federico salvatore
Il cantautore e cabarettista napoletano Federico Salvatore è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano. “Il destino ha voluto che il mio nome Federico Salvatore facesse rima con cantautore. Io ho cominciato come attore cabarettista, poi attore drammatico, ora non so se sono più a-Torre del greco o a-Torre annunziata” ha scherzato Salvatore.
Salvatore in questo momento è a teatro con ‘Malalengua’. “E’ andato benissimo e sono lusingato, ringrazio Napoli e Caserta per i tre sold out registrati. Dagli anni 2000 in poi ogni disco pubblica prelude ad uno spettacolo teatrale. Il nuovo disco uscirà a fine gennaio”.
Sulla sua carriera. “Ancora oggi non so cosa farò da grande. Mio nonno era cantautore, mia madre attrice filo drammatica, mio padre era un baritono. Ho respirato libri e musica a casa. Ho cominciato a 12 anni partecipando ad un festival scolastico, interpretando la livella di Totò che io caratterizzavo a modo mio: il marchese con la r moscia e lo spazzino con toni gutturali e gravi.
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Da qui nasce quello che è stato il mio più grande successo musicale “Azz” che ha venduto 700mila copie ufficiali vincendo due dischi di platino. Per ogni 200mila copie pirata a Napoli invece ho ricevuto un disco di platano. Io sono nato nel quartiere Stella che ha dato i natali a Totò, fin da bambino ho avuto una grande passione per il teatro napoletano. Questo mi ha formato. Dal 2000, da quando ho scritto ‘Se io fossi San Gennaro’, ho cercato di essere più sapiens e medio audience.
Quando portai il tema dell’omosessualità a Sanremo con “Sulla porta” forse era troppo presto, mi sono reso conto subito dopo che da me si aspettavano in quel momento una canzone leggera. Mi sono dato la zappa sui piedi. La mia scomparsa dalle scene è coincisa con un allontanamento di quasi due anni perché c’era nell’aria la possibilità di fare un film scritto con Fausto Brizzi, era pronto, poi per una cosa che è successa questo film non è stato più fatto. Io mi ero dedicato alla sceneggiatura e alla colonna sonora, quando il film non venne più fatto, ho deciso di ritornare al sogno nel cassetto facendo il cantautore più impegnato, trattando di tematiche sociali.
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Da lì, con “Se io fossi San Gennaro” è partito il mio nuovo percorso artistico che mi vede più in teatro che in tv. Io dentro porto Napoli, ma ho avuto due riferimenti, uno a Genova e uno a Milano: De Andrè e Gaber. Gaber mi ha dato l’intuizione della canzone a teatro. Il mio teatro canzone è fatto di monologhi che preludono alle canzoni, come faceva il grande Gaber.
Quanto ebbi il piacere di passare un quarto d’ora con lui mi disse: c’è chi vuole passare alla cassa e chi alla storia e queste parole mi hanno segnato. Mi dispiace, per motivi organizzativi, non poter portare i miei spettacoli anche al nord, perché il mio zoccolo duro è al sud ma so di avere sostenitori anche al nord”. Sulla contrapposizione tra nord e sud e gli attacchi del nord ai ‘terroni’. “Alla fine di ogni spettacolo dico: “Grazie mille, come disse Garibaldi quando rese gli italiani felici e contenti, felici quelli del nord e scontenti quelli del sud”.
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C’è un dato storico vero: con l’unità d’Italia tre quarti di quello che diventò patrimonio nazionale appartenevano al Regno delle due Sicilie. Dobbiamo parlare anche un po’ di storia anche per far capire alle generazioni dell’Iphone e della Coca Cola come è andata. Lo dico anche in una canzone: ci dividiamo su tutto, siamo fratelli solo per il calcio, chi è morto per l’unità di questa bandiera chi gliel’ha fatto fare?”
Sulle polemiche relative al reddito di cittadinanza per i fannulloni del sud. “C’è questa considerazione che il napoletano non lavora e si riposa. Vorrei mettere sul mio loculo: Federico Salvatore… e ora continua a riposarsi. Non voglio entrare in questi argomenti. Gli stereotipi non si superano purtroppo. Sono veramente disilluso di fronte a tanta ignoranza”.
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