Felice Cavallaro per il Corriere della Sera
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Tre donne cercano dal 12 maggio la verità sul naufragio che le ha lasciate nella disperazione. Vogliono sapere cos' è davvero accaduto al marito, al figlio, al compagno. Perché con le suppliche e le carte bollate si faccia luce sulla fine di tre pescatori. Sul mistero delle 23.02 di quella notte, quando la «Nuova Iside», una piccola barca attrezzata per la pesca allo spada, in quell' istante ferma con le reti al largo fra Palermo e Trapani, s' è trovata sulla stessa rotta di una petroliera. La Vulcanello. Un gigante da 7 mila tonnellate che, stando ai tracciati di radar e scatola nera, potrebbe avere speronato quel natante. Senza fermarsi.
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Lasciandolo affondare per 1.400 metri con uno dei tre uomini incastrato in cabina, il più giovane, Vito Lo Iacono, 26 anni, inghiottito dal mare che ha invece restituito il corpo del padre, Matteo, e dello zio, Giuseppe Lo Iacono.
L' ipotesi della collisione, negata dalla società della petroliera, la «Augusta due» dell' armatore Raffaele Brullo, da due ufficiali di bordo e da un timoniere rumeno, tutti indagati, echeggia invece nello studio dell' avvocato Aldo Ruffino, a Cinisi, dove si raccolgono davanti a un computer Rosalba Cracchiolo, moglie di Matteo Lo Iacono e madre di Vito, Giovanna Leone, giovanissima compagna di quest' ultimo, e Cristina Alaimo, la moglie di Giuseppe Lo Iacono, il nome del suo uomo appena tatuato su un braccio, sette figli a casa.
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Rivedono al computer i rilievi dei carabinieri del Ris, guidati dai magistrati di Palermo che hanno sequestrato la petroliera, ferma dall' altra parte della Sicilia, al porto di Augusta. La sequenza inquadra la prua ammaccata di quel gigante con i carabinieri al lavoro su un gommone della Guardia costiera mentre prelevano 25 reperti per confrontare tutto con la vernice del peschereccio. Ma è passato un mese prima di convincere le autorità a fare questo passo.
Mentre comandante, terzo ufficiale e timoniere ripetono di non avere avvertito il colpo, di non essere stati allertati da nessun segnale di emergenza.
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Escludendo l' inserimento del pilota automatico. Sorpresi dai reati ipotizzati: omicidio colposo, sommersione di nave e omissione di soccorso.È trascorso più di un altro mese in attesa dei primi esami chimici su quei rilievi.
Frattanto in fondo al mare la pressione dell' acqua rischia di sbriciolare i resti del «Nuova Iside». Ecco l' allarme lanciato dalle tre donne che ne chiedono il recupero. «Avvertiamo un silenzio assordante», dice Cristina bloccando i più piccoli dei figli quando suona il campanello e corrono: «È papà». Non può tornare papà.
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Appello rivolto direttamente al premier Conte, come spiega la signora Rosalba pensando al figlio: «Lo Stato si affretti a recuperare il peschereccio, come si è fatto con il DC di Ustica, con il barcone dei migranti fra Malta e Sicilia, in tanti altri casi». Insiste: «Laggiù c' è quasi certamente mio figlio. Occorre accertare la verità che già emerge dagli strumenti...». Riferimento esplicito alle rotte incrociate dei tracciati studiati solo dopo le sue proteste: «La mattina del 13 maggio vado in capitaneria e provano a tranquillizzarmi.
"Avranno avuto un guasto. Si saranno riparati dal vento. Le antenne staccate...". E s' è staccata pure la Blue Box, l' allarme che indica la posizione ogni due ore? Cercateli. E non li cercano. La Guardia costiera doveva sapere e allarmarsi, chiedere un cenno, altrimenti a che cosa serve questo strumento, solo a fare le multe se sforano le 40 miglia consentite per la pesca?».
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