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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - IL CINEMA DI GENERE INTERNAZIONALE PERDE ANCHE EUGENIO MARTÍN, 97 ANNI, AUTORE DI STREPITOSI HORROR COME “IPNOSI” E “HORROR EXPRESS”, MA ANCHE DI SPAGHETTI WESTERN INNOVATIVI COME “THE BOUNTY KILLER”, CHE OFFRÌ IL PRIMO RUOLO DA PROTAGONISTA NEL GENERE A TOMAS MILIAN - FU UN MAESTRO DELLA COPRODUZIONE. ADATTANDOSI A TUTTI E SVILUPPANDO UNA SUA PROPRIA PERSONALITÀ CHE ANCHE I PRODUTTORI ITALIANI RICONOSCEVANO… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

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    Il cinema di genere internazionale perde anche Eugenio Martín, 97 anni, autore di strepitosi horror di coproduzione, come “Ipnosi” con Jean Sorel, Eleonora Rossi Drago, Massimo Serato, “Horror Express” noto anche come “Panico en la Transiberiana” con Christopher Lee, Peter Cushing, “Una candela per il diavolo” con Judy Geeson e Aurora Batista.

     

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    Ma anche di spaghetti western innovativi come “The Bounty Killer”, che offrì il primo ruolo da protagonista nel genere a Tomas Milian e rimane come uno dei lavori fotografici più forti di Enzo Barboni, “Requiem per un gringo” con Lang Jeffries, Femi Benussi e Fernando Sancho, “… e continuavano a fregarsi il milione di dollari” con Lee Van Cleef, James Mason, Gianni Garko e Gina Lollobrigida, “I tre del mazzo selvaggio” con Telly Savalas come Pancho Villa, Clint Walker, Chuck Connors e Anne Francis.

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     Ma diresse anche avventurosi come “Il conquistatore di Maracaibo” con Hans von Borsody, Luisella Boni, Helga Liné, “Per un pugno di diamanti” con Pierre Brice, Gillian Hills, Emma Penella, “L’uomo di Toledo” con Stephen Forsyth, Ann Smyrner, Carl Mohner. Thriller come “In fondo alla piscina” con Carroll Baker, Michael Craig, Marina Malfatti e addirittura un musicarello con Julio Iglesias, “La vida sigue igual”.

     

    Fu un maestro della coproduzione, italo-spagnola, soprattutto, ma anche italo-ispano-tedesca o francese. Adattandosi a tutti, avendo fatto una grande scuola da assistente e sviluppando una sua propria personalità che anche i produttori italiani riconoscevano.

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    Eugenio Martín Marquez, questo il nome completo, era nato a Ceuta il 15 maggio del 1925, e presto si spostò a Granada, dove iniziò a studiare legge all’università. Ma visto che vedeva Granada come una prigione, andò a studiare a Madrid, dove si laureò alla Facoltà di lettere e Filosofia e studiò alla scuola di giornalismo della capitale. Molto attivo nel cinema, fondò un cineclub e diresse i suoi primi cortometraggi già a metà degli anni ’50, “Viaje romantico a Granada”, premiato al Festival di San Sebastian, “Detras de la muralla”, “Romance de una batalla”, ai quali ne seguiranno altri.

     

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    Dopo essersi fatto esperienza come aiuto di Terence Young (“Zarak” con Anita Ekberg), Nicholas Ray (“Il Re dei Re”) , Guy Hamilton, Michael Anderson, Roy Ward Baker (“The Singer not the Song”) in Almeria, per le produzioni di avventurosi di Charles Schneer con i favolosi effetti speciali di Ray Harryhausen, come “Il 7° viaggio di Simbad” di Nathan Juran e “I tre viaggi di Gulliver” di Jack Sher, diresse nel 1957 il suo primo film, la commedia “Despedida de soltero” con German Cobos e Silvia Solar, seguito nel 1961 dall’avventuroso “Los corsarios del Caribe”/“Il conquistatore di Maracaibo”, firmato Jean Martin, sceneggiato da Gianfranco Parolini, con Hans von Borsody e Luisella Boni.

