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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - SE NE VA CLAUDE BRASSEUR, 84 ANNI, OTTIMO ATTORE, CAPACE DI PASSARE DALLA COMMEDIA AL NOIR SENZA NESSUNA DIFFICOLTÀ - UN CENTINAIO DI FILM, DUE CÈSAR, GRANDI SUCCESSI, TANTO TEATRO, PERFINO UN PASSATO DA SPORTIVO, TRA CICLISMO, BOB E AUTOMOBILI - HA INTERPRETATO IL PAPA' DI SOPHIE MARCEAU NE "IL TEMPO DELLE MELE"


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

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    Un centinaio di film, due Cèsar, grandi successi, tanto teatro, perfino un passato da sportivo, tra ciclismo, bob e automobili. Se ne va Claude Brasseur, 84 anni, ottimo attore, capace di passare dalla commedia al noir senza nessuna difficoltà. Figlio d’arte, il padre era il grande Pierre Brasseur e la madre Odile Joyeux, nella sua infanzia gli amici di famiglia erano stelle come Louis Jouvet, Jean-Paul Sartre, André Malraux, suo padrino addirittura Ernest Hemingway. Per tutta la vita ha dovuto sostenere il peso del confronto con un padre importante e egocentrico e ha risposto con una modestia assoluta.

     

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    “Se tu cerchi di somigliare a me o di non assomigliarmi, rischi di fuggire dalla tua vera natura e di diventare un attore bastardo”, gli aveva detto Pierre Brasseur. Nato a Neully sur Seine nel 1936, cerca di fare il giornalista, ma con quel nome è inevitabile che diventi attore. Il suo esordio a teatro è nel 1955, nel cinema un anno dopo in “Rencontre à Paris” di Georges Lampin seguito da “Il fantastico Gilbert” di Marcel Carné. Nel 1957 fa il militare in Algeria come paracadutista. Torna e seguita a dividersi fra cinema e teatro. Lo vediamo come figlio di Jean Gabin in “Mio figlio” di Denys de la Patellière, poi nel capolavoro di Georges Franju “Gli occhi senza volto” con Edith Scob. Nel 1961 si sposa con Peggy Roche. Ma il matrimonio durerà poco.

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    E la moglie diventerà la compagna di Françoise Sagan. Si risposerà nel 1970 con Michele Cabon e avranno un figlio, Alexandre, attore. Negli anni ’60 lo troviamo attivissimo al cinema, “Le distrazioni” di Jacques Dupont, “A briglia sciolta” di Roger Vadim con Brigitte Bardot, “La casa del peccato” di Edmond T. Greville, il film ad episodi “I sette vizi capitali”, “Confetti al pepe” di Jacques Baratier, “Buccia di banana” di Marcel Ophuls. Jean Renoir lo chiama per “Le strane licenze del caporale Dupont”.

     

    Henri-Geroges Clouzot lo vuole a fianco di Romy Schneider nel mai finito “L’enfer”, mentre Jean-Luc Godard lo sceglie per il ruolo di Arthur, copratogonista assieme a Anna Karina e Sami Frey di “Bande à part”. I tre percorrerrano in 9 minuti e 43 secondi la Grande Galerie del Louvre in una delle sequenze più celebri della Nouvelle Vague. «Claude Brasseur ha l’innocenza e la follia dei ragazzi che giocano a biglie o alla guerra. Cioè ha sia la brutalità necessaria che il candore sufficiente”.

     

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    E’ uno sportivo, tenta col ciclismo, eccelle nel bob, ma ai Giochi Olimpici Invernali del 1964 il suo casco esplode e rischia la vita. Non si perderà d’animo e lo ritroveremo nel 1983 correre e vincere come copilota di Jacky Ickx la Paris-Dakar. Dopo Godard lavora anche con Michelle Deville in “Lucky Jo” dove lo troviamo a fianco di suo padre, poi con François Truffaut in “Mica scema la ragazza”, con Costa Gavras in “Il 13°uomo”, ma il vero successo arriva dalla tv, grazie al ruolo di Rouletabille in “Le Mistére dela chambre jaune”, a quello di Sganarallo a fianco di Michel Piccoli nel “Don Juan” e a quello di François Vidocq in “Les nouvelles aventures de Vidock”, dove prende il ruolo che aveva interpretato Bernard Noel.

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    Ha successo anche al cinema. “Esecutore oltre la legge” di Georges Lautner con Alain Delon e Mireille Darc lo rilancerà nel noir e nel poliziesco. “Certi piccolissimi peccati” di Yves Robert, un film corale con Jean Rochefort, Guy Bedos, Victor Lanoux e la bellissima Annie Duperey, modello per cento altri film francese, lo lancerà nella commedia. Accetta il ruolo dell’omosessuale a patto che non sia una macchietta, che sembri un eterosessuale. Diventa così uno dei primi gay positivi del cinema francese e vince così il suo primo César, il secondo lo vincerà per il polizisco “La guerra delle polizie” di Robin Davis.

     

    Gira subito dopo il sequel con lo stesso cast. Si divide presto fra Francia e Italia, Lo troviamo ne “Il genio” di Claude Pinoteau con Yves Montand e Agostina Belli, in “Barocco” di André Techné e in film italiani come “Gli eroi” di Duccio Tessari, “Quando la coppia scoppia” di Steno e, soprattutto, “Aragosta a colazione” di Giorgio Capitani dove recita assieme a Enrico Montesano e Claudine Auger.

     

    claude brasseur e sophie marceau claude brasseur e sophie marceau

    Arrivano grandi successi di pubblico, come “La banchiera” di Francis Girod a fianco di Romy Schneider, e soprattutto “Il tempo delle mele” di Claude Pinoteau, dove è il padre della ragazzina Vic di Sophie Marceau. Lavora nei noir di José Giovanni, Philippe Labro, Alexander Arcady, Gilles Grangier, adatto sia a fare il poliziotto come il bandito o il detective privato. Jean-Luc Godard lo richiama per “Detective” a fianco di Nathalie Baye e Johnny Holliday. Ma sono lontani i tempi di “Bande à part”. Lo massacra durante la lavorazione.

     

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    "Mio povero Claude," gli dice, "vent'anni fa avevi ancora delle buone qualità, ora hai perso tutto. Non hai più niente”. E poi prosegue sui Cahiérs du cinéma: "Claude è un bravo attore ma sopravvalutato, uno che non sa più cosa fare, che fa solo brutti film ...". Brasseur risponde così: “Sono passati vent’anni. Ora fa psicoterapia. Spinge i suoi attori al limite per vedere quando scoppieranno”.

     

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    Seguita a lavorare moltissimo. Ritrova Romy Schneider in “Une histoire simple” di Claude Sautet, uno dei suoi migliori film. Lavora con un altro figlio d’arte, Bertrand Blier, in “Un, due, tre, stella!” e “Actors”. In Italia gira “Matrimoni” di Cristina Comencini e più recentemente il televisivo “Soraya” di Ludovico Gasperini. Ha grande successo recentemente a fianco di Franck Dubosc nella saga di “Camping”, dove è Jackie Pic, innamorato del pastis. Il suo ultimo film è “Tutti in piedi” di e con Franck Dubosc. Schivo, serio, per tutta la vita ha mantenuto un certo distacco dal suo lavoro e dal mondo dello spettacolo. "Non mi piace parlare di me", ha detto. “Non è un argomento entusiasmante. Il lavoro di una vita è definire il margine tra ciò che vuoi e ciò che puoi."

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