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    “MI HA DATO UNA SPINTA, SI È CHIUSO LA PORTA ALLE SPALLE E POI MI È SALTATO ADDOSSO” – IL RACCONTO DELLA TIROCINANTE 20ENNE DEL POLICLINICO “UMBERTO I” DI ROMA STUPRATA DENTRO UNO SGABUZZINO DURANTE IL TURNO DI NOTTE DA UN INFERMIERE-TUTOR DI 55 ANNI: “HO URLATO MA LÌ NESSUNO POTEVA SENTIRMI, LUI LO SAPEVA” – STUDENTESSE E STUDENTI DELL’OSPEDALE RACCONTANO L'INFERNO DENTRO LE CORSIE: “IN ALCUNI REPARTI NON MANDAVANO PIÙ NESSUNO PER ALTRI FATTI GRAVI SUCCESSI, ALTRI ABUSI CHE NESSUNO HA AVUTO IL CORAGGIO DI DENUNCIARE”


     
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    1 - "AL POLICLINICO GLI ABUSI SONO LA NORMA"

    Estratto da “la Repubblica”

     

    policlinico umberto i policlinico umberto i

    Lo dicono sottovoce, guardando in su verso il terzo piano di Urologia. «Non è successo solo lì e non è successo solo quello in questo ospedale, che dovrebbe essere il tempio della nostra formazione per il futuro». Studentesse e studenti del Policlinico Umberto I, tirocinanti al terzo anno di infermeria, raccontano l'inferno dentro le corsie dopo il caso della collega stuprata a 20 anni dentro uno sgabuzzino. Era il turno di notte di mercoledì scorso, nel reparto di Urologia, e quella tirocinante è stata abusata dal suo tutor di 55 anni.

     

    «Le segnalazioni sono state tantissime. Lo sapevate, ad esempio, che c'è chi ha messo delle telecamere negli spogliatoi? No, perché nessuno ha fatto niente - è arrabbiato Francesco che la collega vittima di violenze la conosce bene - e adesso mi sento in crisi. Sono alla fine del mio percorso ma quello che abbiamo visto qui dentro non è accettabile». Venerdì pomeriggio i tirocinanti di diversi corsi - infermieri, medici, collaboratori - si sono visti davanti al reparto di Urologia. Con i cartelli in mano hanno protestato e chiesto maggiore sicurezza nei reparti.

     

    tirocinanti umberto I tirocinanti umberto I

    «In alcuni reparti non mandavano più nessuno per altri fatti gravi successi, altre avances, forse altri abusi che nessuno ha mai avuto il coraggio di denunciare - dice Giulia - perché mettersi contro i propri tutor è difficile. Sono loro che determinano il tuo percorso qua dentro: quando e se ti laurei» . Verità snocciolate adesso che il caso di stupro, raccontato da Repubblica, colpisce al cuore una comunità che conta 3mila tirocinanti.

     

    Il direttore generale dell'Umberto I, Fabrizio d'Alba, è sceso tra i viali del Policlinico per parlare ai tirocinanti, braccia in alto per mettere in mostra cartelli di denuncia. A Repubblica spiega: «Noi abbiamo denunciato e sospeso l'infermiere dopo avere interpellato un legale. Ufficialmente non sappiamo se questo signore era già stato protagonista di vicende simili. Stiamo verificando i nostri archivi».

     

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    Il dirigente, che è arrivato nel gennaio 2021, assicura che «altre segnalazioni di molestie a studenti sono state prontamente attivate con procedimenti disciplinari e i docenti sono stati sospesi e allontanati. Ma non abbiamo avuto segnalazioni nei confronti di personale diverso dai docenti». E, invece, per studentesse e studenti non è così. «Quando sono arrivata qui, la prima cosa che mi è stata detta è che dovevo stare attenta la notte » , racconta un'altra tirocinante. Un'altra gira la testa quando le si chiede se lei ha subito avance.

