Marco Giusti per Dagospia
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Se ne va Norman Jewison, 97 anni, uno degli ultimi grandi registi di Hollywood, anche se era nato in Canada, anche se candidato all’Oscar ben cinque volte, non lo vinse mai, ma lo fece vincere a molti dei suoi attori. Autore di film di importanza storica come “La calda notte dell’ispettore Tibbs”, il primo dove un personaggio nero, quello di Sydney Poitier, allo schiaffo che si prende da un razzista bianco del sud, risponde con uno schiaffo ancora più pesante, o “Hurricane” con Denzel Washington, storia del campione nero di pugilato ingiustamente schiaffato in prigione per un delitto che non ha commesso, o “Storia di un soldato”, in grado di abbinare un soggetto forte, politico, antisegregazionista, al grande successo popolare.
norman jewison sidney poitier
Cresciuto, come John Frankenheimer, William Friedkin, Robert Altman, nelle serie televisive degli anni ’50 e primi ’60, esplose come uno dei grandi innovatori della New Hollywood alla fine degli anni ’60 e primi ’70, riuscendo a passare attraverso generi del tutto diversi, dal musical yiddish di “Il violinista sul tetto”, scelto dai produttori perché considerato ebreo dovette confessare subito che malgrado il nome “I am no jewish!”, al fantascientifico violento di “Rollerball”, dal film sindacale, “F.I.S.T.” al raffinato film di rapine, “Il caso Thomas Crown”, dal musical più innovativo e di maggior successo degli anni ’70, “Jesus Christ Superstar” con Ted Neeley, alla perfetta commedia italo-americana di “Stregata dalla luna” con Cher, che ci visne l’Oscar, e Nicolas Cage.
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I suoi film sono quasi sempre macchine perfette che lui riesce a controllare in ogni settore, pronto a collaborare con i migliori direttori della fotografia del mondo, Oswald Morris, Haskell Wexler, Sven Nykvist, i migliori scenografi, i migliori musicisti. Ma è tra i pochi in grado di dirigere al meglio qualsiasi tipo di star bizzosa e impossibile, da Judy Garland in tv a Steve McQueen, il più difficile di tutti, da Rod Steiger a Denzel Washington, da Al Pacino a Sylvester Stallone, da Michael Caine a Tilda Swinton a Toni Colette, a farli recitare in coppia ottenendo risultati di chimica favolosa tra personalità del tutto diverse, Cher e Nicolas Cage in “Stregata dalla luna”, un film che ho rivisto da poco, assolutamente perfetto, Steve McQueen e Faye Dunaway in “Il caso Thomas Crown”, rivedetevi la partita a scacchi supersexy, da Poitier e Steiger in Mr Tibbs.
norman jewison sul set di jesus christ super star
Si inventa un protagonista di musical ebreo come Topol, allora giovanissimo, in “Il violinista sul tetto”, ottiene il meglio da Meg Tilly in “Agnese di Dio”. Scrive oggi su Twitter Lee Grant, che lui riscoprì proprio in “la calda notte di Mister Tibbs”: Norman Jewison è un gigante e io sono in debito con lui. Mi ha restituito una carriera quando era finita e ero sulla blacklist di Hollywood. Dubito che ci sia stao un regista più versatile di lui prima o dopo. Un uomo dal grande cuore e dal vero unico talento. Non posso dire nulla che gli faccia davvero giustizia. Ma posso dirgli grazie”. Molti degli attori di Hollywood lo devono ringraziare per la cura che ha dimostrato nel dirigergli.
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Nato in Canada nel 1926, dopo aver studiato a Toronto, partito per la guerra e tornato, si butta in tv fin dai primi anni ’50, lavorando prima a Londra poi a New York, dove si mette in luce con “An Hour with Danny Kaye” e “The Judy Garland Show” nel 1962. E’ lì che lo scopre Tony Curtis e decide di portarlo a Hollywood come regista dei suoi film, anche se rimarrà produttore esecutivo dello show della Garland. Il suo esordio è proprio in una commedia Universal con Tony Curtis, Phil Silvers e Suzanne Pleshette, “20 chili di guai”, il primo film girato a Disneyland, nel 1963. Per la Universal dirige due commedie con Doris Day di successo, “Quel certo non so che”, dove Doris Day fa coppia con James Garner e “Non mandarmi fiori” dove fa coppia con Rock Hudson.
