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    IL SENSO DI PLATINI PER LA POLITICA – DALLA JUVE CHE TRASCINO’ SUL TETTO DEL MONDO AL VERTICE DELL’UEFA, DALLE ACCUSE DI CORRUZIONE PER I MONDIALI DEL QATAR AL FERMO: GENIO E IR-REGOLARITA’ DI “LE ROI” MICHEL - LA DENUNCIA DI UNA “MACCHINAZIONE POLITICA” PER PORRE FINE ALLA SUA ASCESA - LUI CHE, A PROPOSITO DELLA POLITICA, HA SEMPRE DETTO: “E’ COME LA NAZIONALE: DOVREBBERO…” – VIDEO


     
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    Francesco Prisco per www.ilsole24ore.com

     

    platini platini

    Forse non è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Anzi, togliamo il forse: Michel Platini rientra senza dubbio in una Top 10 «all time» del calcio ma non ha mai neanche sfiorato il ballottaggio Pelé-Maradona. Il discorso, tuttavia, è un altro: il numero 10 di Francia e Juventus, fermato per una faccenda di corruzione legata all’organizzazione dei Mondiali di Qatar 2022, è stato sicuramente il giocatore più intelligente di tutti i tempi. In campo e fuori. Impareggiabile senso della posizione e formidabili doti di assist-man ne hanno fatto un fuoriclasse assoluto. Dello sport prima, della politica poi.

     

    Genio e regolarità 

     

    trapattoni platini trapattoni platini

    Se da qualche parte nella Silicon Valley qualcuno elaborasse uno speciale algoritmo per mettere in relazione carriera agonistica e parabola professionale post agonistica di ogni atleta, Platini se la giocherebbe probabilmente soltanto con George Weah che, da centravanti del Milan anni Novanta, è diventato addirittura presidente della sua Liberia. Ma in campo Le Roi è stato molto più decisivo: tre Palloni d’oro a certificare le vittorie all’Europeo, in Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e ci fermiamo qui, per quanto la lista potrebbe essere ancora più lunga. Una carriera impressionante, la sua, ma a impressionare è ancora di più la lucidità con la quale ha saputo gestirla. Mai un passo in più del dovuto: in ogni gesto la stessa precisione chirurgica di quando tirava un calcio di rigore. In ogni parola un raro senso della misura: «Sono francese e mi sento tale. Stimo l’Italia, ma io non sono italiano», diceva ancora 23enne, prima di una partita con la Nazionale della sua terra d’origine. Genio e regolarità.

    platini franco costa platini franco costa

     

     

    Tre squadre per un fuoriclasse 

     

    Arriva dalla Lorena, regione di confine e grandi traffici, da una famiglia italiana (suo nonno era un muratore di origini novaresi) che nella nuova patria ha cominciato a salire la scala sociale (suo padre insegna matematica con la passione per il calcio). La sua via per l’affermazione si chiama campo di gioco, un terreno sul quale conta pochi rivali. Cambia ancora meno squadre: «Ho giocato nel Nancy perché era la mia città, nel Saint-Étienne perché era la migliore in Francia e nella Juventus perché è la migliore al mondo», dirà dopo il ritiro. Parole che denotano rara stoffa da leader.

     

    Il capolavoro del ritiro a 32 anni 

    SARKOZY PLATINI SARKOZY PLATINI

     

    Il ritiro, appunto: un capolavoro. Platini è del 1955, con la sua Francia sfiora per due volte la vittoria del Mondiale nel 1982 (quarto) e nel 1986 (terzo). Quell’anno è all’apice della sua parabola sportiva e vede trionfare l’Argentina guidata da un ragazzo di cinque anni più giovane. Nella stagione calcistica successiva quello stesso ragazzo, con il Napoli, gli scucirà lo scudetto dal petto. È il 1987 e un Platini appena 32enne sceglie di ritirarsi, se ne va quando avrebbe ancora tanto da dare perché punta sempre all’eccellenza, non gli va di fare il comprimario.

    Gloria e onta di Michel Platini Gloria e onta di Michel Platini

     

    La parentesi da allenatore e Francia ’98 

     

    Si butta a fare l’allenatore, imbocca la corsia preferenziale riservata ai grandi campioni e finisce sulla panchina della Nazionale francese ma è probabilmente la cosa che in carriera gli riesce peggio: buca la qualificazione a Italia ’90, esce nella fase a gironi dall’Europeo del ’92 e allora alza bandiera bianca. È quasi una fortuna: Platini prende infatti le redini del comitato organizzatore dei Mondiali di Francia ’98. Mette a capitale tutto il bagaglio di credibilità e il sistema di relazioni costruitosi da atleta e tecnico. Tutto funziona alla perfezione al di là delle Alpi, persino Zinedine Zidane che regala a Les Bleus la prima Coppa del Mondo della loro storia.

     

    Mr. Fairplay va all’Uefa 

     

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    Da quel preciso momento la sua carriera «politica» non si ferma più: è prima vicepresidente della Federcalcio francese (2001-2008), poi sale sul treno di Sepp Blatter ed entra nell’esecutivo della Fifa (2002). Nel 2007 centra la prima delle tre elezioni consecutive alla guida dell’Uefa. Politicamente si muove su due binari: da un lato garantire alle squadre vincitrici dei campionati minori il diritto a qualificarsi per la fase a gironi autunnale della Champions, dall’altro assicurare il fair play finanziario dopo la fortunatissima epoca del «paga Pantalone». Un sistema che si basa sul consenso e che crea consenso. Fino a quando, nel 2015 in Fifa, crolla la grande architettura di Blatter e le macerie travolgono pure Le Roi: Platini si ritrova incriminato dalla magistratura svizzera per aver percepito illegalmente dall’eterno presidente Fifa 2 milioni come compenso per consulenze effettuate tra il 1999 e il 2002. Nel 2016 sceglie di dimettersi per quanto, due anni più tardi, arriverà un’assoluzione definitiva.

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    Il senso di «Le Roi» per la politica 

     

    Platini non ha dubbi: è stata tutta una macchinazione per porre bruscamente fine a una parabola dirigenziale destinata ai vertici del calcio mondiale. Tutta una roba politica, insomma. Vedremo come andrà stavolta, con le accuse che gli arrivano dalla madrepatria a proposito dell’organizzazione del più controverso Mondiale di calcio della storia. Vedremo cosa dirà alla fine del fermo. Lui che, a proposito della politica, ha sempre detto: «Dovrebbe essere come la Nazionale: dovrebbero sempre giocare i migliori. Ma non è mai così, in nessuna parte del mondo».

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