1 – L'AMICIZIA FRATERNA E IL SOCCORSO DI OBAMA MA PER I «RADICALI» È SOLO L'ESTABLISHMENT
OBAMA BIDEN
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Il cuore e il cervello. Il cuore del vecchio Sleepy Joe, come lo apostrofa Trump, che ha ripreso a battere forte. E il cervello freddo di Barack Obama, umanamente vicinissimo al veterano suo vice per 8 anni, ma che poi lo aveva dissuaso dal correre per la Casa Bianca nel 2016, lasciando via libera a Hillary Clinton. Un Obama che anche nella campagna attuale, non era mai sceso in campo in suo favore invocando, semmai, «sangue nuovo» per le presidenziali 2020. Fino alla svolta maturata in appena 72 ore. È questo lo sfondo del ritorno di Joe Biden, la rinascita politica più sorprendente e clamorosa delle recente storia politica americana.
BARACK OBAMA JOE BIDEN
Assorto, smarrito, a volte balbettante, Biden sembrava già un capitolo archiviato dopo le prime tre votazioni del grande circo delle primarie. Fino alla riscossa di sabato scorso in South Carolina e all' incredibile vigilia del Super Martedì quando il rischio di una vittoria a valanga di Bernie Sanders - un leader considerato troppo radicale ed estraneo alla storia del partito democratico per essere il perno di una coalizione capace di battere Donald Trump - ha spinto l' ex presidente a mettere la corsa per la Casa Bianca su nuovi binari.
Per mesi Barack si è mantenuto sopra le parti parlando di unità del partito e ha incontrato i giovani candidati centristi che sfidavano il suo vicepresidente, alimentandone le frustrazioni. Biden, che non è mai riuscito a trasformare un' amicizia profonda - cementata da otto anni di gioie e dolori vissuti insieme a cominciare dalla tragedia della morte di suo figlio Beau - in una vera alleanza politica, aveva addirittura raccontato la sua delusione per il mancato appoggio di Barack nel 2016 in Promise me, dad , il suo libro di memorie politiche.
JOE BIDEN RICEVA LA MEDAL OF FREEDOM DA BARACK OBAMA
Ma quando il rischio di una vittoria a valanga di Sanders è diventato concreto, Obama ha rotto gli indugi esercitando una pressione discreta ma nitida dietro le quinte per convincere gli altri candidati centristi che non erano riusciti a sfondare nelle sfide iniziali delle primarie a ritirarsi dalla corsa. Non solo: nell' arco di poche ore Pete Buttigieg e Amy Klobuchar sono passati dal ruolo di sfidanti di Biden a quello di suoi alleati entusiasti, decisi a trainarlo verso la vittoria contro Sanders prima e contro Trump a novembre.
Il ritorno di Biden galvanizza i democratici riformisti, da tempo smarriti, ma approfondisce il solco che spacca la sinistra: gli attacchi durissimi lanciati ieri sera contro Biden da un Sanders deluso, lasciano spazio a un possibile remake del 2016, con i fan del candidato socialista scatenati contro Hillary Clinton durante le primarie e poi non disposti a votarla a novembre anche a costo di dare via libera a Trump. Sembrava che, dopo quattro anni di «The Donald», uno scenario simile fosse impensabile. Anche perché Joe non è l' algida Hillary: nonostante le accuse di Trump al figlio Hunter per i suoi affari in Ucraina e Cina, Biden ha un' immagine di onestà e di vicinanza empatica al mondo del lavoro che mancava alla ex first lady.
BERNIE SANDERS BARACK OBAMA
Ma le chat dei sostenitori di Bernie sono già piene di invettive contro Biden e di spiegazioni del perché non voteranno mai per lui: il leader più radicato in quell' establishment democratico che la nuova guardia della sinistra radicale ha deciso di abbattere a tutti i costi. Ma andare avanti con uno scontro all' ultimo sangue tra i due può essere un grosso regalo a Trump. Che già dipinge Sanders come la vittima di una congiura democratica. Bernie continuerà a combattere ma sa che, se non la spunta su Biden, lo manderà indebolito al confronto con un presidente che anche lui considera un pericolo mortale per l' America.
