Giacomo Amadori e Fabio Amendolara per “la Verità”
MATTEO RENZI TIZIANO
Il presunto 'ndranghetista Giuseppe Benincasa, detto Pino, sabato scorso è stato sentito nel carcere di Perugia dal gip Lidia Brutti. L' interrogatorio è durato sei ore e l' uomo ha parlato anche della famiglia Renzi. Benincasa nel 2002 è stato arrestato e tenuto in carcere per un anno con l'accusa di associazione di stampo mafioso. «Ma nel 2019 è stato assolto» sottolinea l' avvocato Antonio Cozza di Perugia. Nel 2008 Benincasa è finito di nuovo in manette con la stessa accusa, ma undici anni dopo è solo stata fissata la prima udienza.
Adesso è arrivato il terzo arresto, questa volta nell' ambito di un' inchiesta sulle infiltrazioni 'ndranghetiste in Umbria. «Dopo l' arresto del 2008, visto che lavorava nel campo dell' edilizia, il mio assistito ha reciso ogni tipo di contatto con persone a rischio e ha cambiato settore», continua l' avvocato. È entrato in quello dei trasporti, diventando fornitore di una grossa azienda di Milano, la So.ge.tras.
Antonio Cozza
Ma quando questa è andata in crisi era creditore di 300.000 euro. A questo punto la So.ge.tras. ha ceduto un ramo d' azienda alla Sgt, che avrebbe dovuto liquidare Benincasa. Ma anche la Sgt è andata in difficoltà. E allora per salvare i propri soldi Benincasa ha pensato di dare nuova linfa all' azienda grazie a una ricapitalizzazione.
Adesso i pm calabresi contestano i bonifici che nel luglio del 2018 vennero emessi in serie per la scalata. Addirittura in un giorno ne furono effettuati 12, transazioni che hanno insospettito chi indaga. I magistrati infatti contestano al sodalizio di stampo mafioso al cui vertice si troverebbe Benincasa di aver costituito società cartiere intestate a prestanomi nullatenenti al fine di realizzare condotte criminali di natura tributaria e finanziaria.
tiziano renzi e laura bovoli
Ma nel verbale sintetico dell' interrogatorio di sabato l' arrestato respinge le accuse e giura che dietro a quelle operazioni non ci sarebbe stato nessun intento «distrattivo»: «Evidenzio che i bonifici del 5 e del 6 luglio provenivano solamente da società a me riconducibili e alla mia famiglia, non a terzi. La somma fu raccolta in tutta fretta perché l' operazione che riguardava la scalata della Sgt doveva essere supportata dai finanziatori fiorentini di cui si fa riferimento nella richiesta di arresto, che all' ultimo momento vennero meno».
Insomma se ha dovuto fare quelle operazioni sospette, che lo hanno messo sotto la lente degli investigatori, la colpa è della famiglia Renzi, i «fiorentini» o «bisteccari». «Se i soldi promessi dai finanziatori fossero arrivati il mio cliente non avrebbe dovuto inviare quei bonifici» continua Cozza. «I fiorentini, che poi sarebbero Conticini & company, operano anche loro nel settore dei trasporti e della distribuzione volantini e sono stati loro a contattare Benincasa.
LAURA BOVOLI E TIZIANO RENZI
Il quale, a quel punto, pur non avendo le risorse per acquisire la maggioranza della Sgt, ha cercato di farlo in tutti i modi perché sapeva che c' era questo socio che era disponibile a fare l' investimento». Quale socio? «I fiorentini. Il problema è che dalla sera alla mattina sono scomparsi e non hanno neanche più risposto al telefono». E perché lo avrebbero fatto? «Arrivati a un certo punto questi sono spariti probabilmente perché erano venuti a sapere di essere stati attenzionati, c' erano stati provvedimenti». In effetti in quel periodo c' erano state delle perquisizioni nella sede della Marmodiv, riconducibile, secondo i pm, agli stessi Renzi, azienda che poi sarebbe fallita.
Ma con chi ha trattato Benincasa? «Lui dice di aver avuto un incontro con un certo Massone» ricorda il difensore. Ovvero uno dei collaboratori storici dei Renzi, già arrestato con Tiziano e la moglie Laura lo scorso febbraio, con l' accusa di bancarotta. E adesso pure indagato nell' inchiesta delle Dda di Catanzaro e Reggio Calabria. Ma Benincasa non avrebbe trattato con il solo Massone. «Lui dice di aver incontrato una volta anche il papà di Renzi, ma l' operazione in generale è stata seguita da Paolo Menicucci (altro indagato, ndr)» ci informa Cozza. E Menicucci avrebbe incontrato Conticini. Ma con La Verità l' indagato nega tutto: «Io non conosco nessuno, sono solo un gommista».
LAURA BOVOLI MAMMA MATTEO RENZI
L' avvocato di Benincasa prosegue il suo discorso sui «fiorentini»: «Sono stati loro a chiedere di era un affare appetibile nel settore dove si è sparsa la voce di questa possibilità... non sono stati i miei clienti a contattare loro... hanno ricevuto la telefonata e più felice di Benincasa e degli amministratori di Bm in quel momento non c' era nessuno...». Ma poi è saltato tutto. «All' improvviso, come ho già detto, questi sono spariti e non hanno più risposto al telefono... ma ormai il meccanismo si era attivato e Benincasa non si è più potuto tirare indietro... quindi lui i soldi li ha trovati, ma come? Facendo bonifici dai suoi conti personali e delle aziende in cui opera».
Nelle carte si parla anche di un' operazione in Serbia che i fiorentini stavano portando avanti con Benincasa. Scrivono gli inquirenti: «Il Benincasa afferma che in questo momento gli servono soldi e banche, poiché sta per intraprendere una grossa operazione commerciale in Serbia, nella quale sarebbero coinvolti il cognato (Andrea Conticini, ndr) e lo zio di Renzi, ai quali, tra l' altro, vorrebbero far rilevare il 30 per cento delle azioni della S.G.T. spa, cosicché loro non dovranno tirare fuori nemmeno una lira per acquistare all' asta la più volte citata So.ge.tras spa.».
MATILDE RENZI E ANDREA CONTICINI
Le parole esatte di Benincasa sono le seguenti: «Anche perché sto andando a fare una bella operazione in Serbia... dovrei partire in questi giorni... per fare una bella... eh... questa è una bella operazione. C' è di mezzo... il papà e lo zio (sorride)... Siamo stati contattati... abbiamo conosciuto... sti cristiani che... il papà di Renzi con il cognato e lo zio. Sono già tre o quattro volte che ci incontrano». Cozza ci spiega: «Benincasa di questa cosa non sa niente... è stata fatta confusione nelle contestazioni... l' operazione assolutamente non doveva farla lui...».
Dovevano farla i fiorentini? «Penso proprio di sì». Ieri Conticini e babbo Renzi non ci hanno risposto. Lo ha fatto invece Massone, che ricorda bene Menicucci: «Ho conosciuto Paolo perché c' era un ragionamento per cui io avrei potuto fare una consulenza dentro So.ge.tras». Massone nega però di conoscere Benincasa, con cui gli investigatori hanno registrato un incontro. Si limita ad ammettere che Menicucci potrebbe aver incontrato Conticini e Renzi senior, ma respinge il ruolo di collettore: «Non sono stato io a metterli in contatto». E i soldi di cui si parla nelle intercettazioni? «Chiedete a Conticini non a me».