PRIMA PUNTATA
SECONDA PUNTATA
TERZA PUNTATA
1 - PACCIANI AI GIUDICI: “DOVEVATE INDAGARE SU QUEL DOTTORE…”
Gian Pietro Fiore per ‘Giallo’
FRANCESCO NARDUCCI
“Ma perché non avete continuato le indagini sul medico morto a bordo di un gommone nel lago Trasimeno?”. Era il 4 luglio del 1994 quando Pietro Pacciani pronunciò queste scioccanti parole durante il processo che lo vedeva imputato per gli atroci crimini compiuti dal Mostro di Firenze. La sua frase lasciò tutti senza fiato. Nell’aula del Tribunale calò un raggelante silenzio. Pacciani si stava difendendo dalla terribile accusa di essere il Mostro, cioè di aver ucciso otto coppiette insieme con i cosiddetti “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Ma il “Vampa”, soprannome di Pacciani, spostò l’attenzione dei giudici sul “medico morto nel Trasimeno”, ossia su Francesco Narducci.
“PACCIANI E NARDUCCI SI CONOSCEVANO”
LA MORTE DI FRANCESCO NARDUCCI - IL MAGISTRATO GIULIANO MIGNINI
Come vi stiamo raccontando a puntate, Narducci morì in circostanze strane nell’ottobre del 1985. Aveva solo 36 anni. Si pensò a un suicidio, invece era stato ucciso. Su di lui aleggia il sospetto di un diretto coinvolgimento negli orribili omicidi attribuiti al più spietato serial killer della storia d’Italia.
Ai numerosi indizi di cui vi abbiamo riferito sugli scorsi numeri di Giallo, si aggiungono le parole di Pietro Pacciani, che lo tirò in mezzo in diverse occasioni. Oltre 20 anni dopo, il giudice Giuliano Mignini, il pm che riaprì le indagini sulla morte di Narducci, scrisse nella sua requisitoria: «Pacciani parlava di Narducci, come se ciò fosse di utilità per la sua vicenda processuale. E non ne parlava solo con il suo avvocato Pietro Fioravanti, con cui era in maggior confidenza».
Di un medico si parlò anche nella sentenza datata 24 marzo 1998, con la quale la Corte d’Assise di Firenze condannava Lotti e Vanni per gli ultimi quattro duplici omicidi del Mostro. I giudici affermavano la necessità di fare nuove indagini per identificare il “dottore” che, secondo quanto affermato da Lotti durante una delle udienze dibattimentali, avrebbe commissionato i delitti e poi acquistato, pagandoli a Pietro Pacciani, i resti umani di alcune vittime.
IL MISTERIOSO CADAVERE SCAMBIATO PER QUELLO DI FRANCESCO NARDUCCI
Ecco la testimonianza resa ai giudici dall’avvocato Fioravanti, legale e confidente di Pacciani: «Ricordo che in più occasioni il Pacciani mi disse che il Narducci era morto con una pietra legata al collo. Da come ho potuto capire, il Pacciani deve aver conosciuto il Narducci a Vicchio dove, molto probabilmente, il medico perugino aveva una villa in affitto o addirittura una porzione di villa del Corsini (il conte Roberto Corsini, che in seguito rimase ucciso durante una battuta di caccia, ndr).
Il Pacciani mi diceva che il Narducci e il Corsini erano “in combutta” e che il Narducci aveva un’abitazione a Vicchio, ma che le riunioni le facevano a San Casciano vicino alla chiesa sconsacrata e a un’azienda vinicola. Pacciani, quando parlava di combutta, alludeva anche all’esercizio della caccia che evidentemente accomunava sia il Corsini che il Narducci.
IL MISTERIOSO CADAVERE SCAMBIATO PER QUELLO DI FRANCESCO NARDUCCI
Non si trattava solo di caccia ma anche di altre attività, del tipo di quelle che ho descritto nel verbale redatto il 5 dicembre 2002, e cioè di attività di tipo magico-sessuale-violento, tipo quelle che caratterizzavano i rapporti sessuali tra il Pacciani, il Vanni, la Sperduto e Gabriella Ghiribelli, ma anche persone di alto livello cui allude una lettera anonima che il Pacciani mi consegnò poco prima del processo e che detti in originale al dirigente della Sam (Squadra anti mostro, ndr), dottor Ruggero Perugini, su invito del dottor Paolo Canessa, che informai immediatamente».
