kerry g20 ambiente napoli
«La transizione ecologica non è un pranzo di gala», «se la facciamo solo noi sarà un bagno di sangue», «le bollette resteranno alte a lungo», «la Ferrari chiude». Sono solo alcune delle dichiarazioni shock con cui negli ultimi mesi il ministro Roberto Cingolani, fisico prestato alla politica, ex manager di Leonardo, senza troppi peli sulla lingua, ha lasciato di stucco gli ecologisti radical -chic che scambiano la rivoluzione verde per un pic-nic senza posate usa e getta.
A febbraio era l'idolo degli ambientalisti ora è diventato il loro incubo.
transizione ecologica
«Non si tratta di essere né idoli né incubi per nessuno, ma di lavorare per affrontare, e possibilmente risolvere, problemi. La verità è che abbiamo una sfida epocale di fronte a noi.
Ciò significa che dobbiamo cambiare direzione, e una "transizione ecologica" implica che dobbiamo riconsiderare le nostre abitudini e il nostro rapporto con l'ambiente, la mobilità, la manifattura, l'utilizzo delle risorse naturali.
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Dobbiamo farlo in fretta - gli accordi di Parigi sottoscritti anche dall'Italia impongono risultati a 10 e 30 anni - e non dobbiamo né vogliamo lasciare indietro nessuno, altrimenti non andremo da nessuna parte. Come è possibile non rendersi conto che queste trasformazioni avranno dei costi da sopportare?»
L'ambientalismo da salotto, tanti slogan e poco realismo, oltre che per le nostre tasche è dannoso anche per il clima?
proteste ecologisti
«Ogni tipo di ideologismo è dannoso. Resto esterrefatto quando sento ancora negare il dramma del cambiamento climatico, oppure, all'opposto, quando si richiama la necessità delle energie rinnovabili e della decarbonizzazione, ma solo se gli impianti si installano da un'altra parte e se le bollette non salgono».
L'Italia produce l'1% delle emissioni, perché fare tanti sacrifici?
«L'Italia produce l'1% dell'anidride carbonica totale, l'Europa circa il 9%. E' vero che è una parte marginale, ma al di là del fatto che abbiamo responsabilità storiche (l'Europa ha emesso il 22% della Co2 cumulata) le emissioni e i loro effetti non si fermano ai confini degli Stati, riguardano tutti.
transizione ecologica
Noi siamo un continente di riferimento a livello mondiale e abbiamo un ruolo guida. Dobbiamo dare l'esempio e convincere gli altri paesi a condividere questa sfida, altrimenti i nostri sforzi risulteranno vani e non possiamo permettercerlo».
E se non li convinciamo?
«Se tutti i paesi del mondo non contribuiranno convintamente agli obiettivi della decarbonizzazione nei tempi giusti, l'Italia e l'Europa potrebbero subire oltre al danno di un ambiente che continuerà a degradare anche la beffa di aver messo a dura prova il proprio sistema sociale e industriale nel tentativo di invertire la rotta del cambiamento climatico, imponendo costi importanti ai cittadini e alla forza lavoro del sistema economico.
Non possiamo morire di inquinamento, ma neanche di disoccupazione».
Tutti vogliono difendere l’ambiente, ma pochi sono disposti a pagarne il prezzo
ROBERTO CINGOLANI
«Il mondo è squassato da diseguaglianze enormi. Ci sono paesi dove la gente ha ben meno di 1500 calorie pro-capite al giorno, dove si muore per l'inquinamento dentro casa perché manca l'accesso a fonti di energia pulita per cucinare. Questo fa capire come la difesa dell'ambiente sia percepita in modo diverso a seconda delle circostanze specifiche di ciascun paese».
Come se ne esce?
«I paesi in via di sviluppo reclamano la loro opportunità di crescere come l'abbiamo avuta noi, inquinando per decenni, e soprattutto non dispongono delle stesse nostre risorse.
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Ci sono quindi divisioni di natura geopolitica a complicare il quadro, ed anche queste necessiteranno di sforzi economici da parte dei paesi più ricchi per ridurre le disuguaglianze planetarie. Anche questo è un costo da mettere in conto per la transizione ecologica».
Al G20 grande risultato, ma piccolo passo verso la condivisione dei costi.
«Il G20 ha trovato accordi su tutti i punti dell'agenda, rimandando ai capi di Stato solo la decisione sulla data del "phase out" del carbone e sugli investimenti e incentivi alla produzione di energia da fonti fossili di alcuni grandi Paesi.
ROBERTO CINGOLANI
In ogni caso tutti hanno confermato di aderire agli accordi di Parigi, un risultato impensabile solo poco tempo fa. Inoltre tutti hanno convenuto sulla necessità di aumentare il supporto finanziario ai paesi vulnerabili. Ne discuteremo ancora, ma si tratta di un ottimo passo in avanti. Adesso il banco di prova sarà passare dagli accordi internazionali di alto livello alla loro attuazione».
Il "Fit for 55" europeo è un suicidio?
«No, è una proposta estremamente ambiziosa, che giustamente fissa l'asticella degli obiettivi molto in alto, sapendo che poi dovranno esserci passaggi parlamentari nazionali e una sintesi a livello europeo».
Ripartono gli ecoincentivi, ma l'Ue vuole tassare i carburanti e mettere al bando dal 2035 i motori a combustione interna.
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«Sulla necessità che i motori a combustione interna e i carburanti fossili vadano superati siamo tutti d'accordo. Il problema è farlo in un arco di tempo corretto, che consenta di rispettare gli accordi di Parigi senza lasciare tantissime famiglie senza lavoro e nello stesso tempo facendo crescere l'offerta e le infrastrutture necessarie ad una mobilità verde alternativa».
Come salviamo la Ferrari?
la cappa sopra pechino
«Non scherziamo, la Ferrari continuerà ad essere il top mondiale. La Motor Valley ha risorse tecniche, inventive, umane e infrastrutturali che le consenti ranno comunque di rimanere un riferimento a livello mondiale. Ma per una conversione di questa portata anche a loro servono regole accettabili e i giusti tempi».
Come si esce dalla trappola dei permessi di Co2? L'ad dell'Eni Descalzi dice che gli energivori chiuderanno.
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«La questione rientra nel confronto in corso a livello europeo, che occuperà i prossimi mesi. A costo di essere noioso, ripeto che il tempo non è una variabile indipendente. Però sappiamo anche che dobbiamo decarbonizzare e che dobbiamo studiare le strategie più sostenibili per arrivare al risultato, riducendo al massimo l'impatto sociale e lavorativo.
Questo richiede ricerca, sviluppo, nuove idee e investimenti sulla formazione dei lavoratori. Se fosse facile l'avremmo già fatto, ma abbiamo tutto per farlo e farlo bene. Le grandi aziende si stanno muovendo in questa direzione».
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Chi comprerà l'acciaio verde dell'Ilva?
«Tutti dovranno comprarlo, perché la domanda di acciaio è in crescita, e in futuro l'acciaio e qualsiasi altro prodotto dovranno avere un impatto ambientale basso e certificato. Ovvio che la difficoltà sta nella concorrenza "ambientalmente sleale" e negli accordi internazionali che dovranno compensare il minor costo dei prodotti "ambientalmente" più dannosi.
ROBERTO CINGOLANI
L'Ue al riguardo ha una sua proposta, quella della carbon border tax, e anche gli Usa ci stanno riflettendo. E' chiaro che se non si troverà un sistema di regolazione internazionale condiviso la competitività dei prodotti verdi verrà messa a dura prova e questo sarebbe un problema non solo per la transizione ecologica ma anche per il Paese».
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