selfie di giorgia meloni
1 - IL RITORNO DI ARCURI? GLI ORFANI DI CONTE MINANO IL GOVERNO
Felice Manti per “il Giornale”
«Il governo Draghi richiama in servizio Domenico Arcuri per aiutare Palazzo Chigi a spendere meglio alcuni fondi. Ma siamo su Scherzi a parte?».
La leader Fdi Giorgia Meloni non l'ha presa proprio bene quando ha letto sul Giornale che l'ex commissario straordinario al Covid Domenico Arcuri è stato scelto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Bruno Tabacci per una consulenza da 4 milioni di euro come numero uno Invitalia l'11 marzo 2021, dieci giorni dopo la nomina a sottosegretario di Palazzo Chigi.
DOMENICO ARCURI
«Non può essere vero che il governo abbia affidato un compito così delicato ad uno dei protagonisti nella disastrosa gestione della pandemia - ha aggiunto la Meloni - un signore che ha speso malissimo i soldi degli italiani destinati all'emergenza, che ha perso mesi nella progettazione delle inutili e costosissime primule invece di organizzare una efficiente campagna vaccinale e che ha lasciato dietro di sé una gestione a dir poco opaca». E invece è così. Le ultime scorie del contismo continuano ad avvelenare l'immagine dell'esecutivo guidato da Mario Draghi.
bruno tabacci
D'altronde Tabacci, e non è un caso, è stato lo sherpa che fino all'ultimo secondo si è speso (invano) con il Colle per trattare il Conte ter, coagulando un'armata Brancaleone di sedicenti responsabili pur di scongiurare l'arrivo dell'ex governatore della Banca centrale europea. Ed è lo stesso Tabacci che ha ingaggiato l'ex ministro Elsa Fornero come consulente del governo sulle pensioni per fare un dispetto al temporaneo alleato di governo, Matteo Salvini.
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
Si scrive Arcuri, si legge Massimo D'Alema, che di quinte colonne nell'esecutivo ne ha addirittura due. L'altra è Roberto Speranza, ministro della Salute sempre meno decisivo nella strategia di contenimento del contagio, adesso che il cerchio magico della prima fase è stato quasi azzerato e che sull'esponente di Sel si sta allungando sempre di più l'ombra di un avviso di garanzia per epidemia colposa in arrivo dalla Procura di Bergamo, data per certa dopo la pausa estiva.
roberto speranza massimo dalema
Speranza è anche un fedelissimo di Giuseppe Conte, che con l'ex premier e lo stesso Arcuri ha condiviso la tragica gestione della pandemia, costata oltre 130mila morti soprattutto per l'assenza di un piano pandemico, fatto gravissimo di cui saranno chiamati a rispondere anche i vertici del ministero della Sanità dal 2014 a oggi, e per qualche acquisto che oggi sembra incauto, come i respiratori difettosi comprati dalla società che orbita intorno alla fondazione cinese di cui Baffino è vicepresidente.
VIGNETTA KRANCIC - CONTE E TRAVAGLIO
Sul fronte delle indagini, secondo fondi della Procura bergamasca, ai pm guidati da Antonio Chiappani manca solo la perizia del superconsulente, il virologo Andrea Crisanti, per chiudere il cerchio. Poi per gli ultimi Mohicani di Conte, rinchiusi a Palazzo Chigi come fosse Fort Alamo, saranno dolori.
Lentamente Draghi sta sterilizzando la componente più riottosa all'interno dell'esecutivo, più vivo che mai nonostante i proclami belligeranti dei Cinque Stelle. D'altronde lo stesso Conte sa benissimo che non può staccare la spina all'esecutivo Draghi, e che i pizzini dell'avvocato del popolo spediti via Fatto quotidiano arrivati ieri («O si cambia o leviamo la fiducia») sono scritti con l'inchiostro simpatico, tanto che persino il povero Andrea Scanzi è rimasto con la tastiera in mano: «Stavo per scrivere: Era l'ora. Poi però leggo che Casalino smentisce. Mah!».
travaglio conte
Infatti è toccato al suo portavoce, da sotto l'ombrellone di Cala di Rosa Marina di Ostuni (Brindisi), sbugiardare il pezzo di prima pagina del quotidiano diretto da Marco Travaglio e dire che no, Conte non ha mai detto «o si cambia o leviamo la fiducia» ma anzi «sta lavorando per trovare una mediazione sulla giustizia», quasi a confermare - e sarebbe la prima volta che Travaglio ci azzecca - la profezia del direttore manettaro: «I 5s non li voteranno più nemmeno i parenti stretti». E le vedove inconsolabili già piangono.
DOMENICO ARCURI
2 - TABACCI IL GUASTATORE FA TREMARE IL GOVERNO
Salvatore Dama per “Libero quotidiano”
Se c’è una certezza, quando, a inizio legislatura, ti ritrovi spaesato in transatlantico in mezzo a centinaia di facce nuove da memorizzare rapidamente, questa è Bruno Tabacci. Non si sa come, ma la sfanga sempre. Gli invidiosi potrebbero dire che è culo, il suo. Tuttavia, chi ne sa di politica, può spiegarti che non è così.
