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(ANSA) Lutto nel mondo del calcio. E' morto dopo una lunga malattia Gigi Radice. L'allenatore dell'ultimo scudetto del Torino, l'unico del dopo Superga nel 1976, aveva 83 anni. Tra gli allenatori più innovativi della sua epoca, ha guidato anche Inter, Milan, Bologna, Roma e Fiorentina
IL TRISTE TRAMONTO DI MIO PADRE
Vanni Zagnoli per il Giornale
A 67 anni, Giampietro Ventura è ancora lì, sornione, sulla panchina del Torino. Come il 70enne Reja.
A quell'età, all'incirca, Gigi Radice manifestava invece i primi sintomi dell'Alzheimer, la malattia più diffusa tra gli anziani. Ventura insegue il suo primo successo nel derby, ai granata manca da 20 anni, mentre con Radice se ne aggiudicarono 6. Del resto è stato l'allenatore più fedele del Torino, 375 partite di campionato, più della metà vinte e solo 80 perse: 10 stagioni, dal '75 all'80 (scudetto subito, l'unico dopo la tragedia di Superga, poi secondo posto a un punto dalla Juve) e dall'84 (secondo, dietro al Verona) all'89.
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Radice si è ritirato a 63 anni, dopo avere autografato l'ultima promozione del Monza in B, ai playoff contro il Carpi. Adesso, a 80 anni, combatte una battaglia impossibile, confortato dalla moglie Nerina (79) e dalle figlie Cristina ed Elisabetta: il figlio Ruggero, ex terzino sinistro del Siena, è rimasto in Toscana, nel settore giovanile bianconero, e ci parla di suo padre con un velo di tristezza: «Purtroppo non ha speranze di guarigione...».
Quando è iniziata la malattia?
«Un decennio fa, ma forse avevamo sottovalutato qualche piccola amnesia. Da 5 anni si è aggravata, dopo l'anestesia per l'intervento a un'anca».
Cammina ancora?
«E' tornato a muoversi benissimo, il problema è la mente, andata in tilt. Sapevamo che la situazione sarebbe peggiorata, speravamo non diventasse tanto drammatica, ora è stazionaria».
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Anche Vujadin Boskov, allenatore dell'unico scudetto della Sampdoria, si è arreso alla malattia un anno fa, a 82 anni. Adesso tocca al grande Gigi lottare contro questo male.
«La nostra famiglia è preparata ed è sensibile soprattutto a chi combatte la Sla. Mamma Nerina ammira tanto Chantal, la vedova di Stefano Borgonovo, per la forza d'animo».
Il mondo del calcio vi è vicino?
«Ci aveva lasciati nell'indifferenza totale. Sino al 2010 avremmo gradito le visite, ora papà riconosce a fatica solo i familiari, per cui non è più necessario andarlo a trovare».
Perchè un simbolo del cuore granata era stato abbandonato?
«In fondo era uscito di scena nel '98? Eravamo abbastanza delusi, per il comportamento di chi ci stava intorno. Gli sono rimasti alcuni amici intimi, per il resto sono pochi: qualche ex giocatore granata si fa sempre vivo, assieme ad amici di Torino. Purtroppo papà non è più quel che era, anche per questo era dimenticato».
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Una bella manifestazione di affetto gli è arrivata a gennaio, per gli 80 anni: la maglia autografata dai torinisti di oggi, recapitata dal dg Antonio Comi?
«Ci ha fatto molto piacere, anche papà aveva compreso e apprezzato».
Da allenatore era soprannominato anche "il tedesco". Perchè?
«Non aveva un carattere facilissimo, era un sergente di ferro. Rifiutava i compromessi, proseguiva di testa sua, anche per questo era stato in panchina per 30 stagioni».
Lei invece allena le giovanili del Siena.
«Ho sposato una senese e sono rimasto nel calcio. Vivo il dramma di mio padre indirettamente, vado a trovarlo quando torno a Monza. Mamma e le mie sorelle gli sono sempre vicine: il 3 luglio saranno 52 anni di matrimonio».
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