DONNE INDIANE CONTRO IL DIVORZIO TALAQ
Carlo Pizzati per “la Stampa”
«Talaq talaq guarda che se non la smetti lo dico un'altra volta!» grida il marito con il ditino alzato, di fronte agli occhi terrorizzati della moglie. Basta un' altra parola e il mondo cambia. Quante volte gli indiani hanno riso a questa scenetta in cui un marito musulmano, nel consueto litigio in cucina con la moglie, minaccia di ripetere tre volte la fatidica parola. Talaq. Io divorzio da te. Eppure c'è poco da ridere.
DONNE INDIANE CONTRO IL DIVORZIO TALAQ
Basta che il marito pronunci tre volte «talaq» di fronte alla moglie per ottenere un divorzio legale e immediato, secondo un' interpretazione della legge islamica che non è accettata i molti Paesi musulmani, ma lo è in India. Finalmente ieri, dopo anni di battaglie, le associazioni di donne musulmane indiane hanno presentato alla Corte Suprema indiana le loro petizioni per mettere fine a quest' usanza che distrugge le vite di così tante donne.
Al vaglio della Corte Suprema anche la pratica del halala: se una moglie subisce il divorzio tramite la pronuncia del triplo talaq, ma il marito ci ripensa, può risposarla soltanto dopo che la donna si è maritata con un altro uomo, ha avuto un rapporto sessuale con lui che poi le ha detto talaq tre volte, di modo da consentirle di poter tornare con il primo sposo. Così dice quest' interpretazione del Corano.
DONNE INDIANE CONTRO IL DIVORZIO TALAQ
Ora il governo di Delhi ha dichiarato alla Corte Suprema la sua opposizione al triplo talaq in quanto contrario al diritto di genere e poiché l' eguaglianza tra uomini e donne è garantita dalla Costituzione. Un mese fa, l'Alta Corte di Allahabad aveva dichiarato che questa pratica è incostituzionale, rinviando il caso a Delhi.
Nella motivazione, la corte di Allahabad s'è posta questo domanda: «La questione che disturba questo tribunale è se le donne musulmane dovranno soffrire questa tirannia per sempre? È giusto che la legge personale dell'Islam sia così crudele nei confronti di queste mogli sfortunate?».
Per tutta risposta il leader dell'Indian Muslim Personal Law Board, l'istituto musulmano dell' India per la difesa della legge personale o religiosa, ha rilasciato una dichiarazione orrenda, che però va interpretata: «Meglio divorziare da una donna che ucciderla».
DONNE INDIANE CONTRO IL DIVORZIO TALAQ
Risposta da troglodita, d'accordo, ma in realtà si riferisce anche ai continui casi in cui, spesso in famiglie indù, marito e suocera si liberano della sposa dopo aver incassato la dote, bruciandola viva, o facendo sembrare l'uxoricidio come un suicidio, con finte lettere d'addio e così via.
Come dire, voi indù fate anche di peggio che il divorzio del talaq. Inoltre, la lobby dei musulmani ortodossi ricorda che la minoranza islamica ha il diritto costituzionale di regolarsi secondo la Sharia, dichiarando che il potere secolare non può interferire con la legge religiosa o personale.
Il dramma, che rende ancora più disgustosa questa pratica, è che funziona anche solo con una telefonata, un sms, o un'email: qui nella comunità musulmana, per divorziare basta un click e si generano migliaia di donne e bambini abbandonati e senza sostegno economico.
DONNE INDIANE CONTRO IL DIVORZIO TALAQ
Ma il problema si fa più complesso. Al momento per un marito musulmano che appartiene a comunità dove vige la regola del triplo talaq non è possibile divorziare in tribunale, cosa ormai obbligatoria anche in Paesi come Pakistan, Bangladesh, Arabia Saudita e altri 20 Nazioni musulmane. Ma quest'interpretazione della scuola Hanafi dell'Islam sunnita sopravvive ancora in India.
Ora la Corte Suprema di Delhi potrà anche dichiarare incostituzionale la pratica, ma si dovrà riformare tutta una serie di ordinamenti per ristrutturare il divorzio islamico, cosa molto complessa e che promette di aprire un dibattito e non pochi scontri sia all' interno della comunità islamica indiana che tra induisti e musulmani.