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    IL RICORDO DI MARCHIONNE BY GABETTI: “LA SUA CAPACITÀ DI LAVORO ERA MOSTRUOSA. CON I DIPENDENTI AVEVA UN RAPPORTO SCHIETTO, MA NON ERA UNO CHE TENEVA LA GENTE SOTTO CONTROLLO. LA SOLA DIFFERENZA CHE FACEVA ERA TRA CHI VOLEVA LAVORARE E CHI NO. LUI FATICAVA MOLTO E FACEVA PAGARE ANCHE AGLI ALTRI LA FATICA...”


     
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    Estratto dell’articolo di Francesco Bolino per “la Repubblica”

     

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    “Sono tristissimo». La voce di Gianluigi Gabetti arriva un po' spezzata dal rifugio del Lingotto. Con i suoi 94 anni il manager più longevo e più fedele dell' Avvocato Agnelli custodisce la storia e i segreti delle successioni al vertice dell' azienda […] Non è un mistero il fatto che fu lui a portare Sergio Marchionne a Torino. […]

     

    Come vi siete conosciuti?

    «In Svizzera, a Ginevra, attraverso dei comuni conoscenti. […] Era un uomo veramente intelligente[…]».

     

    E così lo portò in Fiat?

    «Tornato a Torino lo proposi. In Fiat avevano in mente un altro candidato. Io insistetti. Ci fu un primo incontro e fu lui a sollevare i dubbi nei confronti dell'azienda. Poi si persuase per il bene di tutti e per il bene suo. L'ambiente Fiat non era facile, erano anche molto critici con i suoi metodi. Ma lui era così, straordinario, aveva una capacità di lavoro unica. […]».

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    Ma com' è che siete diventati amici? Non è affatto scontato, soprattutto tra top manager di grande responsabilità

    «Perché Marchionne aveva una forte dimensione umana […] Le racconto un episodio. L'avevamo invitato nella nostra casa di campagna a Murazzano e lui arrivò con il barbecue […] ».

     

    […] Di cosa parlavate durante i vostri barbecue?

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    «Non faceva differenza tra il lavoro e il resto […] Si parlava in modo non formale del mondo, del paese e di economia. E lui si comportava come un americano […]».

     

    Si è molto detto della sua capacità di lavoro non comune. Ma com'era il rapporto con i collaboratori?

    «La sua capacità di lavoro era mostruosa. Con i dipendenti aveva un rapporto diretto e schietto, ma non era uno che teneva la gente sotto controllo. La sola differenza che faceva era tra chi voleva lavorare e chi no. Lui faticava molto e faceva pagare anche agli altri la fatica: ma i benefici che ne scaturivano erano parte essenziale della sua leadership. Rispettava le opinioni di tutti. Ecco in questo caso parlerei davvero di umiltà, sapeva offrirsi agli altri. Senza essere mai indiscreto».

     

    Ferrari marchionne Ferrari marchionne

    Lei gli avrà dato dei consigli. Li ascoltava?

    «[…] ascoltava i consigli, sempre, e li recepiva in modo non passivo, li impastava sempre con le sue idee […] Era un entusiasta della vita. […]».

    marchionne marchionne

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