Tommaso Fregatti e Marco Grasso per www.ilsecoloxix.it
PONTE MORANDI GENOVA
Omissioni, amnesie, contraddizioni. Non è passato nemmeno un mese dal crollo del Ponte Morandi e dalla morte di 43 persone, eppure c' è chi - fra i primi testimoni sentiti, legati ad Autostrade per l' Italia e alle società che vi gravitavano intorno - ha già dimenticato chi fossero gli interlocutori con cui aveva parlato della situazione del Ponte Morandi, il contenuto di conversazioni avvenute quel giorno e chi addirittura prende le distanze da testi scritti e partiti dal proprio indirizzo email. Un atteggiamento ritenuto dagli inquirenti «poco collaborativo», in alcuni casi, che potrebbe complicare la posizione di determinate figure, che da testimoni potrebbero diventare indagate.
galatà
L' ultima audizione è andata in scena ieri mattina. Il pubblico ministero Massimo Terrile ha sentito per due ore e mezza Antonino Galatà, amministratore delegato di Spea Engeneering, società controllata di Autostrade incaricata di eseguire ispezioni, monitoraggi e controlli. «Io mi sono sempre fidato di quanto mi dicevano i miei tecnici- ha spiegato il manager al magistrato - non avevo elementi per dubitare del loro lavoro. Sono addolorato per quanto accaduto, ma nessuno mi ha segnalato che la situazione fosse così grave».
PONTE MORANDI FOTO PELLIZZA FLICKR
Dopo il colloquio, Galatà a cui sono stati sequestrati telefoni e tablet, ha risposto ad alcune domande dei giornalisti in modo laconico: «Abbiamo chiarito soprattutto quali fossero i compiti di Spea». La convinzione che si sta facendo strada tra gli investigatori - i militari del Primo Gruppo delle Fiam me Gialle di Genova, coordinati dal colonnello Ivan Bixioè che nella vicenda di Ponte Morandi ci sia un divario importante fra le comunicazioni ufficiali e quelle informali: come se nelle prime le criticità del viadotto fossero "ammorbidite".
Nei giorni scorsi erano state sentite altre tre persone. La prima è una funzionaria di Autostrade: una figura molto importante, pervia di un messaggio rintracciato durante iprimi screening della corrispondenza interna dell' azienda; la comunicazione risale al febbraio di quest' anno e riguardava proprio il deterioramento della struttura. Interrogata sul contenuto di quei testi, a mesi di distanza, la testimone ha detto di non ricordare molti particolari riguardanti quegli scambi.
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
Scaricabarile tra Cesi e Aspi Successivamente sono state sentite altre due figure, al centro di quello che al momento è un giallo: la notte della strage, viene registrato un fitto scambio di comunicazioni fra Autostrade e Cesi Ismes, società di consulenza che aveva firmato un report molto critico sulla salute di Ponte Morandi.
Uno studio datato 2015, in cui gli esperti consigliavano alla concessionaria di aumentare i controlli, attraverso «un monitoraggio costante, statico e dinamico». La sera del 14 agosto, tuttavia, Autostrade si fa rimandare il report, che viene accompagnato da un' email apparentemente in contraddizione con le conclusioni raggiunte nel 2015: l' autrice, Chiara Murano, area manager della società di consulenza, rimarca come per Cesi le cause del crollo non siano imputabili a carenza di manutenzione, ma a «vizi originali della struttura».
ponte morandi
Come si spiega quella giustificazione? E in che contesto viene fornita? Ascoltata dai finanzieri, Murano non ha saputo fornire molte spiegazioni.
Ma nelle scorse ore è stato proprio il Gruppo Cesi a prendere le distanze da quello scritto: «La nostra società non poteva valutare la stabilità del ponte.
Qualsiasi dichiarazione che dovesse contraddire quanto appena affermato non rappresenta la nostra posizione ufficiale». Il quarto testimone sentito è Enrico Valeri, funzionario di Autostrade e destinatario di quell' email: «Quella missiva per noi aveva importanza pari a zero». Una dichiarazione smentita, però, il giorno dopo da Autostrade.
Nel frattempo è stata fissata l' udienza per discutere l' incidente probatorio legato alla demolizione dei monconi del ponte: si terrà il 24 settembre.
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