     

    Ma la sua collega parla eccome: « Sì ci sono e sono continue. Dentro i magazzini, nei corridoi, anche quando studiamo. È la nostra parola contro quella dei superiori e dimostrarlo è difficile quando sei sola. Noi segnaliamo alle caposala o ai docenti. Ma loro poi che fanno?». […]

          

    2 - "IO, STAGISTA NELLA TRAPPOLA DELL'INFERMIERE MI HA VIOLENTATO POI È TORNATO A LAVORARE"

    Estratto da “la Repubblica”

     

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    «Mi ha attirata dentro la stanza con la scusa di dover fare una flebo a un paziente, ma era vuota. Lui ha chiuso la porta a chiave - dice, prima di interrompersi per respirare e ricacciare indietro le lacrime - Era il mio ultimo giorno di pratica, non ci riesco a pensare». È ancora molto scossa Marta (nome di fantasia), 20 anni, la studentessa in Infermieristica vittima della violenza sessuale nella notte tra mercoledì e giovedì, in un angolo isolato del reparto di Urologia del policlinico Umberto I, il più grande ospedale di Roma. La 20enne, ora che è al sicuro, assistita al suo avvocato Carla Corsetti del Foro di Frosinone, ripercorre con Repubblica gli attimi terribili vissuti nella stanza al terzo piano del padiglione 29.

     

    Cosa è successo mercoledì?

    «Sono andata lavorare per fare il turno di notte. Il mio piano di studi prevede 180 ore di pratica suddivise in sei cicli da 30 ore. Quello di quattro giorni fa era l'ultimo giorno di pratica del corso. Ero contenta di aver finito».

     

    Il suo aggressore la conosceva bene?

    «Sì - sospira, chiudendo gli occhi - quell'infermiere non era solo un futuro collega più esperto. Era stato indicato come mio tutore durante la pratica universitaria. Io durante ogni turno stavo accanto a lui per imparare, facevo quello che mi diceva».

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    Quale scusa ha usato per attirarla dentro la stanza?

    «Stavamo facendo un giro pazienti, a un certo punto, verso le 23.30, mi ha detto: "Marta, seguimi, dobbiamo andare di là a cambiare la flebo a un paziente"».

     

    Dove l'ha portata?

    «In una stanza piuttosto piccola, isolata rispetto al resto del reparto. Ultimamente ci sono stati dei lavori di ristrutturazione dell'edificio, quell'ala era stata chiusa, non l'avevo mai vista».

     

    Non c'era nessuno che potesse soccorrerla?

    «No, non c'era nessuno nelle vicinanze. Quando siamo arrivati davanti a questa stanza, ho visto una lettiga vuota, non c'era nessun paziente. Non ho avuto il tempo di fare nulla. Mi ha dato una spinta, si è chiuso la porta alle spalle, ha girato a chiave e poi mi è saltato addosso».

     

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    Lei è riuscita a gridare?

    «Ho urlato quando mi ha spinta sulla lettiga, ma non è venuto nessuno. Perché lì nessuno poteva sentirmi, lui lo sapeva».

     

    Come ha fatto a liberarsi?

    «Ormai aveva già fatto tutto, io ero disperata, mi sentivo male. Lui non mi ha lasciato andare via. Non voleva che chiamassi i soccorsi. Allora mi sono inventata una scusa, gli ho detto che sarei tornata e sono scappata».

     

    Dove è andata?

    «Sono corsa per le scale, sono uscita dalla palazzina e sono andata da un mio amico che stava facendo la pratica in un altro reparto. Lui mi ha accompagnata subito al pronto soccorso, ho avvisato per telefono mia madre che è arrivata con Carla, che è il mio avvocato, ma prima di tutto è una cara amica di famiglia, mi conosce da anni». […]

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    Il suo aggressore nel frattempo è scappato?

    «No, da quello che so io, la polizia l'ha trovato in reparto, stava lavorando come se nulla fosse successo. L'hanno portato via e denunciato. Hanno sequestrato il lenzuolo che copriva la lettiga per fare l'esame del Dna, spero concludano le indagini in fretta e che lo arrestino». […]

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