Marco Giusti per Dagospia
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Simpatico, divertente, sempre disponibile a raccontare incredibili storie di set, amico fraterno di Dino Risi, Steno, Tomas Milian, Bruno Corbucci, Umberto Lenzi, se ne va, a 86 anni nella sua Roma, Silvio Laurenzi, costumista infaticabile di un numero incredibile di film, commedie sexy con Edwige Fenech, noir con Carroll Baker, poliziotteschi, western, perfino peplum.
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All’occasione anche attore, anzi caratterista per film del tutto diversi, da “La commare secca”, opera prima di Bernardo Bertolucci a “Mi faccia causa” di Steno, dove non si preoccupava minimamente di interpretare macchiettone gay, dallo spy “Assalto al tesoro di stato” di Piero Pierotti al peplum italo-americano “The Arena” diretto da Steve Carver e Joe D’Amato, dove interpreta il personaggio di Priscium col nome di Sid Lawrence. Per Silvio, anzi Silvietto, il cinema era tutta una grande famiglia con poche differenze tra film alti e film bassi.
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E’ un protagonista, da costumista, della grande stagione del cinema di genere degli anni ’70, ma si presta davvero a tutto. Lo troviamo in “La banda del Trucido” di Stelvio Massi con Tomas Milian come ne “L’infermiera di notte” di Mariano Laurenti, in “Spasmo” di Umberto Lenzi come il “Il Bianco, il Giallo, il Nero” di Sergio Corbucci. E’ lui che si inventa gli assurdi costumi di Monnezza-Milian e che veste e sveste all’infinito Edwige e le altre bellone della commedia sexy, a cominciare da “Il vizio di famiglia” di Mariano Laurenti e da “La dottoressa del distretto militare” di Nando Cicero.
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Con un divertimento, sul set, senza fine. Risi lo volle con sé per tutti i suoi ultimi film dagli anni ’80, “Scemo di guerra”, “Teresa”, “Tolgo il disturbo”, “Le ragazze di Miss Italia”. Anche se non era uno dei grandi nomi blasonati e premiatissimi del cinema italiano, è stato un grande e rapidissimo artigiano adorato dai suoi attori, da Tomas Milian a Silvana Pampanini.
Inizia davvero dal basso nel cinema negli anni ’60, con piccoli ruoli, come quello dell’omosessuale de “La commare secca”, ma ne fa molti altri, credo che avesse un ruolo anche ne “I baccanali di Tiberio”, alternati al lavoro di assistente costumista nel grande cinema popolare del tempo. Credo che le filmografie che troviamo su Internet siano incomplete e non riportino tutto il lavoro che ha svolto soprattutto nella seconda metà degli anni ’60.
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Firma assieme a Giulia Mafai, anche lei scomparsa pochi mesi fa, il suo primo film ufficiale, “Tutti i colori del buio” di Sergio Martino, ma lo troviamo presto da solo su “Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?” di Giuliano Carnimeo, su “Torso” di Martino, uno dei film più celebrati dei thriller all’italiana e nei grandi gialli di Umberto Lenzi, “Orgasmo”, “Così dolce, così perversa”, imponendosi rapidamente nel dirompente cinema di genere degli anni ’70, tra thriller, commedie sexy prodotte e poliziotteschi. Il suo percorso è quello del cinema popolare del tempo. Legato, magari, più agli attori e alle produzioni, come la Dania Film di Luciano Martino che ai generi. Ma poteva fare di tutto.
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Dai film di Monnezza, come “Squadra antiscippo”, a follie in costume come “Gunan il guerriero” di Franco Prosperi, film comici come “Il ficcanaso” con Pippo Franco, “Fico d’India” di Steno con Pozzetto e Maccione, “La patata bollente” di Steno con Pozzetto, Edwige e Massimo Ranieri, la prima commedia all’italiana che osasse affrontare in maniera non macchiettistica l’omosessualità. Omosessualità che Silvio viveva nella più completa tranquillità.
Per Dino Risi rappresentava un po’ il cinema romano, come tanti altri bravi artigiani. Ma stare con Silvio era davvero un divertimento continuo. E conosceva davvero tutti e tutto del nostro cinema. Lo aveva chiamato qualche mese per chiedergli se conosceva un bellissimo ballerino nero che aveva fatto parecchi film negli anni ’60, Leo Coleman. Certo, che se lo ricordava. Aveva passato una serata con lui e Silvana Pampanini, con Silvana che gli diceva: Ma questo stasera te lo scopi te o me lo scopo io?”. Ecco.
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