Giuseppe Liturri per "la Verità"
Una frittata perfetta può dirsi tale solo se si è capaci di rivoltarla con la necessaria perizia.
GIUSEPPE CONTE PAOLO GENTILONI ROBERTO GUALTIERI
Stando ai commenti delle ultime ventiquattro ore, dobbiamo ammettere che il ministro dell' economia Roberto Gualtieri possiede senza dubbio questa virtù. Infatti, la frittata consiste nell' aver dato l' assenso politico, in occasione dell' Eurogruppo di lunedì, alla riforma del Mes, senza aver portato contemporaneamente a casa gli altri due pilastri del pacchetto: il Next generation Eu (che, nelle parole del ministro, dovrebbe sostituire il Bicc, precedente progetto di bilancio comune aggiuntivo a quello ordinario settennale) e la terza gamba dell' Unione bancaria, cioè la garanzia comune sui depositi.
La capacità di rivoltare la frittata sta nel sostenere che una eventuale opposizione alla definitiva adozione della riforma del Mes entro il 27 gennaio 2021, costituirebbe un ostacolo al varo del NgEu che è tuttora impelagato in una difficile trattativa tra Europarlamento, Consiglio e Commissione (il cosiddetto «Trilogo»).
Insomma, la logica di pacchetto rigirata al contrario.
GIOVANNI TRIA
Anziché essere l' Italia a condizionare l' approvazione della riforma del Mes al completamento del pacchetto - all' insegna del vecchio adagio negoziale «niente è concordato, finché non c' è accordo su tutto» - ora ci ritroviamo ad aver approvato la riforma del Mes e restare col piattino in mano sul resto, sperando nella benevolenza dei partner europei.
Resta solo da capire se questa «raffinata» tecnica negoziale sia frutto di semplice imperizia o non sia frutto del pervicace anteporre non meglio identificati interessi europei agli interessi dell' Italia. È colpa o dolo?
L' interpretazione autentica della definizione «logica di pacchetto» è quella fornita dall' ex ministro dell' economia del Conte 1, Giovanni Tria, in un' intervista al Sole 24 Ore del dicembre 2019, quindi in tempi non sospetti. Tria scrisse testualmente che «in altri termini si richiedeva che l' accordo finale dovesse riguardare il "pacchetto" nel suo insieme». E questo il presidente Giuseppe Conte lo sa bene, perché lui c' era, sia pure alla guida di un altro governo.
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
A dettare la linea ci aveva già pensato lunedì mattina Gualtieri in audizione parlamentare, evidenziando che un' eventuale opposizione alla riforma avrebbe creato malumori a Bruxelles e sui mercati. Dopo due giorni - in cui abbiamo assistito, in sequenza, al compattamento delle opposizioni sul rifiuto della riforma ed all' avanzare di una consistente fronda interna al M5s - il ministro è tornato ieri sul punto dichiarando che «è fiducioso che anche questo passaggio delicato e difficile sarà superato. Dopo approfondito esame, l' Italia farà sua parte. Se stigmatizziamo veto improprio di un paio di Paesi su Recovery plan, sarebbe davvero paradossale che l' Italia facesse stessa cosa».
Sulla stessa linea, qualche giorno fa, anche il senatore a vita Mario Monti, che ha sottolineato l' inopportunità di opporsi al Mes perché «legittimerebbe l' uso stesso del diritto di veto», rafforzando la posizione di Polonia e Ungheria, che hanno minacciato di farne uso, e quindi allontanando la conclusione del negoziato.
Inoltre, tali Paesi aumenterebbero ancor più il loro potere negoziale, sapendo di aver nelle mani la chiave per sbloccare quei fondi tanto agognati dall' Italia. Allora, secondo Monti, per avere il NgEu non dobbiamo opporci alla riforma del Mes.
giuseppe conte vincenzo amendola
Insomma, siamo finiti sotto ricatto come l' ultimo staterello della Ue: non votate la riforma del Mes? Niente NgEu. La debolezza della posizione negoziale dell' Italia e la sintetica descrizione del passaggio critico che stanno affrontando le trattative sul NgEu è ben descritta dalle parole pronunciate in televisione ieri mattina dal ministro degli Affari Europei Vincenzo Amendola: «Finché non cadrà il veto di Polonia e Ungheria sarà difficile avere il cronoprogramma sul Recovery fund».
Allora da ieri è partita una duplice imponente offensiva mediatica sia sul fronte interno che quello esterno. In Italia, ieri è stata la giornata degli editoriali colmi di messaggi che avrebbero fatto impallidire don Vito Corleone. «Pizzini» rivolti a Forza Italia e al M5s, mirati a suggerire un ripensamento dell' opposizione manifestata alla riforma del Mes, in preparazione del dibattito parlamentare del 9 dicembre. Il premier, in conferenza stampa, ha provato maldestramente a smorzare i toni, dicendo che in Aula non si voterà per attivare il Mes, e che la maggioranza «c' è e ci sarà».
karima moual enzo amendola
Parole gravi, perché quello del 9 è l' unico e ultimo appuntamento in cui il Parlamento potrà dare indirizzo al governo.
Poi sarà tardi.
E infatti sull' intreccio Recovery fund - Mes all' estero hanno alzano i toni Bloomberg e Financial Times, che ieri offrivano un ampio panorama delle conseguenze cui Polonia e Ungheria andrebbero incontro qualora resistessero sulle loro posizioni di rifiuto di un regolamento che con lo Stato di diritto non c' entra nulla, peraltro imposto a maggioranza qualificata, a cui quei Paesi hanno reagito ponendo il veto sul bilancio 2021-2027.
Si passa dall'«opzione nucleare» costituita dal varo di un NgEu a 25 Paesi, escludendo i due reprobi, che costituirebbe forse la fine della Ue a 27, per finire alla minaccia di far partire il bilancio 2021 in forma provvisoria (per dodicesimi), tagliando molti dei fondi tanto cari a Varsavia e Budapest.
viktor orban
Più tardano e più rischiamo di ritrovarci a fare affidamento solo sui prestiti «tossici» del Mes riformato.
viktor orban ursula von der leyen 1