Marco Giusti per Dagospia
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Brutti tempi. Perdiamo anche la leggendaria Glenda Jackson, 86 anni, protagonista di film come “Marat/Sade”, “Donne in amore”, “L’altra faccia dell’amore”, “Triplo eco”, “Domenica, maledetta domenica”, “Una romantica donna inglese”, “Due sotto il divano”, capace di passare da personaggi come Charlotte Corday a Sarah Bernhardt, dalla Nina di Ciakowski a Hedda Gabler, di recitare con partner totalmente diversi come Oliver Reed, Walter Matthau, Michael Caine, George Segal.
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Una delle pochissime attrici inglesi (con Vivien Leigh, Olivia de Havilland e Elizabeth Taylor) in grado di vincere ben due Oscar, “Donne in amore” e “Un tocco di classe” e non essersi degnata neanche di andarli a ritirare. “Mia madre li lucida fino a un centimetro della loro vita fino a quando il metallo non si vede. Questo sono in definitiva gli Oscar: tutto luccichio all'esterno e metallo di base. Bei regali per un giorno. Ma non ti rendono migliore”.
Dalla fine degli anni ’60 a tutti i ’70, grazie a grandi film innovativi diretti da Ken Russel, John Schlesinger, Joseph Losey, Robert Altman, dominò la scena sia inglese che americana cambiando del tutto le regole della recitazione del tempo (“Non avevo alcuna vera ambizione riguardo alla recitazione. Ma sapevo che doveva esserci qualcosa di meglio del lavoro in farmacia”) e lo stesso concetto di bellezza femminile. Bella? Brutta? Glenda Jackson è sempre stata solo se stessa fino alla fine.
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Da poco era anche tornata a recitare, aspettiamo un appena finito “The Great Escaper”, dove recita ancora assieme a Michael Caine, suo vecchio partner, dopo una lunga parentesi politica che l’ha vista sottosegratria ai trasporti tra il 1997 e il 1999 e membro del Parlamento Inglese tra il 2010 e il 2015. Lo fa per passione politica, ovviamente. ”Una delle osservazioni più deprimenti che è stata fatta quando sono arrivato per la prima volta alla Camera dei Comuni è stata fatta da un parlamentare che mi ha detto: "Perché vuoi venire qui? Sei già famosa".
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Nata nel 1937 a Birkenhead nel Cheshire, studia al Dundee Repertory Company nei primi anni ’60 assieme a Edward Fox, Michael Culver, Nicol Williamson. Fa qualche particina al cinema, “The Extra Day” nel 1956 e nel più celebrato “Io sono un campione” di Lindsay Anderson nel 1963, ma esplode sia a teatro che al cinema solo nel 1967 con il “Marat/Sade” diretto da Peter Brook, tratto dalla commedia di Peter Weiss, dove è una straordinaria Charlotte Corday, di incredibile forza. “Se sono troppo forte per alcuni spettatori, questo è un problema loro”.
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Da ragazzo ne fui talmente conquistato che assieme a altri compagni di classe al Liceo Classico D’Oria di Genova ricordo che cercai di rimetterlo in scena. Il cinema inglese allora era una bomba, grazie ai loro registi e ai loro attori. Quando nel 1969 arrivò “Donne in amore” di Ken Russel con Oliver Reed, Alan Bates, Jennie Linden e Glenda Jackson fummo tutti conquistati da questo approccio finalmente fisico, muscolare col sesso e la passione. Era la prima volta che si vedevano maschi recitare totalmente nudi e dove un’attrice, la Jackson, poteva un Oscar recitando totalmente nuda, inoltre nuda e incinta di cinque mesi (“mai avuto un petto così florido”).
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Diventa da subito l’attrice di riferiumento per Ken Russel, che ritroverà in “L’altra faccia dell’amore” dove interpreta Nina, la sfortunata moglie di Ciakowski, Richard Chamberlain, che scopre l’impossibilità di essere penetrata da lui in una incredibile scena in treno, ma anche in “The Boy Friend” e anni dopo in “L’ultima Salomé” e “The Rainbower”. Dirà di Ken Russell”. “Adoro lavorare con lui, Non sa niente di recitazione. Ma ma ti lascia libero di fare cosa vuoi”.
