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"Ne abbiamo bruciati un altro po', così magari la smettono di tirar la giacca al povero Matteo". Nello staff renziano questo stillicidio di nomi per il primo governo del Rottam'attore non crea fastidi, anzi. E soprattutto serve a coprire la partita vera che si sta giocando non solo con Alfano, ma anche e soprattutto con il Cavaliere: la durata del governo.
DELRIO ALLA LEOPOLDARenzie mira ad arrivare al 2018, si ripete con insistenza. Ma in zona berlusconiana si giura il contrario e la cartina di tornasole sarà l'esito di alcuni bracci di ferro. Il primo, il più clamoroso, riguarda la nomina del ministro dell'Economia. Il segretario del Pd vuole mettere su quella poltrona un politico e un uomo di assoluta fiducia, ovvero Graziano Delrio.
Ma le pressioni dal Colle, dalla Bce e dai giri della finanza milanese convergono tutte su nomi "tecnici": Guido Tabellini, Pier Carlo Padoan, Salvatore Rossi e perfino un ritorno di Domenico Siniscalco. La partita è apertissima e quello che potrebbe essere decisivo è l'orizzonte che si è dato il Rottam'attore: se sarà un orizzonte di legislatura, difficilmente farà un passo indietro su una nomina che vale da sola mezzo governo; ma se invece pensa di fare un paio di riforme (quelle concordate con Berlusconi) e di andare al voto nel giro di un anno al massimo, bè, allora può anche arrendersi al "tecnico".
RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA GUIDO TABELLINIIn ogni caso, anche sulle soluzioni spacciate per tecniche Renzie ha i suoi gusti e disgusti. In particolare, pare che il passato dalemiano di Padoan sia difficile da digerire e, sul ministero dello Sviluppo, sono stati chiesti pareri giuridici riservati su eventuali conflitti di interesse di un Bernabè, che ha lasciato Telecom Italia da troppi pochi mesi. Più in generale, la paura di Renzi è che l'eventuale nomina di Bernabè, che passerebbe da ex controllato a controllante, sia percepita all'estero come una mossa da repubblica delle banane.
Angelino Alfano PIER CARLO PADOANSul Viminale, poi, lo scontro è meno duro di quel che sembra. In realtà si mormora che Angelino Alfano sia tranquillo sulla propria riconferma e che Renzie sia rassegnato all'idea, anche perché sa che anche il suo popolo capirebbe che si tratta di un passaggio obbligato. E se alla Giustizia il patto non scritto con Forza Italia porterà un sincero garantista, c'è attenzione anche sulla delega per le tlc. Se andrà a una persona che offre garanzie al padrone di Mediaset sarà la prova definitiva che questo governo nasce con una maggioranza vasta quanto indicibile.