Marco Lignana per “la Repubblica”
GIANLUCA ARDINI 1
Sarà la sua prima volta. Anche se gli incubi non lo lasciano e forse non lo lasceranno mai in pace, Gianluca Ardini domani tornerà lì dove si era trovato quattro anni fa, il 14 agosto 2018.
Intrappolato fra le lamiere del furgone e le macerie di ponte Morandi, gravemente ferito, sospeso a venti metri di altezza accanto al corpo senza vita del suo collega di consegne Luigi Matti Altadonna. Sopravvissuto, grazie all'intervento dei Vigili del fuoco, dopo quattro ore: «Sì, stavolta verrò alle celebrazioni in ricordo della tragedia. Sono sempre scappato fuori Genova, adesso non lo farò».
crollo ponte morandi
Gianluca Ardini, perché fuggire?
«Per il senso di colpa. Io vivo, il mio collega e le altre 42 vittime no. Mi sentivo in difetto con i familiari di chi non c'è più, so che è sbagliato ma non ci potevo fare niente. Ho dovuto fare un lungo percorso psicologico, che continua ancora adesso, per evitare di colpevolizzarmi.
Poi qualche mese fa ho incontrato quei parenti, ho sentito un affetto enorme, mi hanno detto "ma sei impazzito?" Mi sono tolto un macigno di dosso, anche se per me non è certo tutto rose e fiori».
GIANLUCA ARDINI
Come è la sua vita oggi?
«Purtroppo rivivo quegli attimi quasi ogni giorno: stavamo viaggiando per fare le nostre solite consegne, vediamo e sentiamo tremare l'asfalto, il tempo di urlare "cosa succede" e poi il silenzio.
Luigi vicino a me, un tempo che non passava mai. Prima ho urlato più forte che potevo, poi continuavo a ripetere che non ce la facevo più, avevo il bacino rotto, l'adrenalina ormai scesa. Quando sono arrivati da me, i soccorritori mi chiedevano come stavo, cercavano di tenermi occupato, ma ho comunque un buco fra i ricordi».
ruspe al lavoro per spezzare i blocchi del ponte morandi
Non esiste tregua?
«Certo ci sono momenti in cui sei preso da altro, la famiglia gli amici e il lavoro, ma a fine giornata quando tutti si rilassano ci penso e riaffiora tutto. Se prima erano le crisi di panico e il terrore di prendere l'autostrada, adesso è l'insicurezza, l'ansia, o l'essere sempre apprensivo. Per questo trauma non esistono cure o medicine».
Dal punto di vista fisico è guarito?
una veduta del moncone del ponte morandi da una finestra di via fillak
«Sono invalido al 60 per cento. I movimenti del braccio sono limitati, ho problemi di sensibilità, sento spesso formicolii, mi sono ritrovato le vertebre schiacciate e questo mi porta ad avere spesso mal di schiena, colpa dell'ernia cervicale. E altro ancora».
Nel frattempo la sua famiglia è cresciuta.
Processo per il crollo del Ponte Morandi 3
«Un mese dopo il crollo è nato Pietro, ho sempre detto che il suo pensiero mi ha dato la forza per resistere quando ero incastrato fra le lamiere. Poi è arrivata Anna che a settembre compirà un anno. La mia compagna Giulia con il pancione andava e veniva ogni santo giorno dall'ospedale dove ero ricoverato, pure mia sorella era incinta e faceva lo stesso. La famiglia si è compattata intorno a me, sono stati qualcosa che non si può descrivere».
le carcasse delle auto sotto il ponte morandi
È venuto alla prima udienza del processo sul crollo, lo scorso 7 luglio. Che impressione le ha fatto?
«Mi è piaciuto tanto il giudice, da questo punto di vista sono molto fiducioso per il futuro. In più non mi sono sentito a disagio fra i parenti delle vittime, anzi ho provato sulla pelle quanto mi vogliono bene. E poi io sono uno dei pochi testimoni diretti di quel che è accaduto, mi rendo conto di quanto sarà importante il mio racconto nel dibattimento».
Prova ancora rabbia?
«Certamente, l'ho provata fin dal primo giorno. Poi, quando tutti noi abbiamo capito che il disastro si poteva evitare ed è figlio dell'avidità e della fame di soldi di certa gente, 'sta rabbia è cresciuta ancora.
il crollo del ponte morandi
E so bene che poteva essere una tragedia ancora più apocalittica. Bastavano due o tre pullman che si incolonnavano sempre sul Morandi, perché lì coda era perenne, per arrivare a duecento, trecento morti».
Fa sempre consegne in giro per la città?
«Impossibile, nelle condizioni fisiche e psicologiche in cui mi trovo. Lavoro come impiegato, davanti al computer, mi trovo benissimo con i colleghi e va bene così».
E nel tempo libero?
soccorsi dopo il crollo del ponte morandi
«Ho provato a fare palestra, ma non è il caso. Cerco di camminare tanto, ad esempio siamo appena stati in montagna e abbiamo fatto lunghe passeggiate. Anche se Anna nello zainetto sulle spalle sono riuscito a portarla pochi metri. Il dolore alla schiena è diventato subito insopportabile».
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