Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
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Il campo di rifugiati Shati, spiaggia in arabo, si chiama così perché i cubi di cemento grigio stanno a picco sulla costa, dalle rocce sgocciola in mare la fogna a cielo aperto. Quella che dovrebbe essere la strada principale è invece un vicolo sempre infangato che porta al palazzotto dove abita Ismail Haniyeh, tra i capi di Hamas, le sbarre impediscono di arrivarci, in tempi di calma le guardie controllano chiunque passi. Adesso stanno nascoste nei bunker, il boss non c'è, è in Qatar da cinque mesi. Lontano dalla distruzione e dai missili.
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Uno ha centrato in pieno l'altra notte la casa degli Abu Tahab, i tre piani sono venuti giù sopra otto bambini e due donne, stavano celebrando con qualche giorno di ritardo la sera di Eid Al Fitr che chiude con una cena il mese di digiuno per Ramadan. Solo il piccolo Omar, 5 mesi, si è salvato: i soccorritori palestinesi raccontano di averlo trovato con il corpo della madre a fargli da scudo con un abbraccio. I portavoce dell'esercito sostengono di aver voluto colpire «elementi di spicco dell'organizzazione» e accusa Hamas di usare i civili come scudi umani. I fondamentalisti vendicano l'attacco a Shati con un lancio di razzi su Tel Aviv.
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Stanno studiando come bucare il sistema di difesa Cupola di ferro. Ieri dopo pranzo ci sono riusciti: due salve di fila, brevi, e poco dopo un bombardamento di qualche minuto. Uno dei proiettili è caduto su Ramat Gan un uomo di 55 anni è stato ucciso, non ha fatto in tempo a trovare il rifugio. Le vittime israeliane dall'inizio della guerra sono 10, tra loro un bambino di 5 anni. Le Brigate Al Qassam, l'esercito irregolare di Hamas, annunciano lo stop ai razzi per 2 ore, dalle 22.
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Non è una tregua, è per dimostrare di poter controllare i tempi della guerra: 9 minuti dopo la mezzanotte su Tel Aviv e il centro del Paese piovono 200 razzi, le sirene risuonano tra le esplosioni degli intercetti. I miliziani hanno per il resto della giornata concentrato i lanci sulle città nel sud del Paese e verso Beer Sheva nel deserto del Negev, da lunedì ne hanno lanciati oltre 2300. L'aviazione israeliana e i carrarmati hanno continuato a bersagliare la Striscia, i morti sono ormai 139, i feriti un migliaio. La mediazione per raggiungere la tregua sembra per ora non funzionare. Oggi Hady Amr, il diplomatico americano responsabile per la questione israelo-palestinese, incontra i ministri israeliani e a Ramallah quelli palestinesi. Il presidente Joe Biden ha parlato con il premier Benjamin Netanyahu e con Abu Mazen per la prima volta da quando si è insediato alla Casa Bianca.
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Dal quartiere generale delle forze armate a Tel Aviv Netanyahu «che l'operazione va avanti, continueremo fino a quando avremo raggiunto i nostri obiettivi». All'inizio dell'offensiva Aviv Kochavi, il capo di Stato maggiore israeliano, ha avvertito i leader di Hamas che non ci sarebbe stata alcuna immunità. Per loro e per le loro proprietà. La casa del numero due Khalil Al Hayya è stata rasa al suolo e sotto tiro sono anche le ville residenziali del quartiere Rimal. L'obiettivo è spingere la nuova classe di ricchi creati dal dominio degli integralisti - tra traffici di cemento e concessioni su dove costruire i palazzi - a premere sui vertici del gruppo. Dall'ultimo piano della Torre Al Jalaa i giornalisti di tutto il mondo hanno mostrato in diretta durante ognuna delle guerre che non finiscono i bombardamenti israeliani su Gaza e le scie bianche dei razzi lanciati contro Israele.
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La televisione Al Jazeera o l'agenzia di stampa americana Associated Press mettevano anche a diposizione le apparecchiature per permettere ai colleghi le dirette via satellite, da lassù le telecamere tenevano i loro occhi elettronici accesi giorno e notte su quello che accadeva nella città di Gaza. Non c'è più niente. I missili dell'aviazione hanno colpito le fondamenta del palazzo di 12 piani, 60 appartamenti in tutto, dopo che l'intelligence militare ha chiamato il proprietario e lo ha avvertito di far evacuare l'edificio. I reporter - in questo momento tutti locali, perché l'esercito non lascia entrare i giornalisti stranieri dal valico di Erez - hanno avuto meno di un'ora per tentare di salvare gli archivi e portare fuori i documenti accumulati in anni di conflitti.
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«Siamo scioccati e inorriditi», commenta Gary Pruit, il presidente dell'Ap . Spiega che negli uffici c'erano una dozzina di giornalisti al momento dell'avvertimento: «Adesso il mondo potrà sapere molto meno di quello che sta succedendo a Gaza». Mostafa Souag, direttore di Al Jazeera, definisce il bombardamento «barbarico» e accusa Israele di voler «nascondere la carneficina e la sofferenza». Gli americani hanno fatto arrivare al governo israeliano il messaggio che «la sicurezza dei reporter è fondamentale». Jonathan Conricus, il portavoce delle forze armate, replica che il grattacielo era un «obiettivo legittimo» perché «nel palazzo si nascondevano gli uomini dei servizi segreti militari di Hamas. Speravano che mettendosi tra i giornalisti avremmo esitato a colpire».
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