Il pubblico ministero Mignini disse nel corso del processo: «Sotto il profilo della “connessione fiorentina”, vi sono state le ripetute, convergenti e significative dichiarazioni di persone informate sui fatti e, addirittura, di un condannato in via definitiva per gli ultimi quattro duplici omicidi (come Mario Vanni), non appena la foto del Narducci è stata loro mostrata.
FRANCESCO NARDUCCI
In certi casi, è risultato che il Narducci frequentasse i “compagni di merende”, in particolare Giancarlo Lotti e le persone coinvolte dalle indagini collegate o, comunque, il territorio fiorentino e delle aree limitrofe, specie di San Casciano (e talvolta anche del Mugello)... Narducci celava la sua identità, per lo più spacciandosi per un medico di Prato o, comunque, per un soggetto proveniente da quest’ultima città, ma talvolta presentandosi proprio come Francesco Narducci.
Francesco Narducci
E il fatto che il gastroenterologo avvertisse la necessità di nascondere la sua identità è indicativo di motivi poco “ostensibili” circa la necessità che avesse di frequentare quelle zone e quelle persone. Il Narducci è stato riconosciuto come un frequentatore dell’ambiente legato alla tragica sequenza criminale fiorentina da Lorenzo Nesi, dalla defunta Gabriella Ghiribelli, da Filippa Nicoletti e da Fernando Pucci, già testimoni al processo ai “compagni di merende”, e da altri, come, ad esempio, Marzia Pellecchia».
C’ERANO DEI DUBBI GIÀ PRIMA CHE MORISSE
Come avete letto, nonostante Narducci abitasse a Perugia, spesso veniva notato a Firenze, dove, come abbiamo scritto sullo scorso numero di Giallo, sembra che avesse una casa in affitto. In questa abitazione sarebbero perfino stati trovati dei “feticci”, cioè dei resti umani. Circostanza, è opportuno ricordare, che però non è stata appurata con certezza. È suggestivo l’appunto del Nucleo di polizia giudiziaria di Firenze del 5 febbraio 1987, in cui si riferisce di avere appreso che verso la fine del 1985, nelle acque del Trasimeno, sarebbe stato rinvenuto il corpo di Narducci. In aula il giudice Mignini parlò di questo appunto riservato.
Francesco Narducci
Disse: «Si parlava degli accertamenti effettuati allora e si diceva che, dopo la morte, erano circolate voci insistenti secondo cui l’uomo si sarebbe suicidato perché era proprio lui il “Mostro di Firenze”. Nel documento si precisava che la voce che lo indicava come “il Mostro” circolava anche prima della sua morte. Viene poi tracciato un quadro del personaggio».
Aggiunse in udienza il pm Mignini: «Il colonnello Antonio Colletti, interrogato, ha ricordato di avere informato delle notizie pervenutegli in merito al “Mostro di Firenze” e al Narducci, nel corso del 1987, l’allora comandante della Legione Carabinieri, colonnello Vecchio, perché era sua intenzione svolgere accertamenti.
Francesco Narducci
Di che cosa era venuto a conoscenza il colonnello Colletti? Nel primo verbale del 3 maggio 2002 disse: “Ricordo che qualcuno nel corso delle indagini mi indicò il professor Narducci come il “capo” di un gruppo di persone coinvolte nella vicenda del Mostro. Non ricordo se mi venne detto che era proprio il capo oppure colui che materialmente eseguiva le mutilazioni”. Il colonnello Vecchio rispose: “Disse che della cosa si interessava l’Arma Territoriale”. Allora io dissi a Colletti: “Quindi Vecchio le disse: ‘Non se ne deve occupare lei perché se ne sta occupando l’Arma Territoriale?’”. Colletti mi rispose: “Sì, sì”».
