Lorenzo Bertocchi per “la Verità”
il patriarca kirill
Mercoledì il patriarca di Mosca Kirill, il capo della Chiesa ortodossa russa, ha avuto due colloqui importanti. Presso la residenza del monastero Danilov ha incontrato il nunzio apostolico presso la Federazione Russa, monsignor Giovanni D'Aniello, e poi l'ambasciatore della Cina, Zhang Hanhui. Russia, Vaticano e Pechino, è il triangolo inatteso che potrebbe aprire la via diplomatica per la questione della crisi Ucraina, per cui papa Francesco ha già speso parole nette di pace, senza però mai stigmatizzare frontalmente l'atto militare di Putin.
giovanni daniello patriarca kirill
La via stretta di Francesco per cercare di tenere aperto un canale con il patriarcato di Mosca, è stato in qualche modo attestato dal comunicato diffuso dallo stesso patriarcato. Kirill ha espresso apprezzamento per «la posizione moderata e saggia della Santa Sede su molte questioni internazionali». E ha aggiunto: «È molto importante che le Chiese cristiane, comprese le nostre Chiese, non diventino, volontariamente o involontariamente, a volte senza alcuna volontà, partecipanti a quelle tendenze complesse, contraddittorie e in lotta tra loro che sono oggi presenti nell'agenda mondiale».
zhang hanhu
È chiaro che dentro queste parole del patriarca ci sono le questioni che dal punto di vista russo fanno in qualche modo da movente per l'azione militare messa in campo da Putin. Ma nella dichiarazione del patriarcato che ha seguito l'incontro con il nunzio D'Aniello si legge anche: «stiamo cercando di assumere una posizione di mantenimento della pace, anche di fronte ai conflitti esistenti. Perché la Chiesa non può partecipare al conflitto, può solo essere una forza pacificatrice».
È questa la forza su cui la Santa Sede sta cercano di far leva, per tentare di portare Kirill a far pressione su Putin per fermare le armi. Non è un segreto se questa azione militare russa ha anche un retroterra religioso, come scriveva già Samuel Huntington nel suo celebre Lo scontro delle civiltà, «le repubbliche ortodosse dell'ex Unione sovietica sono di importanza fondamentale per lo sviluppo di un blocco russo coeso nell'arena euroasiatica e mondiale».
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Proprio Kirill domenica scorsa ha detto che «il Signore protegga dalla guerra fratricida i popoli che fanno parte dello stesso spazio, quello della Chiesa ortodossa russa. Non diamo a potenze esterne oscure e ostili l'opportunità di prenderci in giro». La via religiosa alla diplomazia cerca quindi di portare il patriarca a sfoderare la sua «forza pacificatrice», mettendo di lato gli interessi storico-culturali e quell'odore di cesaropapismo che a volte capita di sentire nel mondo ortodosso.
Ma l'epicentro dello scontro nel mondo delle chiese ortodosse è tra Mosca e Costantinopoli, dopo che il patriarca ecumenico Bartolomeo I nel 2019 ha concesso l'autocefalia, una sorta di indipendenza, alla Chiesa ortodossa di Kiev. L'autocefalia è stato considerata da Mosca come un affronto eterodiretto del mondo occidentale dentro le cose sacre e sante della terra russa, e non a caso proprio ieri il patriarca ecumenico Bartolomeo ha dichiarato di essere «diventato un bersaglio».
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Il passo diplomatico di Francesco, l'unico sul campo che potrebbe avere uno sguardo davvero terzo, sembra rifarsi ai vincoli spirituali tra i popoli russo e ucraino. E nello stesso tempo sembra sufficientemente in grado di tenere aperta una porta per una soluzione politica al conflitto che non segua uno schema manicheo, ma capace di offrire una prospettiva nuova per la convivenza tra i popoli in quelle terre.
Qui potrebbe rivelarsi interessante anche il ruolo giocato dalla Cina, che ieri appunto ha incontrato Kirill con il suo ambasciatore in Russia. Pechino non ha troppe distanze da Mosca sul giudizio verso l'attuale ordine mondiale, ma dal punto di vista economico ha tutto l'interesse a ritagliarsi un ruolo di mediazione.
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Mosca, Vaticano e Cina, lo strano triangolo sembra capace di aprire una via diplomatica per la soluzione del conflitto ucraino. In un suo tweet di ieri pomeriggio papa Francesco ha detto che sono «le armi spirituali» che possono cambiare la storia. Ma accanto a queste ci sono anche gli uomini del Papa, sparsi nelle nunziature in giro per il mondo. Giulio Andreotti nel 2002 rivolgendosi ai diplomatici della Santa Sede, disse che «il Papa ha i suoi uomini presenti quasi ovunque. L'auspicio - e la nostra preghiera a Dio - è che nell'interesse non solo della Chiesa questo quasi possa al più presto scomparire».
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