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    Arriva al mystery-horror nel 1962 con “Hipnosis”/”Ipnosi” con Jean Sorel, Massimo Serato, Eleonora Rossi Drago, Gotz George, molto apprezzato dalla critica spagnola. Si dimostra abile a passare da un genere all’altro. Dirige così nel 1964 “Duelo en el Amazonas”, da noi ribattezzato “Per un pugno di diamanti”, il curioso “La muerte se llama Myriam”/“L’uomo di Toledo” con Stephen Forsyth che è una sorta di mischione di cappa e spada e 007. Essendosi fatto una fama come buon regista riesce così a girare il più maturo “El precio de un hombre” o “The Bounty Killer”, come uscì in Italia, che non è solo il suo primo western, ma il primo western con sovvenzionamento statale di “interesse artistico”.

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    Il film deve anche molto al produttore-sceneggiatore José Gutiérrez Maesso, uno dei padri storici dello spaghetti, e al grande Enzo Barboni, qui direttore della fotografia che riesce a muovere la macchina con dolly meravigliosi in un villaggio western costruito per l’occasione in Almeria, al poblado di Los Solaninos. La storia è molto classica, e infatti viene da un testo celebre di Marvin H. Albert già portato al cinema a Hollywood, che Maesso aveva in un primo tempo offerto a Sergio Leone, prima che facesse “Per un pugno di dollari”.

     

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    Sembra che Leone avesse scritto un copione per il film che Maesso rifiutò, come rifiutò di entrare da coproduttore nel suo primo western. Ma Maesso chiese un copione anche a Duccio Tessari, che stava lavorando appunto con Leone. Progetta un altro western che non girerà, “Mudarra”. Tra gli anni ’60 e ’70 gira di tutto, “Una senora estuèpenda” con Lola Flores, “La vida sigue igual” con Julio Iglesias, “Las leandras” con Rocio Durcal, il thriller italo-spagnolo “In fondo alla piscina”.

     

    Più ricco e interessante, anche se non proprio riuscito, “El hombre de Rio Malo”/“…e continuavano a fregarsi il milione di dollari”, che firma come Gene Martin, prodotto da due nomi celebri di Hollywood come Irving Lerner e Bernard Gordon, scritto da Philip Yordan con una Gina Lollobrigida non più giovanissima (“madurita pero muy seductora”, scrive il critico Anselmo Nunez Marques) che fa l’avventuriera in un Messico da rivoluzione in mezzo a un cast di star maschili  che va da Lee Van Cleef a James Mason da Gianni Garko a Sergio Fantoni.

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    Nel 1972 esce il suo capolavoro horror, “Panico en el Transiberiano”/”Horror Express” con due star del calibro di Christopher Lee e Peter Cushing. Anche l’anno seguente alterna un western prodotto da Philip Yordan e Bernard Gordon, “El desafio de Pancho Villa”/”I tre del mazzo selvaggio” con Telly Savalas come Pancho Villa, a un horror, “Una vela para el diablo”/”Una candela per il diavolo” con Judy Geeson, seguito dall’erotico “La chica del Molino Rojo” /”Una partita a tre” con Marisol, Mel Ferrer e Renaud Verley.

     

    Molto attivo anche negli anni successivi, scrive per il produttore José Maesso regista “El clan de los immorales”/”La testa del serpente” con Helmut Berger, dirige in proprio “Call Girl(Vida privada de una senorita bien)” con Teresa Rabal, “Tengamos la guerra en paz” con Francisco Cecilio e Veronica Miriel, dimostrando che è uno dei rari registi spagnoli che riesce a mantenere un suo status di autore anche nel cinema di genere senza scadere mai nella qualità dei film che gira.

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     Con la fine delle coproduzioni e dei metodi non proprio limpidi con i quali i produttori italiani e spagnoli approfittavano delle regole nazionali, torna a un cinema più piccoli, ma più libero. Tra i suoi ultimi film troviamo anche “Aquella casa en las afueras”, La capilla ardiente”, “Sobrenatural” con Cristina Galdo, Maximo Valverde, del 1981, “La sal de la vida”, addirittura del 1995.

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