1 - CANNIBALI, TATUAGGI, MELVILLE NUKU HIVA, L'ISOLA DEI SEGRETI
Davide Brullo per “il Giornale”
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L'acme dello spettacolo accadeva quando afferrava la lancia, esplodeva in un rigoglio di urla. Un tempo lo guardavano con timore, ora, ormai, lo deridevano, per via del cappello con le piume, delle smorfie, della gonnella artefatta. Anche i tatuaggi, che lo ricoprivano dalle palpebre alle caviglie, sembravano stinti, insignificanti. Il 22 settembre del 1822, a Valenciennes, il tempo prometteva pioggia.
Joseph Kabris pareva il nome di un illusionista, ma sopra il piccolo palco un'insegna, dipinta senza gioia, annunciava Le Prince Sauvage, il principe selvaggio. Era diventato un freak, un mostro', come la donna cannone o i gemelli siamesi. Raccoglieva soldi per tornare nella sua isola, perduta nei recessi del Pacifico, diceva, su cui vantava possedimenti e una regalità per lignaggio indiretto.
Non riuscì a realizzare i suoi sogni. Quel giorno terminò lo spettacolo con poco entusiasmo: c'era più gente del solito. Si intrattenne con un giornalista e un bibliotecario, ingolositi dalla sua storia. Diceva di aver lasciato moglie e figli laggiù, alle Marchesi: Amabile sposa, tenera amica,/ Come è possibile? Mi strappano via da te!/ A cosa mi costringe la vita!
Non si sentiva bene, congedò i curiosi, era un po' sovrappeso: un tempo, la sua fisicità, australe, leonina, aveva stupefatto i re. Fu chiamato un medico. Joseph Kabris morì il 23 settembre, alle 5 del mattino, a 42 anni.
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Era nato a Bordeuax, nel 1780 si era dimenticato il giorno, il mese, Kabris, icona della vita totale e belluina, degno personaggio di un cupo romanzo di Joseph Conrad, eroe di un tempo in cui l'ignoto era dietro l'angolo di casa, a un morso da qui. Kabris si imbarca, quattordicenne, sulla Dumouriez, che assalta una nave spagnola ed è tratta in arresto da un bastimento inglese.
Da Portsmouth, l'8 maggio del 1795, si aggrega all'equipaggio del London, una baleniera che fa rotta verso il Pacifico. Dopo aver cacciato nella Terra del Fuoco e in Perù, la nave va alla deriva, alle Marchesi, straziata da una tempesta, venne sbattuta con violenza contro una scogliera che si trovava a pelo d'acqua, si infranse e affondò, senza darci il tempo di metterci in salvo nelle scialuppe. Mi buttai in mare e nuotai verso alcuni resti del ponte, sui quali si era già aggrappato un inglese di nome Robert. La versione dell'inglese il cui vero nome risponde a Edward Robarts è un po' diversa: pare che Kabris sia un disertore.
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Scoperta dall'esploratore americano Joseph Ingraham nel 1791, Nuku Hiva è una specie di Eden: la vasta baia fungeva da porto naturale per i bastimenti giunti da Occidente. Nessuno osava sfidarne le vaste foreste, bituminose di nebbie. Si mormorava che i nativi, ricoperti da tatuaggi sacri, aggressivi, praticassero il cannibalismo. Anche Kabris e l'inglese, più vecchio di lui di dieci anni, rischiano di diventare il pasto della tribù che abita Nuku Hiva: "Avevamo di fronte ai nostri occhi la clava con cui avrebbero messo fine alla nostra misera esistenza...."
Mossa a pietà, colpita dall'audace avvenenza di Kabris, la figlia del re implora il padre di risparmiare la vita agli stranieri. Messo alla prova, Kabris si dimostra guerriero capace; pressoché analfabeta, impara la lingua degli indigeni; naturalmente, convola a nozze con la figlia del re. La corazza tatuata sul pettorale destro testimonia il pregio del marinaio francese, ormai vice re di quest' isola, e capo delle milizie regali; il sole inciso sulle palpebre ne sancisce il rango di giudice.
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L'idillio di Kabris termina nella primavera del 1804: una nave russa guidata da Adam Johann von Krusenstern, ammiraglio della Marina Imperiale Russa in esplorazione nel Pacifico, fa scalo a Nuku Hiva. Kabris viene assunto come intermediario con gli indigeni, poi imbarcato con l'inganno così dice lui verso Petropavlovsk, l'Estremo Oriente russo.
Comincia qui l'ennesima vita di Kabris, che dopo aver attraversato la Siberia approda a Mosca e a San Pietroburgo, nel 1807, al cospetto dello zar Alessandro I. Kabris diventa l'attrazione della corte russa, viene studiato, disegnato, interrogato. Il ritratto più affascinante lo vede in posa marziale, mentre maneggia una lunga fionda, i tatuaggi riprodotti con accuratezza: Cabri français naturalisé à Noukhaïwa entra nei libri dell'epoca, ad esempio ne L'Océanie en estampes di Jules e Édouard Verreaux, edito a Parigi e a Londra nel 1832.
