SPERAVO DE MORI' PRIMA - CLIP 1
SPERAVO DE MORI' PRIMA - CLIP
Speravo de morì prima
Marco Giusti per Dagospia
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Attenzione. A un giorno dall’inizio della messa in onda “Speravo de morì prima”, la serie su Francesco Totti, prodotta da Sky-Freemantle-Capri, diretta da Luca Ribuoli, scritta da Stefano Bises, Michele Astori, con Pietro Castellitto protagonista, è già un caso.
Lo sapevamo. Toccare Totti, anche se con tutte le attenzioni e le autocensure e i controlli possibili, non può che essere un caso. C’è chi scrive “Speravo De Morì Prima de Speravo De Morì Prima” (tal Giulio Verme, twitter). “Ma almeno a quelli che se so’ inventati lo striscione du “euri” glieli hanno allungati???” (tal Pierapolo Parasecoli), bella domanda.
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“Se solo Beppe Fiorello avesse accettato la parte da protagonista” (gianfra). “Fa così schifo?” – “Sì”. “Ma pensate a quanta figa ci sarà in "Speravo de morì prima 2" su Nicolò Zaniolo” (Lehman Meta).
Bel lancio. Insomma, sì, me lo sono visto. Cinque puntate su sei. Bevute, proprio glùglùglù. Vivo a Roma, mica in Nuova Zelanda. E devo dire che fa parecchio ridere. E ha fatto ridere parecchio anche mia moglie che non sa niente, ma proprio niente di calcio ma chissà perché è fan di Totti.
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Pietro Castellitto non ci somiglia per niente, sembra Coppi, ma è favoloso, perché si inventa un suo Totti personale, lo costruisce con pause, sguardi, battute continue (“E dopo Roma?” – “Orte”).
Un Totti riletto da chi col suo mito c’è cresciuto, insomma. E grazie a questa rilettura, rimane un Totti ragazzino, ingenuo, che non vuole smettere di giocare, che non si arrende all’età, ai 40 anni che lo obbligheranno a appendere gli scarpini al muro.
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Che per tutta la serie pensa solo a questo. A non smettere di giocare. Non riesce a togliersi quell’unica idea della testa. E Castellitto ce lo fa capire sempre. Ne capiamo la sofferenza proprio perché lo vediamo ancora così giovane.
E oltre a questa maschera buffa ma un po’ tragica, gli costruisce questa romanità primordiale, questo misto di puponismo e di paura, di orgoglio e di inerzia, un percorso che da Aldo Fabrizi arriva a Sergio Leone e ai personaggi di Verdone, che non gli permette mai neppure di poter uscire dal quadrilatero infernale dove si muove e gioca da quando è nato.
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“Ma stai tanto bene qui” continua a dirgli il padre rispetto a qualsiasi offerta a qualsiasi età, sia il Milan o il Real.
E’ questa coscienza al tempo limitata e illimitata di sé, della propria romanità e delle proprie capacità che lo mette in crisi con Spalletti e dà il via all’unico contrasto da cinema che i poveri sceneggiatori potevano permettersi.
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“A Checco, nun me rompe il cazzo”, gli dice lo Spalletti di Gianmarco Tognazzi, poco sviluppato in sceneggiatura, ma bravissimo nella sua follia. E solo questa battuta gli fa crollare un mondo e costruisce almeno tre episodi. Ricordate quando i cattivi Baxter prendono in giro il mulo di Clint Eastwood in “Per un pugno di dollari”? Uguale.
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“Al mio mulo non piace che si rida, perché pensano che si rida di lui”. Ma come si permette Spalletti, er pelato, di dire a Totti una cosa del genere?
Chi può dire questa frase a Totti a Roma? Basta questo per fare di Spalletti un Baxter, un nemico, utile però per mandare avanti la serie, per non far scoprire subito che il vero nemico è il tempo, se non la chiusura stessa di Totti nel proprio mondo che non gli permette di vedere altro oltre al calcio.
CLIP ESCLUSIVA SERIE SKY SU TOTTI
Così ci si inventa, anzi gli sceneggiatori si inventano un alter ego, Antonio Cassano, interpretato da un Gabriel Montesi (già visto in Favolacce) fenomenale, perché, ovvio che rifaccia Checco Zalone che imita Cassano, ma è davvero identico. E fa morir dal ridere.
E porta allegria a tutta la scena. E fa funzionare meglio la sofferenza un po’ ironica di Totti.
