Michela Murgia per “La Stampa”
MICHELA MURGIA
Giorgia Meloni non ritira la querela contro Roberto Saviano perché - dice - quando l'ha fatta non era ancora la presidente del Consiglio. Sostiene che non sia un problema esserlo ora, perché i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. Non è vero.
Chi ricopre un ruolo elettivo in Parlamento non è un comune cittadino davanti alla magistratura, altrimenti non sarebbe necessario richiedere tutt' ora l'autorizzazione a procedere nel caso di perquisizioni o arresti di deputati e senatori. L'idea che qualcuno possa usare lo strumento penale per perseguitare un parlamentare è ancora presente nel nostro ordinamento, mentre non esiste alcuno strumento che possa impedire a un politico di usare le querele per intimidire chi lo critica.
GIORGIA MELONI
Meloni sa benissimo che se io oggi denunciassi la presidente del Consiglio perché ritengo mi abbia attaccata con troppa veemenza, la magistratura non potrebbe procedere nei suoi confronti con la stessa libertà che avrebbe se fosse la presidente del Consiglio a denunciare me. Le nostre rispettive libertà - quella di azione e quella di critica - non sono a rischio in modo equo, perché nessuno potrebbe difendersi con gli stessi strumenti economici, mediatici e di influenza politica di un capo di governo.
ROBERTO SAVIANO GIORGIA MELONI
Qualunque cosa le piaccia raccontare ai giornali compiacenti, è come presidente del Consiglio che Meloni sta portando Saviano in tribunale. Perché non la si può considerare una questione privata e la stampa internazionale - a differenza di quella locale - la racconta con incredulità? Perché è a rischio la tutela della libertà di opinione e di critica politica, che serve proprio a proteggere quelli che sarebbero considerati eccessi se rivolti a qualcuno che politico non è. Dire ladra a me per odio personale è diffamazione, ma dare del ladro al capo di un partito che ha disperso 49 milioni di soldi pubblici è critica politica, anche se lui personalmente non ha rubato niente.
michela murgia
La tragedia del Vajont, in cui morirono 1910 persone, i giornali ancora cinquant' anni dopo la chiamavano "genocidio firmato DC" e a nessuno dei parlamentari di quel partito saltò mai in mente di denunciare i giornalisti per avergli dato degli assassini, perché avevano tutti ancora chiara la distinzione tra colpa e responsabilità. Si può non avere la colpa personale di un fatto e averne al contempo la piena responsabilità politica, perché si è generato il clima in cui quel fatto si è verificato.
Chi ha fomentato l'intolleranza verso i migranti, chi li ha dipinti come un problema da risolvere respingendoli in mare o nei lager libici, chi ha stretto patti con i loro torturatori, chi li ha definiti invasori e terroristi, chi ha chiamato le navi umanitarie taxi del mare e gridato alla sostituzione etnica, può non avere la colpa diretta di quelle morti, ma di sicuro ne ha la responsabilità politica.
ROBERTO SAVIANO MASSIMO GIANNINI AL TRIBUNALE DI ROMA
È a quella responsabilità che Roberto Saviano ha chiamato lei e Salvini gridando quel «Bastardi, come avete potuto?» davanti al corpo morto di un bambino di quattro anni. A quella responsabilità decine di cittadini e cittadine, continuano a richiamarvi anche oggi e per questo non si può chiedere scusa.
Vorrei che Giorgia Meloni avesse lo stesso coraggio intellettuale e politico di Roberto Saviano e che, come presidente del Consiglio, rivendicasse le stesse posizioni sull'immigrazione che ha espresso da capa dell'opposizione nello studio di Ballarò nel febbraio del 2015. Quella sera l'allora sottosegretario alla presidenza dei ministri Gozi le chiedeva: «Ma come li rimandi indietro? Li fai affogare tutti? Li ammazzi tutti?». E lei rispondeva con furia: «Sì, esattamente! Difendi il popolo che rappresenti». La rivendichi anche lei in tribunale quella frase. Vedremo se suonerà meglio sentirgliela dire come donna, come madre, come cristiana, come capa dell'opposizione o come presidente del Consiglio.
MICHELA MURGIA