Estratto dell’articolo di Irene Soave per il "Corriere della Sera"
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La star vuole rivedere l’intervista, risponde a monosillabi, di un tema non parla, dell’altro non sa, c’è una guerra a Gaza? Non lo sapeva.
L’intervista durerà sette minuti, saranno presenti gli addetti stampa della star, quelli della produzione, quelli degli sponsor, le domande saranno lette da tutti e ognuno troverà da ridire: questo lo chiederesti pure a un uomo? Della gravidanza la star non parla, del divorzio non parla, della cosa che a tutti interessa sapere di lei, naturalmente, non parla.
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Benvenuti nella vita del junket journalist : non la grande firma di spettacoli, ma il cronista invitato agli eventi promozionali di film e serie tv. Eventi a cui le star partecipano perché obbligate, e in cui il trattamento è spesso tra l’autoritario e il pessimo. Non è strano, quindi, che i giornali di mezzo mondo esultino alla comparsa su YouTube del loro angelo vendicatore.
Si chiama Kjersti (pronuncia: Shersti) Flaa ed è una norvegese che vive a Hollywood.
Dal 2015 partecipa alle conferenze stampa di varie produzioni, e ne scrive per diversi magazine del suo Paese. Da poco, su YouTube sta pubblicando tutte le interviste del suo decennio di lavoro, da Leo DiCaprio a Dakota Johnson, da Chris Hemsworth a Jennifer Lopez. La più celebre di tutte, Flaa l’ha intitolata «L’intervista che mi ha fatto venir voglia di licenziarmi».
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È il 2016, e deve incontrare Blake Lively per la promozione del nuovo film di Woody Allen, Cafè society . Lively ha da poco annunciato di essere incinta, e Flaa si congratula per il «pancino»; riceve in cambio un tagliente «ma guardati il tuo, di pancino» (non è incinta).
Poi chiede a Lively se anche a lei piacciono i costumi d’epoca del film, e lei le chiede, piccata, se anche a un maschio avrebbe chiesto dei costumi. Più che un’intervista, un momento di bullismo: visualizzato 5,5 milioni di volte, soprattutto dopo che Lively, quest’estate, è stata criticata per il suo ruolo in It ends with us, film assai meno spensierato e leggero di come lei lo aveva pubblicizzato. […]
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Un’altra tremenda è Anne Hathaway: sta promuovendo un musical ( Les miserables ) e Flaa le chiede: a questa domanda mi risponderebbe cantando? La diva la gela: no, perché non canti tu? Poi le manda una lettera di scuse, che Flaa divulga, definendola «carina». Poi Bill Murray: fa aspettare Flaa per cinque ore e se ne va. E così via.
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L’insieme delle interviste fa pensare a Hollywood come a un mondo parallelo dove non vige il galateo; e a Flaa, che non risparmia di postare nemmeno le sue domande più stupide, come a una reporter non brillante. Il suo canale è una rarità: a pochi giornalisti piace far trasparire, in un’intervista, che si è fatta una figura magra. Soprattutto, gli studi di produzione non invitano di nuovo un cronista che ha parlato male di loro.
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Ma Kjersti Flaa non ha paura: già nel 2020 fece causa alla Hollywood foreign press association, che la escludeva dalla giuria dei Golden Globes, e così avviò un dibattito sulla scarsa inclusività del premio. […]
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