SILVIA CANDIANI
DAGONOTA
Oddio una scivolata ci può anche stare nello scalare una montagna di 500 nomine di aziende statali e attraversare la foresta pietrificata della nostra burocrazia anche per un grimpeur abile e navigato come Mario Draghi.
Più che un passo falso (il premier non ha tempo per occuparsi dei cda delle partecipate), in realtà si è trattato di un deragliamento del capo dipartimento del Mef, Alessandro Rivera, e dei “cacciatori di teste” che sono pagati profumatamente dallo Stato per vagliare le candidature.
Giavazzi Draghi
E così Sivia Candiani, ceo di Microsoft, alla prima fermata del consiglio d’amministrazione delle Ferrovie è stata costretta a scendere dal board perché in potenziale conflitto d’interesse tra i due incarichi. Com’è potuto accadere tutto ciò?
CARLO DEODATO
A chiederselo, timidamente, c’è stato solo qualche politico che ha visto il treno degli incarichi uscire dai binari, dopo che sulle nomine il premier aveva garantito meritocrazia e trasparenza. E soltanto l’occhio vigile del professor Francesco Giavazzi è riuscito a mettere una “pezza” allo strappo sull’abito regale degli incarichi pubblici. (Oltre a Giavazzi, la fiducia totale di Draghi premia Carlo Deodato: tutto passa per il capo dipartimento del legislativo di Palazzo Chigi).
ALESSANDRO RIVERA
Il che rivela che anche il sub-governo dei tecnici e consulenti di Draghi si ritrova a fare i conti con il decadimento della classe dirigente dello Stato, quell’alta burocrazia (capi di gabinetto) e con le seconda fila ministeriali che spesso non sono all’altezza delle proprie mansioni dopo che negli ultimi vent’anni è stata decapitata un’intera generazione di grand commis. Vi metterà rimedio, con assunzioni a pioggia, il ministro Brunetta che sta per varare la riforma della pubblica amministrazione?
MARIO draghi E RENATO BRUNETTA
Ben prima, però, del passo falso della Candiani, sul “Venerdi” della Repubblica Filippo Ceccarelli - una delle poche voci a chiedere conto sulla prassi Draghi e sugli ostacoli burocratici a cui andava incontro -, era stato addirittura preveggente anche sul ruolo degli head hunter anglosassoni nel nostro Belpaese.
burocrazia italiana
“Il sospetto è che la variante italiana della caccia alle teste finisca un po’ per riflettere un certo spirito di adattamento o arrangiamento creativo riguardo a quelli che s’immaginano le necessità e i gusti del potere dei migliori”, rilevava Ceccarelli. Per aggiungere con il pensiero rivolto alle scelte di metà luglio per la Rai: “La dove fin troppo bene si sanno le magagne dei partiti, molto meno le storture della tecnocrazia che oltre al silenzio privilegia il valore dei capitali, i circuiti di relazione, la fredda angolarità dei numeri e dei bilanci da far quadrare”.
MARIO DRAGHI LOTTA CONTRO LA BUROCRAZIA
Con un termine ostico “tassonomia”, pure Dario Di Vico sull’inserto economico del “Corriere” tenta di spiegare i criteri che stanno a valle del monte delle nomine. Nel nostro caso il termine sembra essere utilizzato per classificare delle procedure e delle regole in un determinato ambito scientifico anche attraverso algoritmi così da sottrarre le scelte ai partiti. Forse all’autore, sfugge un particolare: in antropologia fisica le teorie tassinomiche sono state usate per arrivare a una classificazione delle razze umane ottenuta tramite misurazioni craniometriche.
I TEMPI DELLE PROCEDURE
E per stare al gioco delle teste (cacciatori) e delle specie (i migliori), sarebbe curioso capire quanto è grande, e a chi appartiene, la “capoccia” della persona che ha suggerito Silvia Candiani consigliera “tarocca” delle Ferrovie.
Del resto il premio Nobel Paul Krugman sostiene che un paese non è una grande azienda da affidare, senza rischi, ai manager poiché, osserva: “L’analisi economica è molto diversa da quella che assicura il successo nel business”.
Ma anche sull’”ideologia del merito e delle competenze” la prudenza sarebbe d’obbligo dopo quanto è accaduto nella gestione della pandemia che ha seminato morti e feriti anche tra i soloni della virologia, tra i manager sanitari e dell’informatica. E poi come si misura l’efficienza che oggi è basata soprattutto sull’autoreferenzialità? Ah saperlo…
Italia Crac
All’inizio degli anni Novanta anche in Italia c’è stata la trasformazione delle Unità sanitarie locali in aziende. Ma i risultati di questa rivoluzione, mai valutati seriamente dalle Regioni o dal governo centrale, hanno mostrato crepe e falle nell’emergenza Covid su cui riflettere seriamente. Già, al metodo Draghi forse manca un tassello fondamentale, l’ultimo: la cultura del risultato.