1. SALVINI CONTRO TRIA LA LEGA NON VUOLE LA MAXI-MANOVRA
Alessandro Barbera per ''la Stampa''
GIOVANNI TRIA MATTEO SALVINI
«Se il ministro pensa di fare una manovra da robetta non sarà il nostro ministro». Cosa spinge Matteo Salvini ad attaccare Giovanni Tria in un caldo giovedì sera di luglio da un piccolo palco del varesotto, in quel di Golasecca? L' autunno è lontano, ed è presto per scommettere sullo scenario che attende il governo. La Finanziaria per il 2020 verrà giudicata da una Commissione che non c' è ancora - quella della signora Von der Leyen - e soprattutto non si conosce il nome di chi sostituirà Pierre Moscovici alla poltrona (cruciale) degli Affari monetari. Verrà da un Paese mediterraneo o nordico? Sarà più o meno rigido del precedessore francese? Salvini sa bene che molto dipenderà da questo, e in apparenza non avrebbe alcun motivo per alzare già la tensione con Tria, normalmente attento a non entrare in conflitto con il Carroccio.
matteo salvini giovanni tria 2
La ragione dell' attacco di Salvini è tutta politica, ma ha molto a che vedere coi numeri. Numeri dai quali - in ogni caso - il governo in autunno non potrà prescindere. Per capire di cosa stiamo parlando basta alzare il telefono e chiedere lumi a qualche funzionario del ministero di via XX settembre non ancora impegnato nelle ferie. A meno di non cambiare le norme in vigore, il primo gennaio dell' anno prossimo scatteranno aumenti Iva per la cifra monstre di ventritré miliardi di euro. Se a questi aggiungiamo il costo minimo delle misure cosiddette «indifferibili» - su tutte il rifinaziamento annuale delle missioni militari - la prossima legge di bilancio dovrà valere come minimo ventisei miliardi.
La manovra correttiva approvata di recente permetterà di risparmiarne - sempre nel 2020 - fra i tre e i quattro: nessuno lo sottolinea, ma questo è ciò che verrà garantito in automatico dalla norma blocca-spesa introdotta per reddito di cittadinanza e quota cento. Fra Tesoro e Ragioneria stanno preparando una lista di altri tagli, ma al momento le ipotesi percorribili valgono altrettanto: circa quattro miliardi di euro. Per farla breve: senza nessun aumento dell' imposta sui consumi, il governo giallo-verde si ritroverebbe sul groppone una Finanziaria che parte da diciotto miliardi. Chi conosce le stanze europee spiega che la nuova Commissione non avrà molti margini legali per aiutare l' Italia su questo. Se Roma cancellasse gli aumenti, significherebbe far salire il deficit fin quasi al limite del tre per cento, fra il 2,8 e il 2,9.
DI MAIO SULLA FLAT TAX A FEBBRAIO
Un tetto oltre il quale le agenzie di rating - a partire da Standard and Poor' s - deciderebbero il declassamento del debito italiano. Qualunque altro taglio delle tasse andrebbe finanziato con riduzioni di spesa o altre imposte. Ecco perché il Movimento Cinque Stelle - terrorizzato dalla minaccia delle urne - sta prendendo le difese di Tria e propone una riduzione delle tasse sul lavoro a carico delle imprese per quattro miliardi da finanziare con l' aiuto dell' Inps.
L' ipotesi - presentata ai sindacati due giorni fa - prevede di rinunciare al contributo obbligatorio delle aziende per il sussidio di disoccupazione. Il leader del Carroccio non ci sta, ed è di fronte alla domanda ferale: meglio le urne o il rischio di deludere le aspettative del Nord, a cui ormai ha promesso il taglio delle tasse? La via dello scontro con l' Europa è la più difficile, ma spiega l' editto di Golasecca.
- Twitter @alexbarbera
2. SBERLA A SALVINI, LA FLAT TAX NON PIACE ALLE PMI (E TRIA GODE) - UNIMPRESA SMONTA IL PROGETTO TANTO CARO AL CAPITANO
(AGI) - "Non abbiamo pregiudizi particolari verso alcuna forma di intervento in campo fiscale. Se si va nella direzione della flat tax, la strada va perseguita fino in fondo ovvero creando un sistema che 'appiattisca' realmente il quadro delle aliquote. Una ulteriore aliquota se, da un lato, favorisce i redditi piu' bassi, corre il rischio di rendere il sistema fiscale piu' complicato".
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Lo ha detto oggi il vicepresidente di Unimpresa, Andrea D'Angelo, nel corso dell'incontro a Palazzo Chigi tra il governo e le associazioni imprenditoriali. "A noi interessa - ha aggiunto - che la pressione fiscale, sulle imprese anzitutto, ma anche sulle famiglie, cali drasticamente e in tempi rapidi. Secondo i nostri calcoli, il totale delle entrate rispetto al prodotto interno lordo superera', nei prossimi anni, il 47%, mentre il rilancio dell'economia italiana passa attraverso un mix di interventi e, all'interno di questi, le misure fiscali sono imprescindibili. Per noi i due pilastri sono: semplificazione e riduzione del prelievo sui contribuenti".
Secondo il vicepresidente di Unimpresa "il quadro macroecomico non stabile (accanto a una prospettiva di crescita comunque piu' bassa rispetto alle attese dello scorso anno) rende complicata la definizione della prossima legge di bilancio. Le piccole e medie imprese italiane, in particolare, vivono una situazione assai incerta. E' essenziale ripristinare un clima di fiducia e, in questo senso, puo' e deve contribuire anche una stabilita' di governo che, al momento, non si vede. Il nostro livello di preoccupazione, che abbiamo l'occasione di esprimere per la prima volta in questa sede, e' altissimo".
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Sempre in materia fiscale, D'Angelo ha osservato che "le clausole di salvaguardia (parliamo di piu' di 23 miliardi complessivamente) corrono il rischio di rappresentare il colpo di grazia per l'economia italiana, ma L'incremento delle aliquote avrebbe inevitabili effetti sui prezzi finali di prodotti e servizi, con i consumi destinati a fiaccarsi sensibilmente. E' necessario intervenire - chiusa la pagina della cosiddetta pace fiscale con la rottamazione delle cartelle esattoriali - anche sul contenzioso: vanno ridotti i tempi, i costi e vanno semplificate le norme. Qualsiasi riduzione del carico fiscale impone l'individuazione di coperture finanziarie: la spending review e' la soluzione sulla quale insistere, non si e' mai fatto nulla di concreto per aggredire le sacche di sprechi nel bilancio pubblico".