Franca Giansoldati per “il Messaggero”
papa francesco
Nessun italiano, così come nessun nuovo cardinale di curia. L'annuncio fatto a sorpresa ieri, a mezzogiorno dal Palazzo Apostolico, è un condensato della geopolitica ecclesiastica di Papa Francesco. Sfuggire agli schemi, far coincidere le traiettorie delle Chiese locali con la politica internazionale, dove la filosofia dell'integrazione è la chiave per interpretare il cammino. Francesco, fedele alla linea che sta portando avanti da quando è stato eletto, non dà nulla per scontato e sta modellando un Collegio Cardinalizio sempre più espressione dell'universalità della Chiesa e vicino alla sua visione del mondo.
Juan Jose Omella
I NUOVI CARDINALI
Ormai i cardinali che ha creato personalmente in questi 4 anni, spesso degli outsider, persino sconosciuti ai più, stanno superando numericamente quelli creati dal suo precedessore Benedetto XVI. 49 a 51. La Chiesa di periferia, un po' destrutturata e un po' di base, avanza. Il 28 giugno, festa di San Pietro e Paolo, Papa Bergoglio metterà la berretta rossa a cinque cardinali. Anche stavolta pare che la lista la abbia stilata personalmente, senza consultarsi con nessuno dei suoi più stretti collaboratori, ascoltando solo il suo cuore.
Jean Zerbo
La prima sorpresa relativa all'annuncio arriva dalla Spagna: si tratta di Juan Josè Omella il vicario della diocesi di Barcellona, poi Jean Zerbo, un vescovo del Mali che si è sempre interessato di integrazione e di dialogo con i musulmani, in un Paese cerniera, attraversato da fondamentalismi. La lista include il vescovo svedese, Anders Arborelius, Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun del Laos e l'ausiliare della diocesi di San Salvador, Gregorio Rosa Chávez, uno degli artefici dell'accordo di pace raggiunto nel 1992.
Anders Arborelius
Il mese scorso, dopo il raggiungimento degli 80 anni del cardinale Sistach, di Barcellona, gli elettori erano scesi a quota 116. Occorreva livellare il numero e arrivare a 120, cosa che Francesco ha fatto con una certa solerzia, senza aspettare di avere più posti per accontentare città cardinalizie che sono in attesa di un cardinale, come per esempio, Palermo, Bologna, Venezia.
Anche se, man mano che passa il tempo, appare sempre più chiaro che il Papa argentino privilegia le periferie del mondo piuttosto che luoghi di rango, inseriti nella tradizione. Come se Francesco volesse fare capire ai cattolici di tutto il mondo che è tempo di cambiare, che i vecchi schemi renderebbero la lettura del mondo odierno praticamente impossibile, viste le contraddizioni, gli orizzonti mutati, l'osmosi delle dinamiche culturali in corso.
«Desidero annunciare che mercoledì 28 giugno terrò un Concistoro per la nomina di cinque nuovi Cardinali. La loro provenienza da diverse parti del mondo manifesta la cattolicità della Chiesa diffusa su tutta la terra e l'assegnazione di un titolo o di una diaconia nell'Urbe esprime l'appartenenza dei Cardinali alla diocesi di Roma che, secondo la nota espressione di S. Ignazio, presiede alla carità di tutte le Chiese».
Gregorio Rosa Chavez
LA SCELTA DI TRE NOMI
Lo stesso vento di novità ha investito la Cei. Francesco ha definitivamente archiviato la prassi della nomina del presidente, un privilegio che era riservato solo per l'episcopato italiano, visto che tutte le altre conferenze eleggono il proprio vertice. Da stamattina fino a mercoledì oltre 200 vescovi italiani si riuniscono in Vaticano per scegliere una terna di nomi. Bagnasco va in pensione e Bergoglio ha chiesto a tutti di non dare vita a cordate, eppure dietro le quinte le preferenze legate a vecchi schemi sembrano ancora sopravvivere.
Louis Marie Ling Mangkhanekhoun
I vescovi per la prima volta dovranno eleggere tre nomi da sottoporre al Papa, al quale spetta il compito di scegliere (o, eventualmente, accantonare le proposte). Diversi nomi si profilano già all'orizzonte per credibilità e spessore: Bassetti di Perugia, Zuppi di Bologna, Santoro di Taranto, Meini di Fiesole. Di questi tempi però è impossibile fare previsioni. L'outsider è sempre dietro l'angolo.