Roberto Saviano per www.corriere.it
foto di famiglia di eduardo scarpetta
Quella che vedete è una foto di famiglia: la famiglia Scarpetta. Eppure, i bambini ritratti non hanno il cognome del padre; questo perché erano figli illegittimi. Tra i bambini, se ci fate caso - ma solo se siete tra i loro cultori - potreste riconoscere Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, figli illegittimi del genio Eduardo Scarpetta, che chiamarono zio per tutta la vita.
Mario Martone ha il coraggio di investire tempo e impegno in storie che nessuno definirebbe di mercato: un film sul Risorgimento (Noi credevamo, 2010), uno su Giacomo Leopardi (Il giovane favoloso, 2014), uno sulla comune di artisti a Capri alla vigilia della Prima Guerra Mondiale (Capri Revolution, 2018) e adesso Scarpetta.
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IL FILM DI MARIO MARTONE SUL GENIO DI “MISERIA E NOBILTÀ” ACCUSA IL NUCLEO MONOGAMICO E INSIEME DENUNCIA LA CONDIZIONE DELLE DONNE PIÙ POVERE
Il mondo di piattaforme e algoritmi avrebbe certo da ridire: a chi interessano queste vicende morte e rimaste nelle antologie di scuola? Ammiro ogni volta il suo coraggio nello scegliere queste storie e infatti me le godo.
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Qui, il film è il racconto di un uomo, Eduardo Scarpetta, un genio che con l’incasso di una sola opera, Miseria e nobiltà, guadagnò quanto oggi ammonterebbe a circa 5 milioni di euro (con una sola opera!).
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Fece questa fortuna perché rese il teatro indispensabile: per ridere, riconoscersi, capire. Il film racconta anche un altro Scarpetta: quello che aveva relazioni con tutte le donne a cui voleva bene o di cui si invaghiva, e dalle quali ebbe molti figli.
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Vincenzo gli venne da sua moglie, Rosa De Filippo, a sua volta già madre di Domenico, frutto di una liaison con Vittorio Emanuele II. Ebbe una relazione con la sorellastra di sua moglie, Anna, da cui nacquero Eduardo, Pasquale e probabilmente il padre di Roberto Murolo (genio della musica napoletana), Ernesto. Dalla relazione con Luisa De Filippo, nipote di sua moglie, vennero Eduardo, Titina e Peppino. E ancora altri.
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Il racconto di questa smodata passione erotica è anche una smodata voglia di famiglia e di bene, una famiglia che soffre anche, per il suo essere diversa, ma che in qualche modo riesce a trovare un equilibrio.
Il film a tratti sembra essere da un lato un’accusa all’insopportabile famiglia monogamica, dall’altro una denuncia alla violenta condizione delle donne più povere, che non avevano altra possibilità se non legarsi a chi aveva il potere di toglierle dalla miseria.
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Si ha la sensazione che Scarpetta seducesse perché brillante, geniale, ma anche perché la ricchezza, forse, gli permetteva di comprare la miseria delle persone. Scarpetta emerge come una personalità dal talento incontenibile tanto pronta ad ascoltare il pubblico quanto sorda ai richiami dei potenti. Si racconta dell’odio per il suo successo dei colleghi Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Ferdinando Russo.
L’odio emerse chiaro quando Gabriele D’Annunzio fece causa a Scarpettta contro la parodia di un suo spettacolo teatrale, La figlia di Iorio. Il Figlio di Iorio, così Scarpetta intitolò la parodia, prendeva per il culo tutto il tono dannunziano. D’Annunzio aveva prima autorizzato e poi, sotto la pressione politica, denunciato Scarpetta.
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Pare, come raccontato nel film, che allora l’unico alleato di Scarpetta sia stato Benedetto Croce, che argomentò che la parodia non è plagiare né infangare un’opera: al contrario, è riscriverla, celebrarla, capovolgerla. La sentenza di non luogo a procedere decretò il diritto di parodia, introducendo grazie al tribunale di Napoli una nuova forma di libertà.
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NEL GENIO DEL COMMEDIOGRAFO C’ERANO TRACOTANZA E GENEROSITÀ, AMORE E INDIFFERENZA: IN UNA PAROLA, NAPOLI
Questo film mostra abilmente che si è soli, sempre, anche con una numerosa e travagliata famiglia, anche aiutando e carezzando i propri colleghi. Il successo non è mai perdonato: rovescia la realtà secondo un’antica legge degli uomini, accusando la bravura di superbia e arroganza, il successo di ambizione, la seduzione di depravazione.
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Scarpetta non poteva che avere su di sé quest’odio, che è da sempre dell’uomo eccezionale. Alla fine, quello che Scarpetta aveva fatto a Pulcinella, rendendo la maschera nei teatri non più brillante e di successo, sarà reso a lui e al suo Felice Sciosciammocca, protagonista di diverse commedie esilaranti che però verranno rese celebri ovunque da Eduardo e Totò.
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Il cinema distrugge la potenza economica e politica del teatro, i giovani distruggono i vecchi. L’eterna legge spietata dell’arte, della storia, della politica, non risparmia nemmeno un genio, pieno di tracotanza e generosità, amore e indifferenza, egocentrismo, narcisismo, solidarietà, slancio: l’espressione della Napoli eterna.
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