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I primi 5 mesi dell'anno, da gennaio a maggio, sono solitamente considerati dagli esperti come «l'alta stagione del morbillo». Ma quest'anno, complice la pandemia di Covid-19, non è stato così in Italia e in generale in Europa. Anche questa malattia sembra essere andata in lockdown. Dai dati dell'Ecdc (Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie) in un report pubblicato su "Eurosurveillance" emerge «nel 2020 un'interruzione inaspettata nella dinamica dell'epidemia di morbillo».
«Tra il 1 gennaio e il 31 maggio di quest'anno sono stati segnalati all'Ecdc 1.917 casi di morbillo (1.246 confermati, 390 probabili, 276 possibili e 5 sconosciuti)» in 30 Paesi inclusi nella sorveglianza (Paesi Ue/Spazio economico europeo e Regno Unito).
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«Dal 2010 è il secondo numero più basso di casi mai segnalato durante la cosiddetta "alta stagione" (dopo i 1.104 casi di gennaio-maggio 2016). E per la prima volta - rilevano gli esperti - il numero di casi segnalati nel 2020 è diminuito drasticamente tra gennaio (710) e maggio (54)».
L'Italia, negli ultimi anni sotto i riflettori proprio per i numeri del morbillo e per il nodo delle coperture vaccinali sotto la soglia, ha dati in linea con questo trend imprevisto: in totale i casi notificati tra gennaio e maggio 2020 sono stati 96, e se a gennaio toccavano quota 52 (contro una media 2010-2019 di 152 in questo mese), sono scesi a 35 a febbraio e a 9 a marzo.
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Mentre ad aprile e maggio l'immobilità totale: zero casi segnalati in entrambi i mesi (contro medie 2010-2019 di 334 e 370 casi). Il tutto mentre, proprio da fine febbraio, il Belpaese era nella fase più dura della pandemia di Covid-19 e a marzo scattava il lockdown su tutto il territorio nazionale. Fattori non di poco conto che, ragionano gli esperti, potrebbero aver avuto un impatto anche sul morbillo «in diversi modi».
Quello rilevato nei primi 5 mesi del 2020 è un andamento contrario alle previsioni degli epidemiologi. E non in linea con i dati rilevati dal 2010 al 2019, anni in cui i Paesi dell'Unione europea/See e il Regno Unito hanno osservato un alto livello di trasmissione del morbillo, con 148.279 casi segnalati all'Ecdc.
Le epidemie principali si sono verificate nel periodo 2010-2012 e 2017-2019, con l'Italia fra i Paesi più nel mirino. Buchi nell'immunizzazione (per esempio alcune fasce d'età scoperte) e tassi di vaccinazione subottimali nella maggior parte dei paesi sono stati i principali fattori associati alle ultime ondate epidemiche, ricordano gli autori del report.
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Ma cosa è successo in tempi di pandemia? «Tra i paesi che hanno segnalato il maggior numero totale di casi tra gennaio e maggio 2020 - cioè Italia, Belgio, Bulgaria, Germania, Spagna, Francia, Romania e Regno Unito - il numero è diminuito di mese in mese, contrariamente alla tendenza all'aumento tipicamente osservata» durante questo periodo dell'anno, spiegano gli esperti.
In questi Paesi il numero di casi nel maggio 2020 è stato il più basso mai raggiunto dal 2010, con addirittura zero casi in Belgio, Germania, Spagna (a zero anche ad aprile) oltre che Italia; appena 2 in Bulgaria, Francia e Uk; e invece 45 solo in Romania.
I paesi non hanno segnalato casi importati ad aprile e maggio rispetto al 6%, 5% e 2% di gennaio, febbraio e marzo 2020. Quanto al flusso di dati, gli esperti puntualizzano che da marzo a giugno tutti i 30 paesi inclusi nella sorveglianza hanno assicurato continuità nella segnalazione del morbillo all'Ecdc su base mensile, con un ritardo massimo di 2 giorni.
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Il «netto calo di casi di morbillo durante la stagione in cui di solito circola ampiamente» non è in linea con l'ultima valutazione pubblicata dall'Ecdc nel maggio 2019 che evidenziava «l'elevato rischio di epidemie prolungate» in quest'area. Come potrebbe aver inciso la pandemia? «In primo luogo - analizzano gli esperti - il morbillo condivide le stesse vie di trasmissione di Covid-19.
Pertanto, qualsiasi misura di controllo applicata a Covid può influenzare anche l'incidenza del morbillo». In Europa sono state ampiamente attuate strategie di contenimento di Sars-Cov-2, dalle chiusure di scuole primarie e secondarie all'obbligo di restare in casa. In particolare, «la chiusura delle scuole in passato ha consentito la riduzione della trasmissione del morbillo nei bambini», come dell'influenza.
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«La riduzione dei contatti sociali ha dunque probabilmente avuto un impatto», osservano gli autori del report precisando che sono comunque «necessarie analisi più approfondite». Altro punto: «La pandemia è stata responsabile delle interruzioni di servizi sanitari negli ospedali e nella medicina di base che potrebbero aver compromesso l'accesso alle cure. Con gli ospedali sopraffatti dall'afflusso di malati Covid e bisognosi di riorganizzazione, anche le pratiche cliniche sono state messe a dura prova».
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Sulla telemedicina subito attivata da medici e pediatri di famiglia in risposta alla pandemia e alla necessità di distanziamento sociale, «ci sono pochi dati e non si possono escludere diagnosi erronee» o sottodiagnosi, «né che i pazienti abbiano richiesto meno cure». Ultimo punto: «Il fenomeno della sottodichiarazione dei casi di morbillo, già presente prima della pandemia, potrebbe essere peggiorato nei mesi di emergenza Covid.
I medici potrebbero anche aver considerato la notifica di casi sporadici di morbillo meno prioritaria». La continuità nella vaccinazione «rimane una priorità assoluta», concludono gli esperti, parallelamente all'impegno per «garantire che i sistemi di sorveglianza non collassino. Il monitoraggio continuo nei prossimi mesi aiuterà a identificare meglio la radice» dell'andamento rilevato nella prima metà del 2020 nella malattia, «in particolare l'eventuale ricomparsa di casi una volta tolte le misure di contenimento».
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