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Niente di eccezionale, ma davvero ben fatti e davvero ben scritti da Carl Reiner, geniale sceneggiatore e attore brillante della scena americana, che diventa amico e massimo collaboratore di Jewison. Lo troviamo poi in un'altra commedia, “L’arte di amare”, scritta da Reiner, con James Garner, Dick Van Dyke, Elke Sommer e Angie Dickinson. La svolta arriva con la fine del contratto che lo legava alla Universal e con la regia di “Cincinnati Kid”, un film basato su una celebre partita di poker con Steve McQueen che sfida Edward G. Robinson che era stato preparato e iniziato da Sam Peckinpah.
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Quando Peckinpah che avrebbe voluto fare un film più duro e politico in bianco e nero, si oppone a girare una scena di nudo, il produttore lo caccia e chiama al suo posto Norman Jewison. Caccia anche Sharon Tate e la sostituisce con Tuesday Weld. E Jewison dimostra che è adatto anche a altri generi di film. Ma il primo vero grande successo arriva proprio da una buffa commedia sulla guerra fredda, “Arivano i russi, arrivano i russi”, dove ritroviamo Carl Reiner sia attore che sceneggiatore, ma soprattutto un giova ne e favoloso Alan Arkin nel ruolo del comandante russo che sbarca in America, Eva Marie Saint, John Phillip Law.
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E’ una grande film comico che dà a Jewison il potere di girare un film che rivoluzionerà Hollywood come “La calda notte dell’ispettore Tibbs” con Sydney Poitier e Rod Steiger. Un film che non fu facile girare. Lo stesso Poitier aveva voluto che, benché ambientato in una cittadina del più profondo sud, la lavorazione fosse spostata in Illinois, al Nord, nella cittadina di Sparta. Ma per Hollywood e per il popolo afro-americano che lo avrebbe visto sarebbe stata una rivoluzione. Jewison era riuscito a far passare il tono del film, da giallo con schermaglie un po’ da commedia tra il poliziotto razzista di paese e il poliziotto istruito di città afro-americano, qualcosa di davvero mai visto e di drammaticamente attuale.
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Da lì passa, nel pieno 1968, a girare film del tutto diversi come il sofisticato “Il caso Thomas Crown” con Steve McQueen e Faye Dunaway o il mai arrivato da noi “Chicago, Chicago” con Beau Bridges, Melina Mercouri e Brian Keith, tratto dalle memorie giovanili di Ben Hecht a Chicago. Ottiene ancora di più con i due grandi musical che aprono gli anni ’70 e chiudono l’era del musical classico di Hollywood, cioè “Jesus Christ Superstar” e “Il violinista sul tetto”, successi internazionali che trovano in lui il giusto regista.
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Contemporaneamente lancia come produttore due suoi protetti, il montatore Hal Ashby, che fa esordire da regista con “Il padrone di casa”, e che diventerà un grande regista americano sulla sua stessa scia, e il canadese Ted Kotcheff, che gira al suo posto in Israele un curioso western innovativo, “Billy Two Hats” con Gregory Peck e Desi Arnaz Jr. Entrambi i film stravolgono stereotipi razzisti del cinema americano. Alla fine degli anni ’70, Jewison cambierà totalmente tipo di film, “Rollerball” con James Caan lo gira in Germania, poi verranno “F.I.S.T.” con Stallone come Jimmy Hoffa, “E giustizia per tutti” con Al Pacino, e “Amici come prima” con la coppia Burt-Reynolds Goldie Hawn.
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Negli anni ’80 procede alternando generi diversi, ma inserendo un film importante come “Storia di un soldato” con Howard Rollins Jr, la commedia drammatica “Agnese di Dio” con Jane Fonda, Anne Bancroft e Meg Tilly, quella comica “Stregata dalla luna” con Cher e Nicolas Cage. In realtà gira molto anche negli anni successivi, “I soldi degli altri” con Danny De Vito, Gregory peck e Penelope Ann Miller, “Only You” con Marisa Tomei e Robert Downey jr, “Bogus” con Whoopi Goldberg, “A cena da amici” con Dennis Quaid, Toni Colette, Andie McDowell, “Caccia all’uomo” con Michael Caine e Tilda Swinton.
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Che è poi il suo ultimo film. Non riesce però a girare “Malcolm X”, suo grande progetto, perché considerato troppo bianco per un biopic di nero. I tempi erano cambiati. Ma anche Spike Lee venne considerato sbagliato come regista dalle comunità nere. Solo nel 1999 Hollywood si è svegliata e ha dato a Jewison un premio alla carriera, l’Irving Thalberg Award.
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