Marco Giusti per Dagospia
Ennio Morricone
“E ora io…?”. Ricordate la battuta finale di Rod Steiger in “Giù la testa”, quando alla fine del film, alla fine della rivoluzione, dopo aver visto massacri e centinaia di morti, quando ha proprio ha perso tutto, ha ancora qualcosa da dire allo schermo… Così siamo noi. Dopo aver saputo della morte di Ennio Morricone, qualcosa in più del compositore della musica dei film di Sergio Leone, di Quentin Tarantino, di Giuseppe Tornatore, di Bernardo Bertolucci, di Brian De Palma. Perché Morricone era il più grande. Più grande di Mozart, dice Tarantino. Forse.
ennio morricone e sergio leone a scuola insieme
“Il meglio figo del bigoncio” diceva il vecchio maestro Angelo Lavagnino che lo conosceva bene, lo aveva avuto anche come allievo alla Chigiana di Siena, e che non si è mai lamentato di essersi fatto scippare da lui il posto di musicista di Sergio Leone. Sì. Perché prima di Morricone, quel ruolo era di Lavagnino. Poi arrivò “Per un pugno di dollari” e bastò quell’inizio incredibile con Clint Eastwood sul mulo che arriva dal nulla sotto all’albero con la corda per l’impiccato, entra nel paesino, quegli accordi e capimmo subito che non ci sarebbe mai stato più spazio per nessun altro. Che quelle immagini appartenevano a quella musica, e viceversa quella musica apparteneva a quelle immagini, anche se magari non era stata composta per quel film.
Lo sappiamo tutti che Morricone dette a Leone non dei pezzi originali, ma un arrangiamento di “Pastures of Plenty” di Woody Guthrie composto per il cantante americano a Roma Peter Tevis e un pezzo tratto da un altro western, “Duello nel Texas”, girato da Ricardo Blasco un anno prima. I produttori di “Per un pugno di dollari”, Papi e Colombo, che avevano scritturato Ennio Morricone assieme agli sceneggiatori Castellano e Pipolo dopo il successo incredibile de “Il Federale” di Luciano Salce, primo film ufficiale del musicista, che aveva collaborato segretamente poco prima a “Morte di un amico” di Franco Rossi, insistevano con Leone affinché scegliesse tutto il pacchetto.
ennio morricone sergio leone
Ma non funzionò con Castellano e Pipolo, che uscirono di scena perché, semplicemente, “non c’è niente da scrivere”, e sembrava non funzionare neanche con Morricone. Al punto che Leone sente la musica di “Duello nel Texas” e se ne esce con un “...mi è parso orribile, le musiche sembravano di un Tiomkin dei poveri. Ma il produttore ha insistito perché incontrassi Morricone. Sono andato a casa sua e lui mi ha riconosciuto subito. Eravamo stati compagni di classe in quinta elementare, al Saint Juan Baptiste de la Salle, dagli Scolopi, dove ho fatto anche il ginnasio e il liceo. Mi fece ascoltare un brano che i produttori avevano scartato e che io avrei usato nel finale del film e poi un disco che aveva fatto per un baritono americano che mi colpì subito. Gli chiesi di recuperare la base. Avevamo il motivo principale, mancava solo il cantante. Proposi di usare un fischio umano e nacque così la ditta Alessandroni & Company, che poi lavorò in tanti western”.
ennio morricone con la moglie maria travia
Fine della storia. Solo che una volta uscito il film in sala, esattamente come fece il mio amico Carlo Monni in quel di Firenze, dove il film ebbe il suo incredibile primo lancio, noi ragazzetti del tempo, rimanemmo tutti incantati da quelle immagini, da quelle battute e da quella musica. E non volevamo più uscire dalla sala. Monni lo vide tre volte e poi cominciò a ripetere a memoria le battute (“Al mio mulo non piace che si rida, perché pensa che si stia ridendo di lui…”). Io mi fissai sul duello finale, sia di “Per un pugno di dollari” sia del film successivo della ditta Leone-Morricone, “Per qualche dollaro in più”.
