1 - L'INTESA TRA ALLEATI REGGE VIA LIBERA AL PREMIERATO ADDIO AI GOVERNI TECNICI LE TAPPE
Estratto dell’articolo di Niccolò Carratelli per “la Stampa”
sergio mattarella giorgia meloni alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa
Un disegno di legge costituzionale per l'«introduzione dell'elezione popolare diretta del presidente del Consiglio dei ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia». Recita così il comunicato di Palazzo Chigi che ufficializza l'ordine del giorno della riunione del Consiglio dei ministri di questa mattina, nel quale si discuterà anche lo schema del "Piano Mattei" per lo sviluppo dei Paesi africani.
Ma il piatto forte è il premierato, con la cosiddetta "norma anti-ribaltone": in caso di "caduta" del presidente del Consiglio eletto dal popolo, si potrà provare a continuare la legislatura con un nuovo incarico allo stesso premier o, comunque, a un altro esponente della stessa maggioranza politica scelta dai cittadini con il voto. Solo se entrambi questi tentativi fallissero, si tornerebbe alle urne.
matteo salvini giorgia meloni
Nel centrodestra c'è una condivisione di fondo dell'obiettivo della riforma e Giorgia Meloni torna a rassicurare gli alleati, in particolare i leghisti: «L'autonomia differenziata cammina di pari passo con il premierato, le due cose si tengono insieme – dice la presidente del Consiglio a Bruno Vespa nel suo ultimo libro –. Oggi il grande vulnus è dato dal fatto che le Regioni hanno un'autorevolezza e una stabilità che mancano al governo centrale, perché il presidente del Consiglio non è eletto direttamente».
Parole che arrivano proprio nel giorno in cui conclude il suo lavoro il Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, presieduto dal professor Sabino Cassese e composto da una sessantina di esperti. Hanno messo nero su bianco i Livelli essenziali di prestazione (Lep) da garantire su tutto il territorio nazionale, circa 80 pagine più allegati per ogni materia devolvibile alle Regioni.
sabino cassese foto di bacco
Ora la palla passa alla cabina di regia di Palazzo Chigi presieduta dalla stessa premier: entro il 31 dicembre si attende la stesura di un documento definitivo. Anche in virtù di avanzamento, Matteo Salvini si mostra assolutamente allineato: «Se i cittadini possono votare il premier, penso sia un atto di serietà – spiega – in Cdm daremo il nostro via libera, poi il dibattito parlamentare e poi il referendum. Se cambia la maggioranza, si torna a votare: mi sembra che dia rispetto al voto popolare».
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MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI
È un vecchio pallino anche di Matteo Renzi, non a caso l'unico, dal fronte delle opposizioni, a prospettare una convergenza: «Se ci sarà un sistema simile al sindaco d'Italia noi voteremo sì, non cambiamo idea per fare un dispetto a Meloni – dice il leader di Italia Viva –. Spero che la maggioranza non faccia pasticci, ingarbugliando una riforma che è semplice».
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Distorsioni ben più gravi sono quelle che denunciano dal Pd: il fatto che non vengano previsti il ballottaggio a due, se nessun candidato supera il 50%, e il limite massimo di due mandati consecutivi. «Su 14 Paesi europei che hanno l'elezione nazionale diretta di una persona – avverte il senatore dem Dario Parrini – l'Italia sarebbe l'unico a non inserire in Costituzione il limite dei due mandati». […]
2 - DUBBI SUL PREMIO DEL 55% A CHI VINCE IL TETTO NELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE
Estratto dell’articolo di fra. gri. per “la Stampa”
giorgia meloni ignazio la russa sergio mattarella parata 2 giugno
[…] ci sono un paio di questioni su cui ancora si riflette, al vertice dei partiti di maggioranza e dentro il governo: se sia giusto fissare in Costituzione un tetto al premio di maggioranza (è stato indicato il 55% dei seggi a chi vince le elezioni) e se sia la formula più giusta quella dell'ultima bozza che fissa in un tentativo e non di più l'ipotesi di salvare una legislatura senza il premier eletto direttamente dal popolo.
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Prima questione clamorosa: mai dal 1946 a oggi è stato introdotta nella Costituzione una legge elettorale. È un irrigidimento pazzesco, che impedirà nei decenni a venire qualsiasi altra modifica. Inserire poi la quantificazione del premio di maggioranza è un inedito assoluto. Oltretutto senza bilanciarlo con le indicazioni della Corte costituzionale che hanno invitato a rapportare il premio di maggioranza con la rappresentatività, il che significa in concreto che occorre anche una soglia minima di voti per far scattare il premio di maggioranza.
giorgia meloni 1
Obiezioni che si colgono parlando in area di governo: «L'indicazione del 55% è stata equivocata. Si intendeva inviare un segnale di tranquillità, per dire che mai si potrà dare un premio maggiore, e mai si potrà arrivare al 75% che significherebbe che una parte di colpo avrebbe la forza di cambiarsi da sola la Costituzione». […]
Siccome però quel 55% ha avuto l'effetto contrario al voluto, l'ipotesi più probabile è che sparisca dalla bozza di riforma costituzionale. I numeri sono rinviati alla prossima legge elettorale. E in Costituzione dovrebbe restare un più neutrale riferimento alla necessità di una legge maggioritaria. In questa formulazione, anche l'opposizione potrebbe acconciarsi.
Seconda questione, la norma anti-ribaltoni. Non è un mistero che Giorgia Meloni avrebbe voluto un meccanismo più cristallino: se cade il premier eletto dal popolo, si vada a votare. Anche lei, però, si è convinta che troppa rigidità avrebbe fatto male alla Costituzione. Le hanno fatto l'esempio della Calabria, dove la povera Iole Santelli è morta d'improvviso e si è dovuto votare per forza anche se c'era una maggioranza politica coesa.
giorgia meloni 4
Terza questione, il tetto ai mandati. Il Pd ci batte molto. Da Fratelli d'Italia sono pronti ad entrare nello specifico e a ribattere che «il tetto avrebbe una logica in un sistema presidenziale, non in un sistema misto dove sopravvive un rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo». Considerando che si parla di due mandati consecutivi, siccome la bozza prevede che il presidente del Consiglio potrebbe anche ripartire a metà legislatura con una maggioranza diversa (ma il medesimo programma), due mandati sono troppo pochi.
giorgia meloni al senato giorgia meloni al senato