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E incontra per la prima volta uno dei suoi partner più noti, Oliver Reed, altro attore muscolare e forte. “Oliver ed io non abbiamo assolutamente niente da dirci fuori dallo schermo. Come persone, siamo gesso e formaggio. Quello che ammiro in Oliver è la sua professionalità. Non importa in che stato si trovi fisicamente, quando dicono "Azione!", lui è pronto, e quello era l'aspetto del lavorare con lui che mi piaceva. Ho lavorato molto con lui ed è un attore infinitamente migliore di quanto si dia credito”.
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In “Domenica, maledetta domenica” di John Schlesinger interpreta Alex Graville la moglie di Peter Finch che si scoprirà non solo gay, ma anche innamorato di Murray Head. Un film che fece scandalo, perché erano temi che non erano mai stati trattati con tale fermezza. E mai si era visto, mi sa, un bacio tra due uomini sullo schermo. La ritroviamo in film diversi, come i polpettoni “Maria Stuarda” di Charles Jarrott con Vanessa Redgrave e “La storia di Lady Hamilton” di James Cellan Jones con Peter Finch, in “Triplo Eco” di Michael Apted dove ritroviamo Oliver Reed e un curioso triangolo sentimentale con un giovane disertore che durante la guerra si traveste da donna.
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Con “Un tocco di classe”, scritto e diretto da Melvin Frak, dove fa coppia con George Segal, vince il suo secondo Oscar come migliore attrice. Non solo non ci va, ma ha pure qualcosa da dire a riguardo. “Stavo lavorando ma dubito che ci sarei andata anche se avessi potuto esserci. Guardando la televisione qui nella mia suite d'albergo, continuavo a ripetermi che avrei dovuto spegnerla e andare a letto. Mi sentivo disgustata di me stesso, come se stessi assistendo a un'impiccagione pubblica. . . Nessuno dovrebbe avere la possibilità di vedere tanto desiderio, tanto bisogno di un premio e tanto dolore quando non lo vinci”.
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L’Oscar americano le apre nuove prospettive internazionali. In Italia gira il curioso “Il sorriso del grande tentatore”, drammone religioso diretto da Damiano Damiani che allora ci sembrò parecchio oscuri, Con Christopher Miles gira una bellissima versione di “Le serve” di Jean genet assieme a Susannah York e Vivien Merchant, con Joseph Losey gira “Una romantica donna inglese”, scritto da Tom Stoppard, dove recita per la prima volta con Michael Caine e uno svitatissimo Helmut Berger.
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Torna in America per una serie di commedie divertenti e di successo, ma non bellissime, “Visite a domicilio” di Howard Zieff con Walter Matthau, “Un marito in prova” di Melvin Frank con George Segal, “Due sotto il divano” di Ronald Neame con Matthau. “Idealmente”, dice nel 1974, “uno vorrebbe lavorare in Inghilterra. Ma se nessuno in Inghilterra prende il coraggio a due mani e fruga nelle proprie tasche e finanzia film, allora dovrai lavorare all'estero”. Intanto in America incontra Robert Altman che la dirigerà in “Health” nel 1980 e poi nel 1987 in “Terapia di gruppo”. Ricordo che ci colpì molto in “Tartaruga ti amerò” di John Irvin, tratto da “Turtle Diaries”, dove recita in coppia con Ben Kingsley.
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Scompare dalle scene, presa dalla politica, per una ventina di anni. La ritroviamo recentemente al cinema "Elizabeth Is Missing" diretto da Aisling Walsh nel 2019, dove è una malata di Alzheimer, in “Secret Love” diretto nel 2021 da Eva Husson con il giovane Josh O’Connor, che troveremo in “Challengers” di Luca Guadagnino e nel già nominato, e non ancora uscito, “The Great Escaper” dove incontra di nuovo Michael Caine. “Un attore maschio”, dirà, “può fare tutto, da "Amleto" a "King Lear", uomini di ogni età e di ogni intensità di crescita spirituale. Dov'è l'equivalente per le donne? Non mi piace andare in giro a fare l'infermiera in "Romeo e Giulietta". La vita è troppo corta”.
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