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    IN IRAN SONO ARRIVATI ALLA RESA DEI CONTI? - IL GOVERNATORE DELLA BANCA CENTRALE IRANIANA SI SCONTRA CON UN PARLAMENTARE CHE AVEVA PROPOSTO DI BLOCCARE I CONTI ALLE DONNE CHE NON VOGLIONO INDOSSARE IL VELO: "OFFRIREMO I SERVIZI A TUTTI" - IL REGIME DI TEHERAN CONTINUA LA SUA REPRESSIONE VIOLENTA VERSO I DISSIDENTI: È STATA RASA AL SUOLO LA CASA DI UN’ATLETA CHE HA GAREGGIATO SENZA VELO – DALL’INIZIO DELLE PROTESTE 18MILA PERSONE SONO STATE INCARCERATE E 448 SAREBBERO STATE UCCISE


     
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    1 - BANCA CENTRALE IRAN,NON BLOCCHEREMO CONTI DONNE SENZA VELO 

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    (ANSA) - Il governatore della Banca centrale dell'Iran Ali Saleh-Abadi ha affermato che non saranno bloccati i conti bancari delle donne che non portano il velo. "La rete delle banche offrirà i nostri servizi a tutti i nostri cittadini", ha detto Saleh-Abadi, come riporta il quotidiano riformista Shargh, in riferimento al blocco dei conti correnti per chi non osserva la legge che obbliga a portare il velo, annunciato ieri dal membro della commissione Cultura del parlamento iraniano Hossein Jalali nell'ambito di una riforma da mettere in pratica nelle prossime settimane.

     

    2 - L'IRAN CHIUDE I CONTI BANCARI ALLE DONNE

    Maurizio Stefanini per “Libero quotidiano”

     

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    Si rivelano sempre più come fumo negli occhi o manovra diversiva le voci su "aperture" del regime iraniano iniziando dall'abolizione della polizia morale e di una riforma dell'obbligo del velo. Da una parte, infatti, la riforma consisterebbe semplicemente nel fatto che invece che essere arrestate e/o picchiate le donne che non indossano l'hijab si vedrebbero bloccare i conti bancari.

     

    Lo ha affermato il deputato del Majlis, il Parlamento di Teheran, Hossein Jalali, membro della Commissione cultura. Secondo quanto riporta il quotidiano riformista Shargh, alle donne che non indossano il velo o che lo fanno in modo inappropriato verrebbero dati tre avvertimenti, e al terzo scatterebbe appunto la sanzione finanziaria.

     

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    Ancora più grave, la risposta all'ondata di proteste seguita alla morte di Masha Amini dopo l'arresto da parte della polizia morale di Teheran con l'accusa di non indossare correttamente l'hijab sta diventando sempre più repressiva. È stata rasa al suolo la casa dell'atleta che aveva gareggiato senza velo, sono state giustiziate quattro presunte spiedi Israele, è stata condannata a morte una allenatrice di pallavolo madre di tre figli.

     

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    Si chiama Fahimeh Karimi, ed è stata compagnia di cella di Alessia Piperno, la blogger romana detenuta in Iran e liberata lo scorso 10 novembre. Proprio Alessia Piperno le ha dedicato un post su Instagram. «Sei bianca come quel muro, sarà che a forza di guardarlo, ha mangiato i tuoi respiri. Siamo nascoste in un punto cieco qui, le tue urla sono come il silenzio, fai a pugni con la porta e calpesti le tue stesse lacrime. Azadi! Azadi!», Che significa «libertà».

     

    «Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese. Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure. Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata, per controllare se avessero liberato anche lei. Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto condannata a morte». Alessia ha raccontato anche che Fahimeh urlava i nomi dei suoi tre figli. Era stata arrestata con l'accusa di aver guidato le proteste e di dato un calcio a un membro delle miliziei paramilitari Bassij durante i disordini nella sua città.

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    In totale sarebbero oltre 18mila i cittadini arrestati in Iran durante le proteste negli ultimi tre mesi, tra cui anche bambini. Secondo Teheran oltre 300 persone sono rimaste uccise ma per l'Ong Iran Human Rights sono almeno 448 le vittime delle forze di sicurezza. Iran Human Rights ha denunciato che le 500 esecuzioni del 2022 rappresentano il record da cinque anni, e che il 30% delle persone giustiziate il mese scorso appartenevano alla minoranza beluchi: un gruppo etnico che rappresenta meno del 6% della popolazione del Paese.

     

    Secondo Amnesty International, almeno 28 detenuti rischiano attualmente l'esecuzione per aver partecipato alle manifestazioni. Le ultime cinque condanne sono di persone accusate di aver ucciso un componente dei Bassij durante le proteste.

    Fanno parte di un gruppo di 16 arrestati, tra cui tre minori.

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    Malgrado la repressione, però, prosegue lo sciopero di tre giorni indetto da commercianti e camionisti iraniani a sostegno delle proteste seguite alla morte di Mahsa Amini. Fonti del Kurdistan Human Rights Network riferiscono di minacce a negozianti e commercianti nei bazar e che nelle città di Ilam, Kermanshah, Ravansar e Sanandaj «le forze di sicurezza stanno sigillando i negozi che hanno partecipato allo sciopero». I Guardiani della rivoluzione hanno poi arrestato 12 persone sospettate di appartenere a un gruppo, con legami europei, accusato di pianificare azioni di sabotaggio in Iran.

     

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    Lo ha riferito l'agenzia di stampa Tasnim, citando un esponente dei Pasdaran nella provincia di Markazi secondo cui il gruppo «sotto la guida di agenti contro-rivoluzionari residenti in Germania e Olanda», avrebbe compiuto «attività contro la sicurezza nazionale». Gli arrestati avrebbero «cercato di procurarsi armi e volevano compiere atti sovversivi» ma sarebbero stati fermati prima di poterli mettere in atto.

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