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    CHI DICE DILMA, DICE DANNO - IN BRASILE LA RECESSIONE E GLI SCANDALI DI CORRUZIONE MONTANO LA PROTESTA CONTRO LA ROUSSEFF - LE OPPOSIZIONI CHIEDONO L’IMPEACHMENT: “SAPEVA DELLE TANGENTI”


     
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    Rocco Cotroneo per il “Corriere della Sera”

     

    dilma rousseff dilma rousseff

    Il giorno scelto per tentare la spallata è domenica 15 marzo. Nelle grandi città il tam tam degli scontenti, del «basta Dilma!» via Facebook, vorrebbe portare in piazza almeno 100 mila persone, con un obiettivo finale audace, dal nome pesante: impeachment. Prove generali la sera dell’8 marzo, domenica scorsa, ora di cena.

     

    Mentre Dilma Rousseff parlava in tv a reti unificate, dalle finestre e i balconi dei quartieri ricchi si è alzato il suono di pentole e padelle, la più sudamericana delle proteste. Insieme al frastuono metallico si sono ascoltati epiteti verso la «presidenta» ben poco adatti alla giornata della donna (per non dire alla proverbiale cordialità nazionale).

    tony abbott dilma rousseff koala tony abbott dilma rousseff koala

     

    E’ che il clima in Brasile è diventato pesante, come non accadeva da molto tempo. Mette alla prova le istituzioni, già erose dall’ennesimo scandalo; riporta alla luce fratture sociali e razzismi che la recente crescita aveva in qualche modo smussato. E’ la conseguenza delle ultime elezioni presidenziali, vinte dalla Rousseff per un soffio sul rivale Aécio Neves, mentre i due principali fattori della crisi (scandali e frenata dell’economia) erano già nell’aria. Già l’analisi di quel voto aveva rivelato un Brasile spaccato in due, dal punto di vista geografico e sociale.

     

    L’opposizione accusa ora i vincitori di aver mentito durante la campagna elettorale, nascondendo il peggio. Dilma replica che è solo una vendetta tardiva: «Le elezioni sono a due turni, il terzo non esiste». Quanto all’impeachment, «ci vogliono ragioni per chiederlo, dove sono qui?».

    DILMA ROUSSEFF DILMA ROUSSEFF

     

    Sullo sfondo c’è la frenata dell’economia, crescita zero nel 2014 e forse recessione quest’anno, il ritorno dell’inflazione e una classe media impantanata nei debiti contratti negli anni di vacche grasse. Più possibili razionamenti di luce e acqua potabile a causa della siccità. Avendo gestito in prima persona l’economia durante il suo primo mandato, la Rousseff è responsabile di buona parte dei problemi.

     

    Per la destra brasiliana sbarazzarsi di Dilma prima del tempo significherebbe chiudere un ciclo, quello iniziato da Lula a gennaio 2003. Sostengono gli indignados brasiliani che da lì è iniziato il grande assalto alle casse dello Stato e delle imprese pubbliche. Dall’altra parte si replica che è sempre andata così, ma adesso il governo lotta contro la corruzione.

     

    Rousseff Dilma triste Rousseff Dilma triste

    Il fatto è che la Mani Pulite brasiliana avanza travolgendo tutto. Per le mazzette della Petrobras, la più grande impresa del Paese, sono già indagati quattro ex ministri, i presidenti di Camera e Senato, decine di parlamentari. E non è finita.

     

    L’inchiesta ha molti punti in comune con la nostra Tangentopoli: un pool che lavora in una Procura indipendente, manager e imprenditori un tempo intoccabili ora dietro le sbarre, la libertà in cambio di collaborazione. E soprattutto l’effetto palla di neve: più l’inchiesta avanza più si scava nel malaffare. Come in Italia, è qualcosa che «si poteva immaginare», ma mai si era visto prima. Perché è grossa, e perché i magistrati hanno trovato le chiavi giuste per andare avanti.

    DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA

     

    La grande questione istituzionale è se Dilma Rousseff, e prima di lei Lula, sapessero o meno come si finanziavano le campagne elettorali. Loro ovviamente dicono di no, ma se venisse fuori qualche prova concreta la messa in stato di accusa dell’attuale capo dello Stato diventerebbe inevitabile.

     

    La scommessa della destra di usare la piazza, domenica prossima, è audace. Una cosa è affacciarsi alla finestra con la pentola, un’altra è scendere in strada e manifestare, e il Brasile non ha una gran tradizione in merito. Soprattutto senza la presenza dei movimenti legati tradizionalmente alla sinistra.

    AECIO NEVES AECIO NEVES

     

     

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