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    COME SI FA A DIVENTARE MEGLIO DEL CAV? STUDIANDOLO! -DOPO LA TELEVENDITA DI MATTEUCCIO, MEZZO PD ESULTA: ‘ABBIAMO IL NOSTRO SILVIO’ - I RENZIANI SVELANO IL TRUCCO: ‘’FACEVAMO I CORSI SUL DISCORSO DI BERLUSCONI DEL ‘94’’


     
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    Franco Bechis per ‘Libero Quotidiano'

    La performance di Matteo Renzi e le sue diapositive a palazzo Chigi hanno avuto un effetto choc soprattutto sul suo partito. Certo, storce il naso la vecchia guardia del Pd, ma dopo averlo visto mercoledì parlare a raffica e vendersi perfino nel dettaglio provvedimenti di legge di cui manco esisteva una riga, sulla bocca di molti parlamentari è esploso uno slogan impensabile fino a qualche mese fa:«Abbiamo il nostro Silvio Berlusconi! ».

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    Lo spiega in parole povere una che non fa parte della prima fila del nuovo gruppo dirigente, come l'ex portavoce di Pierluigi Bersani: «A me è piaciuto tantissimo», dice Alessandra Moretti, «era evidente una straordinaria capacità di parlare alla gente più che ai tecnici della politica. Una caratteristica che nessun leader di sinistra ha mai avuto. In questo sì ricorda Silvio Berlusconi, che era una grandissimo comunicatore ».

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    L'analisi è condivisa anche da un serio professorone che poco ama Renzi, come Arturo Parisi, ieri fermatosi a fare due chiacchiere in un corridoio laterale di Montecitorio con un gruppetto di giornalisti. Si capisce che lo stile sia assai lontano da quello del professore del Mulino amico di Romano Prodi, eppure Parisi comprende bene come sia la forza di Renzi quel «parlare direttamente alla gente», scavalcando il corpaccione della burocrazia. Non pochi riconoscono in quello stile il primissimo Berlusconi, e certo ne temono anche l'epilogo.

    Rivela Elisa Simoni, deputata fiorentina che fu assessore di Renzi alla sua prima esperienza in provincia di Firenze (si dimise e alle ultime primarie appoggiava Gianni Cuperlo): «Ieri mi ha ricordato il Matteo di quei tempi. Sa, allora ci facevano studiare proprio il primo discorso di Berlusconi che scendeva in politica. Anche il master di scienza della comunicazione era centrato su quello stile politico. Però si sta vedendo un passo in avanti: Renzi ha detto cose di sinistra usando lo stile di comunicazione tipico del centro destra, con il risultato di essere semplice e comprensibile per tutti. Sono convintissima che questo sarà il modello di comunicazione politica da studiare nei prossimi anni».

    Pierluigi BersaniPierluigi Bersani

    Quel che si è visto ricorda lo stile Berlusconi anche a un politico nato nella Dc e dal lungo curriculum come Enrico Gasbarra: «Ehi, piano con il vecchio politico... in fondo sono diventato presidente della provincia di Roma più o meno quando Matteo ha avuto la stessa carica a Firenze. Comunque è vero, questa efficacia comunicativa non si era mai vista a sinistra. Ed è un bel guanto di sfida al vecchio corpaccione dello Stato».

    ALESSANDRA MORETTIALESSANDRA MORETTI

    Certo, il timore è che la comunicazione non sia arma sufficiente contro gli apparati pubblici, che non mancano certo di potenza, e nel capannello che discute con Parisi affiora più di un dubbio sulla resistenza che verrà dal ministero dell'Economia, dalla ragioneria generale dello Stato e dal Quirinale. Renzi ha cercato di mettere tutti con le spalle al muro facendo approvare la sua diapositiva- legge e poi dicendo alla struttura: «Adesso dovete realizzarla perché ormai l'ho annunciata e fatta deliberare dal consiglio dei ministri». Il segnale arrivato ieri dalla Bce con lo schiaffone all'Italia potrebbe essere la prima risposta ufficiale.

    arturo parisiarturo parisi cuperlo alla direzione pdcuperlo alla direzione pd

    Ma non se ne preoccupa uno dei tecnici di Renzi, il consigliere economico Yoram Gutgeld: «Non c'è solo comunicazione», assicura lui, «quella annunciato ieri è sostanza. Le coperture ci sono, e verranno dettagliate. Poi, è vero, in un certo senso si useranno anche quelle del ciclo macroeconomico come è già accaduto in passato. Non credo ci saranno problemi con alcun tipo di controllo né nazionale né fuori dai confini nazionali».

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