OSCAR GIANNINO
Gianluca Zappa per www.startmag.it
Tutti i lettori liberisti di Repubblica saranno stati contenti, qualcuno avrà storto il naso e di sicuro molti hanno colto un fatto inedito: la prima volta di un commento di Oscar Giannino,sul quotidiano la Repubblica ora diretta da Maurizio Molinari (già direttore de La Stampa, ora affidata alla direzione di Massimo Giannini fiero di essere alla guida di quello che Gianni Agnelli gli disse essere un “giornale perbene“).
Il giornalista, saggista ed editorialista di impostazione liberale e liberista, in passato tra l’altro alla radio del Sole 24 Ore, ha esordito infatti oggi su Affari & Finanza, il dorso del lunedì di Repubblica dedicato all’economia e alla finanza.
Una doppia novità visto non solo che Giannino nei decenni trascorsi non ha mai lesinato critiche al quotidiano già della famiglia De Benedetti e ora di Gedi-Exor così come non ha avuto mai particolare feeling con la famiglia Elkann-Agnelli, ma evidentemente mai direi mai.
maurizio molinari premio e' giornalismo 2018
Quello che nell’esordio di Giannino non ha destato particolare sorpresa è invece la posizione di Giannino filo Bonomi sulle relazioni industriali. Sarà un caso oppure no ma – come ha scritto Luigi Bisignani sul Tempo giorni fa – Giannino con Giuliana Paoletti è tra le personalità del mondo della comunicazione che segue il nuovo presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, il quale si è distinto per alcune sortite turbo-liberiste sullo Stato nell’economia e contro gli effetti nefasti della politica sulla pandemia (“questa politica rischia di fare più danni del Covid“) non apprezzate – per usare un eufemismo – da tutta la galassia confindustriale, come testimoniano da un lato le posizioni ad esempio di Assaeroporti presieduta da Fabrizio Palenzona e dall’altro le critiche di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo (ex Finmeccanica).
carlo bonomi
Di sicuro Giannino è amico ed estimatore di Bonomi da prima che diventasse anche presidente di Assolombarda. A chi in questi giorni chiede al giornalista e polemista se davvero sia il consigliere-principe di Bonomi, risponde: Bonomi ha il pregio non troppo diffuso di chiedere dati e opinioni da fonti diverse prima di parlare, le valuta e poi decide lui con il suo cervello.
Ecco di seguito un estratto significativo dell’analisi di Oscar Giannino pubblicata su Affari & Finanza del quotidiano Repubblica:
Si vedrà presto se i sindacati, in tutto o in parte, accetteranno il confronto che su questi temi propone loro la nuova Confindustria di Carlo Bonomi, che al tema ha dedicato vaste parti delle sue relazioni annuali da presidente di Assolombarda. In sintesi: “Cambiamo insieme l’Italia dal basso, con i contratti”. Ridefiniamo insieme nei contratti che cos’è il lavoro in un Paese trasformatore ed esportatore che regge sui mercati solo se cresce nel valore aggiunto e nelle tecnologie, riscriviamo insieme i vecchi mansionari del fordismo. Condividiamo l’idea che l’ottica giusta non è solo quella nazionale, ma di filiera e di azienda. Aggiungiamo insieme nei contratti un parametro di certificazione e riqualificazione del capitale umano impiegato e da assumere.
Giuliana Paoletti
Rendiamo insieme il diritto alla formazione permanente un vero e proprio diritto delle persone. Proponiamo insieme alla politica – la base è l’accordo interconfederale del 2018, il “patto della fabbrica” – dei correttivi alla rappresentanza e all’esigibilità contrattuale senza offrire il fianco a tentazioni politiche di legiferare ledendo l’autonomia delle parti sociali. Proponiamo alla politica un salario di produttività, di formazione e di welfare aziendale che limiti la tentazione di un elevato salario minimo per legge – a differenza che in altri Paesi dove copre cifre minoritarie dei salari medi – che però finirebbe per vanificare la capacità innovativa dei contratti che negoziamo tra imprese e sindacati:
Difficile immaginare decolli un confronto simile? Qual è l’alternativa, affidarsi a Pd e 5S, e far decidere a loro? Lo vedremo presto. Può essere che prevalga l’idea “la crisi non è tempo per riforme serie”. Ma l’Italia da 25 anni è a bassa produttività, demografia asfittica, debito crescente, bassi investimenti. E se a ogni nuova crisi paghiamo prezzi più elevati degli altri, è anche perché nelle crisi precedenti ha vinto la paura di pensare il nuovo.