Ieri ha dovuto prendere atto che il suo momento migliore è passato e che riempire le piazze non basta: ha conquistato la California, ma non è riuscito a prendere né il Texas, né i due Stati sui quali aveva investito maggiormente: il Massachusetts liberal e il Minnesota che aveva strappato a Hillary 4 anni fa. Sabato a Boston erano in 13 mila a osannarlo in un Stato nel quale Biden non è andato quasi mai. Ma alla fine ha vinto lui.
hillary clinton e bernie sanders
2. L'AMAREZZA DI SANDERS TRADITO DAI GIOVANI IL GRANDE FAVORITO COSTRETTO A INSEGUIRE
Alberto Flores d' Arcais per “la Stampa”
L' ultimo cinguettio di Bernie è arrivato su Twitter quando sulla East Coast erano le 6:57 del mattino. La lunga nottata del Super Tuesday più sorprendente di sempre si era appena conclusa, l' Associated Press lo dava vincitore nel Golden State: «Grazie California! Hai dimostrato che gli americani sono pronti per un governo e un' economia che funzioni per tutti, non solo per l' 1%. Andiamo avanti insieme».
Chiuso con i suoi più stretti collaboratori, il campaign manager americano-pachistano Faiz Shakir, l' imprenditore-filantropo Ben Cohen (quello dei gelati Ben&Jerry) e la fida Arianna Jones (direttrice della comunicazione), stava analizzando quella che sui media i era già raccontata come una preoccupante battuta d' arresto del candidato «socialista». Solo poche ore prima, parlando ai suoi sostenitori in Vermont, Sanders si era mostrato ottimista («Quando abbiamo cominciato questa corsa tutti dicevano che non era possibile, ma stasera vi dico con fiducia assoluta che conquisteremo la nomination e sconfiggeremo il presidente più pericoloso della storia») ma quando ha lasciato il palco è sembrato un po' amareggiato.
bernie sanders joe biden
La sorpresa c' è stata, ma non nel senso che auspicava lui e adesso la strada di «zio Bernie» verso la nomination diventa tutta in salita. Diciotto Stati hanno già votato, altri ne seguiranno i due prossimi martedì e fra quindici giorni il suo destino potrebbe già essere segnato. Se con la vittoria in California riuscirà a contenere e forse a colmare la distanza che lo separa da Biden , altri dati ci dicono che le difficoltà per lui iniziano ora.
Il suo messaggio per il Super Tuesday era chiaro. Dimostrare di essere in grado di cambiare l' elettorato democratico, portando alle urne chi non vota, dimostrare ai democratici scettici che così facendo sarebbe veramente in grado di battere Trump il prossimo 3 novembre. Dalla Virginia arriva il primo campanello d' allarme: l' affluenza è quasi raddoppiata rispetto al 2016, ma lui non ha costruito alcuna coalizione e Biden lo ha stracciato. E nei caucus del Colorado, dove aveva avuto il 60% quattro anni fa è sceso al 40.
bernie sanders joe biden
Ha un altro punto debole, quello di apparire come un candidato di minoranza. Vince in Vermont con il 51% (ma 4 anni fa aveva l' 85), vince in Nevada con il 40% ma in tutti gli altri Stati - anche dove è primo - si ferma sempre attorno al 30%. Nel giro di una settimana è passato da front runner, il favorito, a inseguitore; invece di crescere il suo slancio è diventato statico.
Dire che è quasi fuori gara sarebbe del tutto sbagliato, ma fra due settimane potrebbe essere più vero. Martedì 10 si vota in sei Stati (Idaho, Missouri, North Dakota, Mississippi, Washington e Michigan) e con i risultati simili a quelli del Super Tuesday rischierebbe di vincerne solo uno (Washington). Il colpo peggiore potrebbe arrivare da una sconfitta in Michigan, Stato dei «blue collar» che Sanders ha già conquistato nel 2016 (contro tutti i sondaggi che lo davano perdente contro Hillary). Se la settimana successiva (17 marzo) non sfonda quando andranno alle urne Illinois Ohio, Florida e Arizona difficilmente arriverà alla Convention di Milwaukee con un pacchetto di delegati in grado di garantirgli la nomination.
Dalla sua ha ancora la forza della mobilitazione e l' entusiasmo giovanile. Proprio i giovani potrebbero essere però il suo tallone di Achille. Perché è vero che applaudono il suo messaggio anti-istituzione e diventano folle ai suoi raduni. Ma tutto ciò non si trasforma in quella affluenza di cui Sanders avrebbe avuto bisogno il Super Martedì.
I numeri ci dicono che nei cinque Stati 'sudisti' vinti da Biden (North Carolina, Virginia, Tennessee, Arkansas e Alabama) i giovani hanno disertato le urne in modo ancora più massiccio di quanto non fecero nel 2016.