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    PEGGIO DI "FULL METAL JACKET" - IL TRIBUNALE DI VERONA HA CONDANNATO UN SERGENTE DELL'ESERCITO A CINQUE MESI DI RECLUSIONE PER AVER SFERRATO UN CALCIO AL TORACE A UN COMMILITONE - L'EPISODIO RISALE AL 2017: DOPO UN CONTROLLO IL SOTTOUFFICIALE AVEVA RINVENUTO IN UN ARMADIETTO UN PACCHETTO DI MERENDINE, VIETATO DAI REGOLAMENTI INTERNI, QUINDI AVEVA COSTRETTO L'INTERA CAMERATA A UNA SERIE DI PIEGAMENTI SULLE BRACCIA E POI...


     
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    Da corriere.it

     

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    Prima ha costretto i «suoi» soldati a fare una serie di flessioni sulle braccia, e poi ha sferrato un calcio al torace di uno di loro. Il tutto come punizione per aver violato il regolamento interno. La loro colpa? Aver portato in caserma delle merendine. Un sergente dell’Esercito è stato condannato dal tribunale militare di Verona a cinque mesi e dieci giorni di reclusione militare per il reato di violenza contro un inferiore. Sentenza che è appena stata confermata dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso del sottoufficiale.

     

    «Non sai che posso diventare più cattivo»

    L’episodio risale al 14 dicembre del 2017 e ricorda - pur con i dovuti distinguo - la famosa scena del film Full Metal Jacket di Stanley Kubrick, coi marines costretti a fare flessioni dopo che uno di loro era stato sorpreso con una ciambella. In questo caso, la vittima ha raccontato che quel giorno il comandante di Compagnia aveva disposto un controllo, e il sergente aveva così rinvenuto in un armadietto «un pacchetto di merendine, genere vietato dai regolamenti interni».

     

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    L’imputato – un 42enne originario di Cosenza – a quel punto «ordinava per punizione a tutti i militari presenti in camerata di fare dei piegamenti sulle braccia». Stando alla ricostruzione dell’accusa, una delle reclute non sarebbe riuscita a svolgere correttamente le flessioni, e il superiore l’avrebbe chiamato per nome per avvertirlo: «Non sai che posso diventare più cattivo». E subito dopo «lo colpiva con un calcio al costato».

     

    Una botta molto forte, inferta davanti agli altri soldati della camerata che però hanno negato di aver visto il sergente sferrare il colpo perché «intenti a realizzare l’esercizio fisico punitivo» pur confermando che, subito dopo, hanno notato la sofferenza del collega.

     

    Al pronto soccorso dopo 5 giorni

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    Durante la sua testimonianza, la vittima ha spiegato che in precedenza non aveva mai avuto problemi con il superiore e «di non essersi recato immediatamente dopo il fatto in ospedale, perché temeva, nel caso gli fossero dati dei giorni di prognosi, di non poter partecipare al giuramento che era previsto per il giorno successivo».

     

    Dopo la cerimonia era stato lasciato libero di trascorrere il finesettimana con i familiari, e in quella occasione si era confidato con il padre. Solo il 19 dicembre, quindi cinque giorni dopo aver subito la punizione, il giovane «su richiesta dei superiori» si era presentato al pronto soccorso di Verona e i medici avevano messo nero su bianco, sul referto, la contusione al torace giudicata guaribile in due giorni.

     

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    Il sergente si è sempre detto innocente

    Dal 2017 a oggi, il sergente ha sempre respinto le accuse e, durante le udienze davanti ai magistrati, i suoi difensori hanno sottolineato come nessun testimone abbia saputo confermare con precisione l’episodio del calcio al costato, tanto meno nella sua intensità. Ma prima il tribunale militare di Verona e poi quello d’Appello di Roma, hanno ritenuto credibile la ricostruzione della vittima tenendo conto delle prove (l’esistenza dei postumi del colpo a distanza di giorni) e delle testimonianze, visto che gli altri soldati che avevano potuto «constatare le immediate conseguenze del gesto».

     

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    Tesi confermata dalla Cassazione che nei giorni scorsi ha depositato la sentenza con la quale viene dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato. Oltre alla condanna (sospesa) a cinque mesi e dieci giorni, il sergente dovrà versare una sanzione di tremila euro.

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