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
Della sua prima vita pubblica, quella democristiana, si potrebbe dire molto, ma il racconto è poco appassionante. In realtà è negli Anni Dieci che Tabacci conclude un paio di operazioni, suggerite dalla disperazione, che gli fanno guadagnare il galloni del Super Saiyan. Difende il suo seggio parlamentare contro ogni pronostico. Altri sono finiti ai giardinetti. Lui sta sempre lì. Anticongiunturale.
QUEL LONTANO 2012
È il settembre del 2012 e Tabacci è l'assessore al bilancio della giunta Pisapia a Milano. Decide di candidarsi alle primarie del centrosinistra, lui che, fino a qualche anno prima, con l'Udc di Pierferdinando Casini, aveva sostenuto (criticamente) i governi di Silvio Berlusconi. Fioccano gli sberleffi. Nascono i «marxisti per Tabacci». Bruno perde.
PISAPIA TABACCI
Ma fiuta una pista all'interno del disfacimento dell'Italia dei valori, il partito di Tonino Di Pietro. Ne aggancia un pezzo, fonda il partito Centro democratico e si presenta alle elezioni politiche del 2013. Ottiene la bellezza dello 0,49 per cento. Ma, grazie al premio di maggioranza garantito dal Porcellum alla coalizione vincente (il centrosinistra), prende un seggio al Senato e sei alla Camera. Uno per lui, ovviamente. È un mezzo miracolo.
MARXISTI PER TABACCI
E, nel gennaio 2018, Tabacci ne fa un altro. Mette a disposizione il suo simbolo a Emma Bonino, permettendo a +Europa di presentarsi alle elezioni senza l'obbligo di raccogliere le firme. In cambio Bruno si prende un collegio uninominale blindato (Lombardia 1-12) e viene rieletto. Di nuovo. Contro ogni previsione. Della vita precedente nella Democrazia cristiana si è detto. La sua carriera comincia presto, a metà degli anni Ottanta, quando dirige l'ufficio studi del ministero dell'Industria con Giovanni Marcora.
In seguito è il capo della segreteria tecnica del ministro del tesoro Giovanni Goria. Quindi aderisce alla corrente di Ciriaco De Mita, ne diventa la colonna milanese. È prima consigliere comunale, poi consigliere regionale, infine presidente della Regione Lombardia. A 41 anni. L'esordio in Parlamento è nel 1992 con la Dc. Poi una pausa, in cui è consigliere d'amministrazione di Eni, Snam, Efibanca e presidente dell'Autostrada A15 Cisa.
BONINO TABACCI
Quindi ritorna a Montecitorio con il Ccd. Esce pulito da Tangentopoli. E riesce a rimanere indenne anche dalla clamorosa inchiesta sulla sua bellissima ex fiancée Angiola Armellini, accusata di aver nascosto al fisco 1.243 appartamenti. E arriviamo ai giorni nostri. Con questo blasone finora descritto, è ovvio che, quando si presenta da Giuseppe Conte, rendendosi disponibile a trovargli i numeri per formare un governo ter, l'avvocato abbocca con tutto il ciuffo. E invece stavolta Tabacci fa flop.
CIRIACO DE MITA BRUNO TABACCI
Deve rimediare 47 voti, tra Camera e Senato, per surrogare i seggi in uscita dei renziani. Bruno incontra, telefona, seduce, promette, ma non convince. L'operazione della "quarta gamba" rimane zoppa, nonostante il Quirinale conceda a Conte un surplus di tempo per cercare i "costruttori". Alla fine Giuseppi è costretto alle dimissioni, Sergio Mattarella incarica Mario Draghi. E sorpresa: Tabacci sale subito sulla nuova macchina presidenziale. «Draghi? È superman, lo conosco dai tempi della Prima Repubblica».
meme su elsa fornero
SEMPRE IN PIEDI
Finisce come al solito: Tabacci casca in piedi. È campione olimpionico di questa disciplina. Draghi lo premia con un sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio. Ha la delega alla programmazione economica. E, in questa posizione, Bruno non si scorda degli amici. L'8 luglio istituisce un consiglio d'indirizzo con il compito, a titolo gratuito, di «orientare, potenziare e rendere efficiente l'attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso il Dipe».
E ci ficca dentro Elsa Fornero. Nelle ultime ore, invece, è venuta fuori la notizia di un altro ripescaggio illustre: Domenico Arcuri. Avrà una convenzione per conferire assistenza sul «monitoraggio dell'avanzamento finanziario e procedurale degli investimenti pubblici, per la mappatura del portafoglio di progetti finanziati in ottica Programma-Progetti, per la ricognizione di aree e progetti in criticità realizzata da sottoporre ad azioni di supporto». Tabacci riciccia Arcuri e Fornero. Facendo infuriare la Lega. Non senza godimento (il suo).
roberto speranza massimo dalema
Arcuri Conte