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    QUANDO CE VO', CE VO': A VOLTE MANDARE AFFANCULO È UN DIRITTO! - IL TRIBUNALE DI CREMONA HA STABILITO CHE IL LICENZIAMENTO DI UN CASSIERE DI UNA BANCA, CHE IN DUE OCCASIONI AVEVA MALTRATTATO E INSULTATO I CLIENTI, VA ANNULLATO PERCHÉ SI ERA TROVATO A LAVORARE IN UN AMBIENTE "STRESSANTE" - L'UOMO, CHE SARA' ANCHE RISARCITO CON 16 MESI DI STIPENDIO, AVEVA MANIFESTATO IL SUO MALESSERE DA TEMPO ALLA BANCA PER CUI LAVORAVA, MA...


     
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    (ANSA) - Il cassiere in due occasioni aveva maltrattato e insultato i clienti e questo, con contestazioni "minori", aveva portato al suo licenziamento "per giusta causa" nel marzo 2022 . Il tutto era stato immortalato nelle telecamere di sorveglianza della filiale. Il Tribunale di Cremona, però, come racconta "Il Corriere sella sera" ha stabilito che il licenziamento del cassiere va annullato e che il lavoratore deve essere risarcito con 16 mesi di stipendio perché si era trovato a lavorare per anni in un ambiente "stressogeno".

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    "Al lavoratore va sicuramente rimproverato — scrive il giudice — di non aver saputo esercitare il dovuto autocontrollo manifestando all'esterno il proprio malessere in circostanze che richiedevano altro comportamento. Tale mancanza, però, si ritiene non possa integrare la giusta causa di licenziamento o il giustificato motivo soggettivo".

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    Il bancario, al momento del licenziamento, aveva 28 anni di anzianità, per la maggior parte proprio nella stessa banca, e il legale che lo ha assistito, Domenico Tambasco, ha commentato: "Si tratta di un'ordinanza molto importante perché, sul solco tracciato dalla Cassazione in materia di stress lavorativo, per la prima volta riconosce che i comportamenti 'reattivi' oggetto di contestazione disciplinare possono trovare spiegazione nelle condizioni stressogene a cui sono sottoposti i dipendenti. La disfunzione organizzativa può, in determinate situazioni, giustificare quindi la condotta individuale".

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    Nelle relazioni della banca tra il 2014 e il 2020 risulta che il cassiere ha avuto "risultati complessivamente adeguati", ma sempre manifestando il proprio malessere. La banca dunque, sostiene il Tribunale, era consapevole del suo stato d'animo e che questo provocava in qualche caso "una modesta tolleranza allo stress". In più il lavoratore aveva segnalato in una email al suo direttore, durante la pandemia, "di essere costretto a contenere l'umore dei clienti della filiale e a subire qualsiasi tipo di insolenza e vessazione verbale, senza la possibilità di fare alcuna pausa di recupero di energia psicofisica".

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