Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
LA GIORNALISTA CINESE GAO YU
Uscirà dal carcere alla soglia degli ottant’anni. Famigliari, amici e attivisti per i diritti umani temono che non riesca ad arrivare viva fino a quel giorno. Per Gao Yu, 71 anni, raro esempio di giornalista indipendente in Cina, la vecchiaia non sarà diversa dal resto di un’esistenza dedicata alla lotta per la libertà d’espressione. Il tribunale numero 3 di Pechino l’ha condannata ieri a 7 anni per «divulgazione di segreti di Stato all’estero ».
Nel 1989, alla vigilia della repressione in piazza Tienanmen, era stata arrestata e detenuta per oltre un anno. Altri sei anni di prigione le sono stati inflitti tra il 1993 e il 1999, sempre con l’indefinita accusa della violazione di segreti. Lo scorso maggio, ultimo fermo, era stata costretta alla gogna di una confessione pubblica in diretta tivù, rivelatasi estorta con il ricatto di un arresto anche contro il figlio.
LA GIORNALISTA CINESE GAO YU
La Cina dei leader “riformisti” conferma così il pugno di ferro contro i giornalisti che non si piegano alla censura e lancia un messaggio inequivocabile: cinesi e stranieri devono seguire «la linea di massa del partito», altrimenti possono dire addio alla libertà personale. A rendere ancora più sinistra la sentenza, il fatto che i giudici abbiano riconosciuto vere le notizie diffuse da Gao Yu.
La sua colpa è stata aver reso pubblico l’ormai famoso “Documento numero 9” del Comitato centrale, con cui il presidente Xi Jinping ha definito «le sette influenze sovversive » dell’Occidente sulla società cinese. Tra queste, come grazie a Gao hanno potuto scoprire i media stranieri, figurano la «democrazia costituzionale», il «valori universali» come i diritti umani, o la «libertà di parola».
LA GIORNALISTA CINESE GAO YU
L’anziana cronista, che ieri sor- ridendo ha annunciato ricorso contro la condanna, con l’aiuto di un funzionario rosso ha cioè provato la lotta dichiarata da Xi Jinping ai cardini della civiltà occidentale, considerati «il pericolo più insidioso» per la stabilità del partito-Stato.
Il documento, scovato due anni fa e indirizzato solo ai dirigenti comunisti, metteva all’indice anche l’indipendenza della magistratura e demoliva come «superati » i più importanti «concetti occidentali». Dopo l’estorta confessione pubblica, a Gao Yu ieri è stato impedito di parlare in aula. La condanna è stata censurata dalle associazioni umanitarie internazionali, che l’hanno definita «l’ennesima vendetta contro i dissidenti democratici perseguitati a partire dalla strage di piazza Tienanmen », ventisei anni fa.
MANIFESTAZIONE A FAVORE DELLA GIORNALISTA CINESE GAO YU XI JINPING
La mobilitazione mondiale non serve però a fermare la sempre più dura repressione interna contro media e libertà d’espressione. In carcere, sempre con accuse vaghe, figurano decine di giornalisti e di attivisti. Da poco rilasciati, dopo otto anni di prigione, Shi Tao, reo di aver messo online un documento del partito, e l’assistente cinese del New York Times Zhao Yan, condannato per aver anticipato le dimissioni dell’ex presidente Jiang Zemin. Ancora nulla da fare invece per Miao Zhang, collaboratrice di Die Zeit , reclusa da ottobre per aver postato alcune foto della “rivolta degli ombrelli” a Hong Kong.