Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Iguala messico studenti uccisi
Una strage dove sono riusciti a far sparire decine di vittime insieme alla verità. Una pagina nera di complicità collettiva, di collusioni e di bugie che, purtroppo, sono la consuetudine in Messico. E gli arresti arrivati a 8 anni dall'eccidio non possono essere considerati la conclusione, anche se coinvolgono personaggi di massimo rilievo.
Le autorità messicane, dopo lunghe indagini rilanciate dal presidente Andrés Manuel López Obrador, hanno fornito la loro ricostruzione su quanto avvenne nell'estate del 2014 nella regione di Iguala, quando 43 studenti furono rapiti e uccisi. Un massacro per il quale sono stati spiccati 63 mandati di cattura riguardanti ufficiali di tutti gli apparati della sicurezza, compreso l'ex procuratore generale Jesús Murillo, l'uomo che avrebbe dovuto dare risposte e invece ha sotterrato il dossier usando teorie alternative.
Iguala messico studenti uccisi
Un muro di silenzio dietro il quale si sono nascosti in tanti. Difficile credere che l'allora presidente Peña Neto abbia creduto a ciò che gli raccontavano riguardo l'imboscata del 2014. Tutto si consuma nelle ore tragiche tra il 26 e il 27 settembre, quando i giovani aspiranti maestri sono a bordo di alcuni pullman, che dirottano per poter andare a una manifestazione di protesta. È una tattica che usano di frequente, solo che stavolta la loro iniziativa si tramuta nell'orrore.
Iguala messico studenti uccisi
Il convoglio è bloccato da agenti locali e banditi del cartello Guerreros Unidos legati da un patto di connivenza: i ragazzi sono portati via ed eliminati. I resti di soli tre di loro saranno ritrovati, gli altri diventeranno dei desaparecidos , i loro nomi aggiunti agli oltre centomila scomparsi di quella che è una guerra in cui la droga c'entra fino ad un certo punto. I traffici, infatti, sono un segmento in parallelo a manovre di influenza e partite di potere.
La prima inchiesta aveva puntato tutto su un'operazione locale, coinvolgendo politici della zona e pedine spendibili. Confessioni estorte avevano raccontato di cadaveri inceneriti su una grande pira di legna e copertoni vicino a un torrente, le ossa frantumate. Un report mai preso per buono dalle famiglie e da investigatori indipendenti, una soluzione che permetteva di offrire delle teste all'opinione pubblica risparmiandone altre. Chi non credeva alla soluzione ammoniva a guardare in profondità, a considerare anche il ruolo dell'esercito.
poliziotti di Iguala arrestati dai reparti speciali
Ora la nuova indagine, con la grande retata e le manette a Murillo, riscrive i fatti tirando dentro anche le forze armate, da anni schierate nelle strade contro i cartelli ma non di rado infiltrate dai gangster. I militari avevano un loro informatore su uno dei bus, sapevano cosa stava accadendo ma non hanno fatto nulla e poi hanno preferito tacere. La copertura si è quindi estesa ad altri inquirenti, ai federali, a funzionari di vario livello.
Tra i ricercati spicca Tomas Zeron, all'epoca numero uno dell'Agenzia anti-crimine, altro depistatore, coinvolto in un clamoroso caso di tangenti e scappato in Israele dove vive in apparenza sicuro di non essere preso.
Iguala messico studenti uccisi
Smentita poi la tesi dei corpi cancellati con il fuoco lungo il fiume, scenario giudicato improbabile da esperti internazionali intervenuti per far luce sul «crimine di Stato». Che conserva ancora molti segreti, a partire dai due punti chiave. Il primo: non è chiaro il movente reale dell'assalto al corteo. Si è ipotizzato un errore della gang e dei loro referenti nell'individuare una possibile minaccia, pericolo inesistente che li ha portati a considerare gli studenti come alleati di una fazione rivale.
Non sono mancati riferimenti a un carico di droga nascosto su uno dei pullman che doveva essere recuperato a ogni costo, a piste improbabili, a intrighi.
studenti desaparecidos iguala
Il secondo: dove sono finiti i resti dei giovani? C'è chi ha ipotizzato il ricorso a un grande inceneritore vicino a una caserma, da qui vecchi sospetti. Per questo la «verità storica» - non quella promessa da Murillo mentre spargeva la cortina fumogena - non è ancora completa.
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