E allora l’ideuzza, non bellissima, degli sceneggiatori di farne un amico invisibile con cui scontrarsi su temi importanti, funziona perché i due sono bravissimi. Guardate come funzionano meno altri personaggi solo abbozzati, penso a De Rossi, mah…, davvero un po’ sprecato.
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Greta Scarano come Ilary, invece, non solo è molto brava, ma è l’unica che sembri recitare pensando che è cinema e quindi riesce a stare fuori dal mito Totti (cavolo, sta già provando a minare il mito della fedeltà di Montalbano su Rai Uno, attenzione, mimchia…), dove invece si immerge Castellitto per costruire il suo personaggio.
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La stessa cosa fanno Monica Guerritore e Giorgio Colangeli, perfetti come genitori di Totti, mamma Fiorella e papà Enzo, avvolgenti al punto di impedirgli quasi di crescere.
Per troppo amore, certo, ma è chiaro che nel quadrilatero che lo opprime e dal quale non può scappare, loro hanno un peso fondamentale.
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In generale l’idea è quella non di fare un biopic tradizionale, che sarebbe stato impossibile e un po’ inutile, ma una sorta di serie a sketch, spesso comici, con un taglio tra Zerocalcare e vecchi Pills, dove il personaggio Totti e i il suo mondo prendono vita contornati di gol rigorosamente da repertorio Sky, guest star romane illuminanti, l’Antonello Fassari di Avanzi, il Paolo Calabresi di Boris, il Ricky Memphis vanziniano, perfino la Pantera Rosa gné gné.
gian marco tognazzi luciano spalletti speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
Mancano solo Mastandrea e Giallini. Come se fosse uno show, insomma, un grande show su Totti da Rai Uno.
Fra parentesi, cercai di farlo dopo “Orgoglio coatto” nella Rai Due di Freccero, si chiamava “Il caso Totti”, ma mi bloccarono subito perché i tifosi temevano qualsiasi critica, che non avrei certo fatto.
gian marco tognazzi luciano spalletti speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
Mi è rimasta, ma credo di averla buttata, una registrazione dove Giletti ai “Fatti Vostri” ascolta la confessione di Antonio Giuliani che chiedeva scusa per la parodia Tottigo’ allora per nulla gradita dai tifosi romanisti.
Ahi. Ma in quei giorni Totti non si poteva toccare e perfino il titolo (Il caso Totti? Ma quale caso? Perché… ci sarebbe un caso Totti?) venne visto con un offesa regale e mi ritirai ovviamente dalla scena.
GRETA SCARANO - ILARY BLASI IN SPERAVO DE MORI' PRIMA
E la notizia del non-programma venne riportato sulla prima pagina del Messaggero. Oggi Totti e i suoi fan sono un bel po’ più disponibili, è vero, quando mai vent’anni fa avrebbero accettato di vedere un Totti in crisi, in panchina, un Totti che invecchia? Appunto, speravo de morì prima… O che fa ridere perché parla come un personaggio di Osho?
greta scarano ilary blasi in speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
Ma lo accettano perché qui è ancora un ragazzino, è un Totti da fan-di-Totti, un Totti-fai-da-te che Castellitto come tutti i ragazzi romani e romanisti si sono immaginati per anni. Per questo lo Spalletti di Tognazzi, che è palesemente più vecchio del Totti di Castellitto lo può affrontare di petto e contrastarlo.
giorgio colangeli enzo totti in speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
Perché non sono due adulti, come nella realtà, ma due personaggi dove uno è un teen in crisi, un ragazzo che non vuole crescere e vede nella vita futura fuori dal campo un buio impossibile degno di Stephen King e l’altro un adulto, un professore, che vuole mettere ordine e fargli capire la realtà dei fatti.
pietro castellitto francesco totti speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
Non tutto funziona nella serie, è vero, e magari non funziona perché non tutto si può raccontare per fare un ritratto accettabile, leggi accettato, da Totti e famiglia e dalla A.S.Roma. Ma detto questo la serie e Castellitto sono la miglior mediazione possibile fra il Totti della realtà e quello riletto dai fan, tra il Totti adulto e il Totti ragazzino. Cassano e Ilary sono adorabili, Fiorella e Enzo dimostrano quanto possono essere bravi i nostri attori. E potrebbero tranquillamente dar vita a uno spin-off. E i gol e i commenti coatti delle radio romane ci sono. Quante alle critiche, fanno parte del gioco.
gabriel montesi antonio cassano in speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
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