Francesco Narducci
Come ricordato da Mignini, sull’omicidio Narducci c’è stata una chiara opera di depistaggio. Disse a processo: «Non erano passati neppure 20 giorni dalle primissime notizie giornalistiche riguardo alle indagini, che l’11 febbraio 2002 si verifica un fatto che ha dell’incredibile: i Narducci sono persone offese dell’ipotizzato omicidio del prossimo congiunto, su cui i giornali hanno dato la notizia che la Procura di Perugia ha da poco iniziato le indagini a carico di ignoti.
francesco narducci
Dovrebbero sostenere le indagini e auspicare che le stesse portino a fare piena luce sulla morte del loro congiunto. E invece no: nel loro primo atto difensivo, a firma degli avvocati Antonio e Alfredo Brizioli, i familiari del Narducci (fatta eccezione per la moglie) chiedono l’archiviazione del procedimento per la morte del loro congiunto, senza neppure attendere la scadenza del termine delle indagini... La vedova Narducci, la signora Francesca Spagnoli, parte civile nel processo, è l’unica delle persone della cerchia familiare del medico ad avere assunto, sin dall’inizio, una posizione chiara e compatibile come persona offesa dell’ipotizzato omicidio del marito.
La signora si è presentata spontaneamente sin dal pomeriggio dell’8 febbraio 2002, cercando di dare il suo contributo agli inquirenti e dimostrando di voler conoscere la verità sulla morte e anche sulla vita del marito. Il resto della famiglia assumeva un atteggiamento via via più ostile alle indagini, chiedendone la fine con toni sempre più inquietanti».
GIANNI SPAGNOLO SUOCERO DI FRANCESCO NARDUCCI
2 - IL PADRE DI NARDUCCI SAPEVA CHE SUO FIGLIO ERA IL MOSTRO?
Gian Pietro Fiore per ‘Giallo’
“In uno dei giorni fra la scomparsa e il ritrovamento del cadavere, mentre ci trovavamo nell’abitazione dei Narducci nei pressi di via Savonarola, qualcuno bussò alla porta e consegnò alla domestica o a un’amica un pacco che conteneva dei fiori di campo, tipo margherite, spezzati in due, e uno scopetto del gabinetto, con il manico di colore giallo, anche questo spezzato in due”.
Inizia con queste parole la testimonianza di Gianni Spagnoli, il suocero di Francesco Narducci, il medico perugino scomparso l’8 ottobre 1985, un mese dopo l’ultimo duplice omicidio attribuito al Mostro di Firenze. La testimonianza compare in un verbale del 21 febbraio 2002.
Come vi abbiamo raccontato nelle precedenti puntate, alcuni giorni dopo la misteriosa sparizione di Narducci, nel lago Trasimeno fu ripescato un cadavere e fu identificato come il dottore scomparso. In realtà, non era lui.
IL CASO DEL MOSTRO DI FIRENZE - GIAMPIERO VIGILANTI
Il corpo fu sostituito in un secondo momento e nella bara fu messo il “vero” Narducci. Lo si è scoperto solo nel 2002, quando il giudice Giuliano Mignini ha fatto riesumare la salma. È apparso subito evidente che i resti non fossero dell’uomo trovato morto 16 anni prima nel lago. Inoltre, dall’autopsia è emerso che Narducci non si era suicidato, come ipotizzato all’epoca, ma era stato ucciso. Sul medico aleggia il sospetto che abbia avuto a che fare, sia come mandante e sia come esecutore materiale, con i crimini commessi dal Mostro.
LA MADRE RICEVETTE UN PACCO MISTERIOSO
Ma torniamo alla testimonianza di Gianni Spagnoli, morto nel 2013. Disse l’imprenditore agli inquirenti: «Quando venne aperto il pacco, la madre di Francesco si mise a piangere. Io rincorsi l’uomo che lo aveva portato, ma si era già dileguato».
pietro pacciani
Quello raccontato dal suocero di Narducci è un episodio inquietante che il giudice Mignini descrisse con queste parole: «Fiori di campo e uno scopetto del gabinetto spezzati in due; un uomo che si dilegua dopo la consegna: non c’è bisogno di essere esperti di simbolismo per cogliere un significato tragico, allusivo e spregiativo, riferito a un’azione cruenta compiuta sulla vittima.