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Al pubblico, Kabris descriveva la sua vita tra i selvaggi', dove la superstizione governa ogni cosa, si ricorre alla stregoneria per uccidere il nemico, ci si impegna in guerre memorabili e spaventose, il cui esito garantisce la sovranità di una tribù. Intorno al 1817 non memorizzava mai le date cominciò l'esistenza raminga dell'uomo di spettacolo, di fiera in fiera, rivivendo la sua vita passata, scrive Christophe Granger in Joseph Kabris ou les possibilités d'une vie, studio biografico pubblicato da Flammarion.
Nuku Hiva, nel frattempo, era diventata terra di conquista statunitense, poi francese: l'Eden si era infranto. Vent' anni dopo la morte di Kabris, attracca nell'isola Herman Melville. Poco più che ventenne, Melville diserta dall'Acushnet insieme a un altro marinaio, Toby Greene.
Resterà nella foresta per un mese, è l'estate del 1842, prima di impiegarsi su una baleniera australiana, la Lucy Ann. L'uomo che riemerge dalla selva è un altro: Nuku Hiva farà da sfondo ai primi romanzi polinesiani di Melville, Typee (1846), Omoo (1847), Mardi (1849). Le edizioni Magog hanno raccolto in unico libro, specie di esotica fratellanza, la breve autobiografia di Kabris, stampata a Ginevra nel 1820, e un'antologia di passi esemplari, ritradotti, da Typee.
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Neppure Melville farà ritorno a Nuku Hiva. Dimenticato da tutti, restava ancorato a quelle isole. Così testimonia la nipote, Eleanor Melville Metcalf: Nell'angolo c'era una grande poltrona dove lui si sedeva sempre quando lasciava i recessi del suo oscuro mondo privato. Gli salivo sulle ginocchia, mi raccontava delle storie fantastiche di cannibali e isole tropicali. Sarebbe morto poco dopo, soltanto un giornale ne ha riportato il necrologio, eppure quarant' anni fa la comparsa di un suo libro era un evento letterario, appunta un giornalista del New York Times, il 2 ottobre del 1891.
Ognuno ha il proprio segreto, la propria vita gemella, incompiuta, sognata a stento: quella di Melville è sepolta a Nuku Hiva.
2 - «ARRIVÒ IL CUOCO CHE CI DOVEVA CUCINARE...»
Da “il Giornale” - Il testo è tratto da: Joseph Kabris-Herman Melville, Nuku Hiva, Magog, 2022; la traduzione è di Luca Orlandini.
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Il clamore del nostro arrivo attirò quasi subito l'intera popolazione di queste terre. I più curiosi furono gli uomini, che continuavano a pizzicarci la pelle, per stimare l'adeguatezza del nostro peso e capire se potessimo essere di loro gusto.
Da lì a poco si presentò il loro cuoco, che, dopo altre vessazioni, ci fece trasferire a Nuku Hiva, dove risiedeva il Re, per essere messi a sua disposizione.
Arrivati al Palazzo di questo sovrano, che era edificato su un telaio di legno di bambù, canne secche e foglie di banano che lo ricoprivano, vi soggiornammo per quattro giorni. Allora venne deciso che saremmo stati sacrificati alla montagna delle Palissades. Il quinto giorno fummo condotti lì, preceduti da una folla di nukuhivani che danzavano di fronte a noi, in segno di giubilo. Giunti sul luogo, fummo legati con trecce di corteccia d'albero.
Attendavamo che giungesse il sovrano. E infine arrivò, accompagnato dal figlio e dalla figlia, per la prima volta testimone di un simile supplizio. Questa si mostrò sensibile alle nostre suppliche, e prese a cuore il nostro terribile destino. Così volle intercedere per noi presso il padre. Fummo ricondotti al Palazzo di Nuku Hiva, con gran rammarico della folla che ci circondava, la quale vide disilluso il proposito di farci servire a un atroce banchetto.
Due mesi dopo il nostro naufragio, Robert, l'inglese, il mio compagno di sventura, sposò una nativa del luogo; io stesso, più felice, mi sposai due mesi dopo. Mi guadagnai, senza riserve, la benevolenza di Walmaiki, la figlia del Re. Lei stessa mi confessò candidamente la passione che nutriva per me, e ne parlò al padre. Qualche tempo dopo ebbi la fortuna di diventare suo consorte.
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La cerimonia del nostro matrimonio si tenne in alta montagna. Walmaiki fu adornata da una piccola corona composta dalle più preziose conchiglie dell'Isola, da un braccialetto prodotto dal pelame della corteccia di cocco e una veste creata con la corteccia d'albero, su cui avevano fissato, con la gommaresina, delle scaglie di pesce dorate.
Il sacerdote del Sole ci seguiva, e la processione si concluse con i capi tribù e la guardia reale. La guardia reale era composta da cinquecento uomini armati di clave rivestite da denti di squalo e ossa di pesci.