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    “MACCHÉ RITORNO AL PASSATO. IN SICILIA LA MAFIA NON È MIA USCITA DALLA POLITICA” – IL REGISTA DI "CINICO TV" FRANCO MARESCO SUONA LA SVEGLIA SULLA RICOMPARSA DI "SUGGERITORI" COME CUFFARO E DELL’ULTRI: “DOPO IL '92, SE TOGLIAMO QUELLA RIPARTENZA DELLA SOCIETÀ CIVILE, C'È STATO L'AVVENTO DEL PARTITO DI BERLUSCONI E DELL'UTRI. ABBIAMO AVUTO, SEMMAI, UNA CONTINUITÀ IMPRESSIONANTE LUNGO TUTTI QUESTI ANNI, A PARTIRE DALL'ISOLAMENTO DI QUEI MAGISTRATI CHE DENUNCIAVANO UNA SERIE DI DEVIAZIONI E INSABBIAMENTI…”


     
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    Mario Di Caro per “la Repubblica”

     

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    Macché eminenze grigie fuori dal tempo, macché ritorno al passato: per Franco Maresco, regista bastian contrario, il fatto che a Palermo, come denunciato d Maria Falcone e da Pif sul palco di "Repubblica".

     

    Ricompaiano due "suggeritori" della politica come Totò Cuffaro e Marcello Dell'Utri, due condannati per mafia capaci di indicare al centrodestra la scelta del candidato sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, non è certo un ritorno indietro negli anni bui della città. «Io in questa situazione ci vedo continuità nel tempo - dice Maresco - Semmai l'illusione è che in tutti questi anni ci sia stata una discontinuità».

     

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    Palermo e la Sicilia non hanno fatto passi avanti nel cammino antimafia dopo le stragi del '92?

    «Dopo il '92, se togliamo quella ripartenza della società civile fondata su uno stato d'animo, sullo choc delle stragi, c'è stato l'avvento del partito di Berlusconi e Dell'Utri.

    Forza Italia è nata qui a Palermo, in corso dei Mille, Quindi abbiamo avuto, semmai, una continuità impressionante lungo tutti questi anni, a partire dall'isolamento di quei magistrati che invitavano a non abbassare la guardia e che denunciavano una serie di deviazioni, anche in seno all'antimafia. Il paradosso è che non siamo mai andati oltre quegli anni cosiddetti bui, c'è stata sola una cesura drammatica con quei due giudici che sono saltati in aria».

     

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    E la rivolta antimafia post stragi?

    «Un'azione c'è stata ma evidentemente non ha fatto niente. Chiediamoci perché qui , per l'anniversario delle stragi, arrivano le navi della legalità, le più alte cariche dello Stato, ma i giudici continuano a dire che ci sono insabbiamenti, trattative. depistaggi. E il problema non è solo il centrodestra».

     

    Ci sono colpe anche nel centrosinistra?

    «Già ai tempi di Cuffaro presidente c'era una certa disinvoltura da parte della sinistra, sono state legittimate certe situazioni, non c'è stata una presa di distanza. Quindi non mi stupiscono i "suggerimenti" di Cuffaro e Dell'Utri, fanno il loro mestiere. Io ero ragazzo quando frequentavo la sede del Pci a Palermo e ricordo già allora l'isolamento di Pio la Torre».

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    Insomma, per lei Palermo non sta tornando indietro verso il suo passato peggiore?

    «Non credo che si possa tornare indietro in un'epoca spaccata dalla guerra e dalla pandemia che trasforma il panorama geopolitico. Nessuno pensava che potesse esserci una nuova guerra nel cuore dell'Europa: evidentemente sono cadute delle barriere oltre le quali non si andava per un credo morale.

     

    Che ci sia un ritorno degli intrighi politici non mi pare: semplicemente ormai tutto è possibile perché non ci sono confini perché viviamo una realtà in cui le cose non hanno permanenza, senza più punti cardinali. Oggi un ragazzo di vent' anni pensa a come cambierà la sua vita con il virus, se la sua città sarà bombardata».

    LEOLUCA ORLANDO LEOLUCA ORLANDO

     

    Il ritorno da protagonisti dei condannati per mafia significa che l'amministrazione di Leoluca Orlando non è riuscita a consolidare nei fatti un'idea nuova di Palermo, della politica e della cosa pubblica? Possibile?

    «Quella di Leoluca Orlando è una parabola tristissima, quella di uno che ha cominciato alla grande, perché gli va dato atto che è stato capace di rompere con la vecchia Dc, ma che chiude quest' ultimo mandato alla deriva , e le sue responsabilità sono tante. È un'uscita di scena che non corrisponde al suo ingresso nella politica e nella società siciliana».

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    Insomma, è il teorema del suo film "Belluscone" quando dimostrò con le interviste sul campo che nelle periferie palermitane Falcone e Borsellino sono vissuti ancora come nemici e la coscienza antimafia lì non è mai attecchita?

    «Sarebbe inelegante dire "io l'avevo detto". 'Belluscone' era un viaggio nelle periferie in cui il Cavaliere era celebrato. Le periferie sono sempre state in mano alla mafia ma dopo l'uscita di 'Belluscone' tante persone mi hanno chiamato per dirmi "sono inorridito" come se invece di vivere nella stessa città fossero stati su un altro pianeta».

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