E non c’è da meravigliarsi che la madre del medico sia scoppiata a piangere disperata alla vista di questi oggetti, recapitatele dopo la scomparsa del figlio di cui ancora, peraltro, si ignorava la morte». Difficile pensare che si trattasse solo di uno scherzo di cattivissimo gusto.
i misteri del mostro di firenze
In questa vicenda così assurda e misteriosa c’è spazio anche per un sensitivo. Ne parlò proprio il giudice Mignini: «A un certo punto intervennero anche i “maghi”. Sembra incredibile ma è così. Mi riferisco al sensitivo che il padre di Narducci, Ugo, e il fratello Pierluca o, forse, il suocero di quest’ultimo, Alberto Ceccarelli, insieme a Ferruccio Farroni (amico di Francesco Narducci, ndr), incontrarono in due occasioni, in particolare la sera di sabato 12 ottobre, nei pressi di Monte Tezio. Questo sensitivo rivelò quando e dove, cioè l’indomani nel Trasimeno, sarebbe stato trovato il corpo di Francesco.
i delitti del mostro di firenze
Farroni, nel verbale del 18 aprile 2002, riferì queste parole: «Il giorno dopo andammo al lago, di mattina presto, ed effettivamente alcuni pescatori ritrovarono il corpo». Insomma, il sensitivo ci aveva visto giusto.
Dopo numerose ricerche, questo sensitivo fu identificato in Giuseppe Ragugini, morto nel 2000. Sua moglie, la signora Alide Bellan, è stata sentita nel 2006 dai carabinieri, e ha detto: «Uno o due giorni dopo, mi sembra di ricordare che tornarono a casa mia in due, credo fossero Alberto Ceccarelli e un altro familiare, ma non ricordo se fosse il fratello o il padre dello scomparso. Mio marito mi riferì che Francesco Narducci era ancora vivo e che poteva trovarsi nella zona del lago Trasimeno. Sono certa che mio marito disse loro che Francesco Narducci era ancora vivo».
gli omicidi del mostro di firenze
CHE COSA SAPEVANO I SUOI FAMILIARI?
Non si può sapere con sicurezza ciò che il sensitivo riferì ai famigliari di Narducci e, successivamente, a sua moglie. La certezza, però, è che i parenti del medico fossero a conoscenza del giorno e del punto preciso del lago in cui sarebbe stato ritrovato il cadavere. Una circostanza che getta ulteriori ombre in questa intricata storia. Significativa anche la testimonianza del 3 novembre 2003, resa da Massimo Spagnoli, fratello del suocero di Narducci, Gianni. L’uomo riferì agli inquirenti perché la famiglia Narducci non volle che venisse fatta l’autopsia sul cadavere del parente.
pietro pacciani circondato dai carabinieri
Disse Massimo Spagnoli: «In quei giorni invitai ripetutamente mio fratello a chiedere l’autopsia sul cadavere di Francesco, ma Gianni mi diceva sempre che era stata sua figlia Francesca (la moglie di Narducci, ndr) a non volerla. Poi venni a sapere che Ugo Narducci (il padre di Francesco Narducci, ndr) era un massone, ma non credo di grado elevato. Da quanto mi dissero mia moglie e alcuni massoni di mia conoscenza, dopo la morte del figlio Ugo Narducci si rivolse ai vertici della loggia, che informarono il questore Francesco Trio, che sapevo essere massone.
pia rontini e claudio stefanacci, uccisi dal mostro di firenze a vicchio
Trio, a quanto mi dissero, fece in modo di far chiudere rapidamente gli accertamenti, senza che venisse fatta l’autopsia. A quanto ne so, la magistratura fu tenuta all’oscuro della realtà della situazione. Il questore si adoperò perché l’autorità giudiziaria considerasse la morte un fatto accidentale o un suicidio.
Queste notizie me le ha riferite mia moglie ed erano date per scontate in città, in un certo ambiente sociale e in quello medico. Anche mio fratello mi disse queste cose. Il motivo per cui Ugo non voleva l’autopsia del figlio veniva spiegato allora con la necessità di coprire il coinvolgimento di Francesco in una storia terribile, avvenuta a Firenze. Si diceva che fosse stato scoperto, in un appartamento tenuto in locazione da Francesco, un repertorio di boccette con resti di cadavere. Poi tutto questo fu collegato ai delitti del Mostro di Firenze».
pietro pacciani
Il giudice Mignini disse: «L’ipotesi omicidiaria, con il corredo di indagini che si sarebbe portata dietro, non doveva assolutamente accadere per gli ambienti di cui faceva parte la famiglia Narducci. La necessità di coprire e occultare quella morte implicava la necessità dell’organizzazione di una clamorosa messinscena, quale quella del “doppio cadavere”. Si tratta, quindi, di tre aspetti (morte del Narducci per omicidio, connessione con la vicenda del “Mostro di Firenze” e “doppio cadavere”) che sono tutti decisamente e clamorosamente confermati dalle indagini».
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