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    IL VERO PROBLEMA DELL’ITALIA NON È LA DISOCCUPAZIONE, MA I SALARI DA FAME – IL NOSTRO PAESE È QUELLO IN CUI I SALARI REALI SONO DIMINUITI DI PIÙ, TRA LE GRANDI ECONOMIE: -7,3% SOLO NEL 2022, RISPETTO AL 2021 – GLI ITALIANI NEL 2020 INCASSAVANO COME STIPENDIO MENO DI QUANTO GUADAGNAVANO NEL 1990 – LA PRODUTTIVITÀ CHE MANCA, LA FORZA LAVORO ANZIANA E POCO ISTRUITA E LE DIFFERENZE CON GLI ALTRI PAESI...


     
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    Estratto da www.corriere.it

     

    GLI ITALIANI GUADAGNANO MENO NEL 2024 CHE NEL 1990 GLI ITALIANI GUADAGNANO MENO NEL 2024 CHE NEL 1990

    La rincorsa prezzi-salari […] è da evitare, certo. L’Italia però è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato da questa classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90 […].

     

    D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto […] nel girone dantesco dei tirocini. L’Inps […] ritiene che questa area sia composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante […].

     

    SALARI E POTERE D AQUISTO IN ITALIA SALARI E POTERE D AQUISTO IN ITALIA

    La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. […]

     

    […] I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. L’alta inflazione generata dalla guerra in Ucraina e della veloce ripresa post Covid aggrava un problema che avevamo già. […] per capire che cosa stia succedendo bisogna introdurre un terzo attore: la produttività. La quantità di prodotto che si riesce a sfornare nell’unità di tempo.

     

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    Spiega Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia all’università Bocconi di Milano, che «i bassi salari sono la spia di un malessere profondo dell’economia. Che derivano da una crescita anemica della produttività totale dei fattori. I salari fermi sono, a mio avviso, la più grande ferita nel modello di specializzazione produttiva dell’Italia, basata sulle piccole e medie imprese.

     

    Con un impatto inevitabile anche sulla demografia. Con una forza lavoro anziana e poco istruita, per una scarsa percentuale di lavoratori con istruzione avanzata, ne risente anche la produttività. A ciò si aggiunga  un mercato dei capitali poco dinamico e la ridotta dimensione delle imprese anche per sfuggire ai radar del fisco, generalmente poco aperte per questo all’innovazione tecnologica e dunque al valore aggiunto che ciò genera sulla produttività, retaggio anche di un capitalismo familiare affetto dal dogma del controllo».

     

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    Analizzando i dati della BCE, si può notare un certo scarto nella crescita del valore nominale dei salari tra i vari paesi dell’Eurozona, ha segnalato uno studio dell’associazione Adapt che trovate qui. Nel 2022, la crescita registratasi in Italia è del solo 1.1%, mentre altri Paesi registrano percentuali più elevate, come nel caso della Germania (2.7%) o della Repubblica Ceca (4.4%). Emblematico è il caso della Francia, in cui il valore nominale dei salari è cresciuto indicativamente del 5%.

     

    […] Se parametriamo tutto al 2008, anno della crisi finanziaria che travolse il sistema bancario americano, i salari italiani sono più bassi del 12% in termini reali, spiega il Global Wage Report presentato dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del Lavoro. La retribuzione media, a parità di potere d’acquisto tra tutti i Paesi del mondo, da noi è poco superiore alla soglia dei 35 mila euro. La media Ocse è però superiore ai 46 mila euro.

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