morricone
Così comprai subito i dischi, i 45 giri, li mettevo sul piatto, con la pistola giocattolo ferma nel cinturone, aspettavo che la musica si fermasse per poter estrarre la pistola e Bang! Bang! sparare contro il cattivo Ramon. “Al cuore, Ramon, se vuoi uccidere un uomo devi colpirlo al cuore”. Leone e Morricone la fanno facile. E forse fu più facile di quel che si possa credere. E non si può scordare che avevano dalla loro un “fischiatore” incredibile come Alessandro Alessandroni e dei chitarristi meravigliosi. Ma questo non spiega perché, dopo un’esperienza di quel tipo, nulla sarà più come prima. I nostri critici allora non lo capirono. E il marchio di infamia dello spaghetto western segnò per sempre il genere e anche la musica di Morricone, che riuscirà a avere il suo primo vero Oscar solo nel 2015 con “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino.
morricone leone
Un capolavoro, dove Morricone rielabora temi scritti per “La cosa” di John Carpenter. Perché così tardi? Lo sapevamo tutti quanto fosse grande Morricone e quanto fosse amato in tutto il mondo. Ma ci sono voluti 50 anni, qualcosa come 500 colonne sonore, per fare digerire a Hollywood il successo dei film di Leone e la musica di Morricone e alla nostra critica l’importanza del genere all’interno della storia del cinema. E’ vero, Morricone non è solo western. Penso al suo lavoro sui film di Pasolini, da “La passione secondo Matteo” a “Teorema”, penso a quello sui film di Bertolucci, basterebbe “Novecento”, per non parlare dei film di Elio Petri, “Indagine” e “La classe operaia”, di “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo, a “Metti, una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi, a “Diabolik” di Mario Bava, perfino a “I pugni in tasca” e a “La Cina è vicina” di Marco Bellocchio.
ENNIO MORRICONE
E anche all’interno del western non è solo Leone. Basterebbero le colonne sonoro capolavoro di “Navajo Joe”, “Il mercenario”, “Il grande silenzio”, “Vamos a matar, companeros” di Sergio Corbucci, “Gli avvoltoi hanno fame” di Don Siegel, “La rega dei conti” e “Corri, uomo corri” di Sergio Sollima. Ce lo ha fatto capire perfettamente coi suoi film proprio Quentin Tarantino, forse non amato da Morricone, perché non lo spingeva nella tradizione più classica di Tornatore riportandolo alle composizioni degli anni ’60 e ’70, il paradiso dei cinefili.
MORRICONE
Ma Morricone deve a Tarantino, ammesso che valga qualcosa, tutta la grande rilettura della sua opera western in termini di popolarità internazionale, pensiamo solo all’uso che fa dei suoi brani in “Kill Bill” o in “Inglorious Basterds”, dove rilegge addirittura la marcetta di “Allosanfan” dei Taviani. E quindi gli deve la rimodernizzazione che nemmeno un buon regista amico come Tornatore gli avrebbe potuto offrire a livello così monumentale.
Diciamo che magari non era questo che voleva Morricone? Preferiva lasciare ai posteri le sue ultime composizioni e non la musica di “Navajo Joe” e di “Il mercenario”, spostandosi dall’etichetta di spaghetti western che lo aveva martoriato per tanti anni? Eppure Morricone deve a Tarantino il suo unico vero Oscar, quello per “The Hateful Eight”. E questo lo voleva davvero. Lo aveva sempre voluto. Certo. Voleva vincerlo con la musicona di “Mission”, forse, piuttosto che con quella di un western. Senza rendersi conto che era arrivato a “Mission” proprio grazie ai suoi western e a Leone.
MORRICONE TARANTINO 1
Perché Leone e Morricone, in fondo, appartengono allo stesso sogno, alla stessa immagine. Che è quella che ci inchiodò al cinema da ragazzetti e che non ci faceva uscire dalla sala. A quei tre accordi. E, che gli piacesse o meno, malgrado tutto il lavoro che ha fatto negli ultimi venti-trent’anni, malgrado la sua sterminata conoscenza musicale, quello che vogliamo sentire tutti è proprio la sua musica degli anni ’60, quella composta per Leone e per Corbucci. Quella ci riporta a quello che eravamo noi. Piccoli spettatori. Che adesso siamo soli come il Juan Miranda di “Giù la testa”. Ma con la sua musica.
MORRICONE TARANTINO ennio morricone TORNATORE MORRICONE FOTO ANSA clint eastwood il maestro ennio morricone