Federico Capurso per “la Stampa”
sileri
Prosegue il calo dei contagi, così come la pressione sugli ospedali, ma già a inizio telefonata il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, frena i facili entusiasmi: «Siamo lontani dal cantare vittoria. Sarà necessario un Natale diverso, altrimenti crescerà di nuovo la curva». Attenzione massima, dunque, che troverà concretezza nel prossimo Dpcm, in arrivo tra martedì e mercoledì. «A partire - dice Sileri - dagli spostamenti tra Regioni, che dovranno essere limitati».
Sarà vietato viaggiare anche tra regioni gialle?
«È brutto dirlo, ma credo sia necessario. Dobbiamo ridurre le possibilità di contagio. Entro la fine di dicembre è verosimile che la maggior parte delle Regioni siano in fascia gialla e a quel punto sarebbero sufficienti i pranzi di Natale con dei positivi a tavola per rischiare una strage».
vaccino
Discorso che tocca anche gli spostamenti verso le seconde case all' interno della propria regione?
«Se ne sta discutendo. Il punto, in questo caso, è con quante persone si va nelle seconde case. Se è lo stesso nucleo familiare a spostarsi, non cambia moltissimo. Resta però la raccomandazione ad avere un numero ristretto di invitati: direi 6, anche se non è un numero magico. E che non siano 6 invitati diversi ad ogni pasto. Anche il coprifuoco, poi, deve restare alle 22».
Per bar e ristoranti non cambia nulla?
«I ristoratori vanno liberati, facciamoli riaprire, ma dopo le festività natalizie. In questo momento dobbiamo continuare a dare ossigeno agli ospedali. Ci sono ancora troppe terapie intensive e troppi reparti pieni. Per ora lascerei tutto così, congelato, e a gennaio inizierei a valutare un allentamento delle misure per loro, ma anche per teatri e cinema».
PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE
Scuole superiori aperte a gennaio. Le medie già da questi giorni, nelle regioni che tornano arancioni, anche se il Piemonte le tiene ancora chiuse. Condivide la linea?
«Io sono sempre per la scuola aperta. I dati mostrano che i contagi non avvengono negli istituti. Sarebbe auspicabile riportare in classe anche gli studenti delle superiori, a partire da questa settimana, se la curva dei contagi registrasse un calo deciso. Se invece deve diventare un' apertura simbolica, a metà dicembre e con la curva ancora in calo moderato, allora è bene rimandare a dopo le feste».
Piemontesi e lombardi, nella loro prima domenica in zona "arancione", sono tornati a riversarsi in strada e nei parchi.
«Capisco la spinta verso un ritorno alla normalità, quando si allentano le misure. È giusto riprendere la quotidianità, ma se non si fa attenzione, se non si seguono le regole di distanziamento e non si utilizzano i dispositivi di prevenzione, la curva si rialza inesorabilmente. Dobbiamo tutti capire che oggi il sistema sanitario ha 60 milioni di dipendenti: conta su ognuno di noi per limitare la circolazione del virus».
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Altrimenti? Rischiamo una terza ondata a marzo?
«In primavera potrebbe esserci una recrudescenza del virus, anche se non così forte. Per evitarla, in teoria, dovremmo avere almeno 8 milioni di persone già vaccinate. La verità è che saranno ancora i nostri comportamenti a fare la differenza».
A gennaio dovrebbero arrivare le prime dosi di vaccino. Cambierà qualcosa?
«L' arrivo dei vaccini sarà un momento importante, anche se io aspetto la validazione dell' Ema. L' Italia ha un diritto di prelazione sul 13,5% delle dosi acquistate dall' Europa, ma vaccinare un milione e mezzo di persone a gennaio, comunque, non sarà risolutivo».
Conferma che il vaccino non sarà obbligatorio?
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«Penso che non servirà, se non per alcune categorie più esposte, come quella degli operatori sanitari. Non possiamo nemmeno permettere di far entrare ancora il virus nelle Rsa. La protezione di gregge si raggiunge intorno al 70% di vaccinati, ma di questa percentuale a noi interessano soprattutto gli over 65, che sono 14 milioni».
State pensando all' obbligo di vaccinazione per chi ha più di 65 anni?
«Nessun obbligo. Vediamo come procede l' adesione alla campagna vaccinale in questi primi mesi. Dopo tutto quello che abbiamo passato, credo che ci sarà una corsa alla vaccinazione».
Quando potremo tornare alla normalità?
«Se arriveranno 20 milioni di dosi in 6 mesi, vorrà dire che potremo vaccinare 10 milioni di italiani, la metà, perché per ogni dose di vaccino va fatto un richiamo.
Credo che solo a ottobre avremo dei numeri sufficientemente alti».
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Questo vuol dire che ci aspetta un' altra estate a rischio.
«L'Europa si dovrà attrezzare. Si potrebbe avere un' anagrafe vaccinale finalmente funzionante, che riconosca chi ha fatto il vaccino e preveda misure di precauzione diverse a seconda dei casi».
Intorno al Mes sanitario europeo la maggioranza è spaccata. Sempre convinto che non sia necessario?
«Il problema del Mes sanitario non è ideologico. Ci sono delle criticità, nel trattato che regola l' uso di quel fondo, che finora non sono state risolte. E ad ogni modo quei soldi, in previsione, non servono. Se poi a giugno dovesse riaggravarsi l' epidemia, se il vaccino non arrivasse e se avessimo gli ospedali di nuovo al collasso, il discorso cambierebbe».